Le mura in opera quadrata a Vicovaro

Importante testimonianza dell’antica “Varia”

Nei pressi della Porta di Sotto (Porta Pej) a Vicovaro si sviluppano due consistenti tratti di mura datati al III-II sec. a.C., che andavano a delimitare il perimetro fortificato dell’antico insediamento di “Varia”.

Caratteristiche dei due tratti

Il tratto più vicino alla porta medievale è conservato ancora per circa 15 metri e per un’altezza di 8 filari. L’altro, posto ad un livello superiore, si sviluppa per oltre 30 metri e per un’altezza di 14-15 filari. Si tratta di mura in opera quadrata di pietra calcarea locale detta “cardellino”, i cui blocchi sono disposti a strati alterni.

Foto dell’autrice
Foto dell’autrice

Le sostruzioni dell’antica via Tiburtina Valeria

I blocchi contenuti nelle arcate poste lungo il lato posteriore della chiesa di Sant’Antonio Abate, affacciato sull’Aniene, sono di fattura più grossolana.  Sono stati interpretati come le sostruzioni dell’antica via Tiburtina Valeria. Testimoniano dunque il passaggio di questa fondamentale arteria proprio nei pressi dell’antico insediamento di Vicovaro, ma al di fuori di esso.

Le mura “poligonali”

Questo tipo di mura rientra nella categoria più generica delle mura poligonali, ovvero realizzate attraverso la posa di grandi massi di forma poligonale, più o meno regolare, giustapposte ad incastro, senza la presenza di calce e con dei cunei a riempimento degli spazi vuoti.

Le mura “ciclopiche” o “pelasgiche”

In passato furono denominate anche “ciclopiche” o “pelasgiche”. Plinio il Vecchio infatti riportava la tradizione attribuita ad Aristotele secondo cui i mitici Ciclopi furono gli inventori delle torri in muratura e gli unici in grado di muovere massi di grandi dimensioni, come nel caso di Tirinto, Micene e Argo. Euripide, Strabone e Pausania attribuivano invece queste opere nelle città micenee al mitico popolo preellenico dei Pelasgi.

Le mura poligonali nel Lazio

In area laziale sono centinaia le architetture in opera poligonale tanto che lo studioso Francesco Maria Cifarelli, in un suo scritto del 2008, ha coniato l’espressione “Lazio del calcare”.

Per la loro imponenza hanno attirato fin dal Settecento l’attenzione degli studiosi e artisti europei, in particolare durante i loro Grand Tour.  Nell’Ottocento si è dibattuto molto sulla loro datazione: in molti le avrebbero volute far risalire all’età del bronzo, basandosi sul confronto con le fortificazioni di Tirinto e Micene.

Grazie agli scavi di Norba e alla fondamentale pubblicazione nel 1957 di Giuseppe Lugli, “La tecnica edilizia romana”, si arrivò alla conclusione che tali fortificazioni erano attribuibili all’epoca romana. Dobbiamo proprio a Lugli la classificazione dell’opera poligonale secondo quattro “maniere” che si differenziano per il taglio dei blocchi e per la messa in opera, che però non possono essere utilizzate per definirne la datazione.

Questa necessita infatti di ulteriori indagini topografiche e di scavo. È comunque ormai un dato acquisito che l’opera poligonale sia una tecnica adottata sia durante che dopo la romanizzazione.

Le mura poligonali nella Valle dell’Aniene

Anche nella valle dell’Aniene si contano diverse testimonianze di opera poligonale. In particolare nell’agro tiburtino in località Vitriano, a Guidonia Montecelio presso Colle Nocello, nella vicina Marcellina e a San Polo dei Cavalieri. Nel comune di Castel Madama sono stati messi in luce due muri di argine in località Colle Passero.

A Trebula Suffenas, presso Ciciliano, recenti scavi hanno restituito strutture murarie in opera poligonale di calcare che lasciano ipotizzare la presenza di un insediamento fortificato a partire dal V-IV sec. a.C., abbandonato dopo la conquista romana nel 304 a.C.

Altra testimonianza a pochi passi da Vicovaro è quella emersa nei pressi di Cineto Romano in località San Vincenzo: si tratta sempre di muri di terrazzamento in blocchi calcarei, pertinenti probabilmente ad un santuario sviluppatosi in due fasi: una alla fine del IV sec. a.C. e il suo ampliamento dopo la romanizzazione.

Tracce di un altro oppidum sono state rinvenute presso Roviano, in località Olivella, al 35° miglio della via Tiburtina Valeria. Si tratta sempre di strutture in opera poligonale, la cui destinazione resta però ancora incerta. Altri resti si incontrano anche nei pressi degli abitati di Arsoli, Canterano e Cerreto Laziale.

 

 

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