Lo statuto di Vicovaro del 1273 e la sua integrazione

Specchio della vita quotidiana al tempo del dominio degli Orsini

Lo statuto nel Medioevo

Nel periodo medievale per statuto si intendeva una raccolta di norme che toccavano diversi aspetti della vita quotidiana pubblica e privata. Di questo strumento disponevano non solo Comuni più o meno importanti, ma anche la più semplice struttura del feudo signorile.

Dovendo adattarsi alle esigenze di differenti comunità, gli statuti differivano da una località all’altra. Oltre a disciplinare cariche, istituzioni e comportamenti da tenere in diverse situazioni, contenevano spesso le pene spettanti ai trasgressori delle disposizioni in essi contenute.

Per la loro specificità si distinguevano dal più generale ius commune ovvero il diritto comune nato nell’XI secolo, erede del diritto romano.

La struttura degli statuti medievali

La struttura degli statuti medievali segue solitamente un ordine tematico prestabilito. Dapprima si elencano le norme relative ai diversi organi che governano il comune e le rispettive competenze. Seguono le disposizioni dei tribunali con relative reati e pene, che possono essere spesso risolte anche con ammende. Si possono trovare anche sezioni di diritto privato e diritto di famiglia, nonché indicazioni in materia di tutela ambientale, salute pubblica, commercio e agricoltura.

Lo statuto di Vicovaro del 1273

Il 29 ottobre 1273, al termine dei lavori agricoli, i feudatari Francesco, Giacomo di Napoleone e Matteo Orsini sottoscrissero la charta libertatis di Vicovaro presso la corte del castello e alla presenza del giudice e notaio Raynerio, il vescovo di Tivoli e la cittadinanza vicovarese.

Il testo si suddivide in 41 capitoli e contiene una serie di obblighi che regolavano il sistema del vassallaggio, oltre a immunità e libertà concesse. Ai feudatari spettava la facoltà di ampliare o tagliare i capitoli dello statuto alla presenza di sei o otto massari, posti al di sopra dei vassalli.

Per quanto riguarda le competenze dei diversi organi e cariche, si evince che l’amministrazione del feudo spettava alla curia, intesa come l’ufficio presieduto dal visconte che rappresentava gli Orsini. Una parte dello statuto si concentra sugli obblighi dei cittadini vicovaresi nei confronti degli Orsini. Ad esempio quello di contribuire attivamente alla costruzione di difese murarie in caso di guerra, combattendo dalla parte del signore o di un altro soggetto in sua vece. In caso di possesso di asini da parte di un vassallo, quest’ultimo doveva prestarli una volta a settimana alla curia per diversi lavori. Al signore spettavano inoltre un maiale, un capretto, un castrato e un agnello ogni cento posseduti.

Manca invece la sezione di diritto penale, concernente reati e rispettive pene, presente però nella successiva integrazione dello statuto, datata tra il 1464 e il 1627 e costituita da 179 capitoli.

Tra le prime pene elencate, ci sono quelle in forma pecuniaria riservate ai bestemmiatori e i castighi per chi lavorava durante i giorni festivi. Ai ladri, le cui punizioni erano proporzionate al valore dei beni rubati, spettavano pene corporali molte severe, come il taglio di una mano o dell’orecchio. Nel caso in cui si rubasse un attrezzo agricolo, il reo, in mancanza della possibilità di pagare l’ingente multa prevista, veniva appeso per un orecchio alla porta del castello e lasciato lì per un giorno intero. Le violenze sessuali venivano punite col taglio del piede, mentre in caso di adulterio, la donna era costretta a cedere la dote al marito e ai figli. Anche chi praticava fatture erano riservate pene corporali altrettanto severe. Nel caso in cui i reati fossero commessi di notte, i castighi erano raddoppiati.

Esistevano restrizioni anche sulla consumazione del vino: l’introduzione di quello non locale era proibito, utilizzabile solo in caso di penuria di vino prodotto a Vicovaro.

 

Stemma del Comune di Vicovaro (da Wikipedia.org)

 

Municipio di Vicovaro (da Wikipedia.org)

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