L’Araba Fenice spicca il volo su Anagni, le origini del mito

Nella storia esiste un mito che ha attraversato pressoché immutato secoli e secoli di racconti. Esso ha rappresentato sempre un simbolo forte di rinascita e resurrezione: l’Araba Fenice.
Nell’Antichità

Il primo che racconta la storia di questo mitico uccello è Erodoto che nel secondo libro delle Storie, 73,76 narra di come abbia sentito da altri dell’esistenza di questo uccello e di come lui stesso ne riporta la narrazione parola per parola: “C’è anche un altro uccello sacro, che ha nome Fenice. Io per parte mia non l’ho vista se non dipinta. Ché assai raramente appare fra loro, a quanto dicono gli Eliopolitani ogni 500 anni. Dicono che allora appare, quando le sia morto il padre. Orbene, se è somigliante al dipinto, è di queste dimensioni e aspetto: alcune delle penne sono dorate, altre rosse. In complesso per sagoma e per grandezza è assai simile ad un’aquila.

Questa Fenice dicono che abbia escogitato la seguente trovata, (però a mio parere dicono cose certo non degne di fede): partendo dall’Arabia, essa trasporterebbe nel tempio di Helios il padre dopo averlo spalmato di mirra e lo seppellirebbe nel tempio di Helios e lo trasporterebbe nel modo seguente : dapprima foggia un uovo di mirra grande quanto è in grado di portare, poi si prova a portarlo , e dopo essersi provata allora finalmente, svuotato l’interno dell’uovo, vi pone dentro il padre, e con l’altra mirra spalma quella parte dell’uovo dove, dopo averlo svuotato, ha posto il padre; trovandovisi dentro il padre, l’uovo raggiunge lo stesso peso. Dopo averlo così avvolto lo trasporta in Egitto nel santuario di Helios. Questo affermano faccia questo uccello.”

Fig 1

Questa, chiaramente, è una leggenda ma trae origine, un po’ come tutte le leggende, da una realtà storica. Nell’antico Egitto dei Faraoni faceva parte del Pantheon delle divinità il dio Benu (fig. 1) rappresentato come Airone che, a differenza della Fenice rinasceva dall’acqua e non dal fuoco. Consacrato al dio Ra, il Sole, rappresentava la rinascita dopo la morte.

Fig 2
Ad Anagni

In tutta l’iconografia, come nell’affresco di Casa Barnekow ad Anagni ( fig.2), o nello stemma originale del comune di Anagni, la Fenice viene raffigurata come un’aquila ma con un becco allungato, zampe ed artigli pronunciati, lunghissima coda ed un vivace ed abbondante piumaggio, prendendo come modello appunto il dio egizio.

Fig 3

Fu il papa anagnino Innocenzo III che vide nella Fenice il simbolo della resurrezione di Gesù (fig 3) ma già da prima gli alchimisti avevano fatto della Fenice l’immagine della “rubedo” ovvero della fase del processo alchemico che indica la fissazione per l’eternità della trasformazione della materia da impura e mortale a pura ed eterna. 

Fig 4

Alberto Barnekow in una delle lapidi definisce la Fenice come “aquila erniko” ovvero l’aquila dello stemma ernico cioè lo stemma del Comune di Anagni (fig 4).

Dott. Guglielmo Viti, archeologo

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