Culurgiònes, come preparare i famosi ravioli sardi

Sardegna. Terra magica e ricca. Sole, mare, spiagge caraibiche sono la caratteristica principale di questa regione. Ma anche l’entroterra, ricchissimo di storia e reperti che testimoniano gli albori dell’umanità.

Ma oggi invece parleremo della richhezza culinaria, che in Sardegna è varia e interessante. Se tutti conoscono il famoso “Porceddu”, gli gnocchi nel brodo di pecora, il pane carasau e guttiau, meno conosciuti sono i I culurgiònes”, altrimenti detti in italiano: Culurgioni.

Se pensavate che il raviolo fosse una pasta tipica della Toscana o dell’Emilia Romagna, dovrete quindi ricredervi. I Culurgioni, conosciuti anche come culurgiònisculurjònesculijònisculurjònisculunjònisculinjònisculurzònes, sono tipici anche della subregione barbaricina dell’Ogliastra e sono riconosciuti come prodotto IGP dal 2015. Altre subregioni hanno poi adottato la ricetta riproponendola in chiavi differenti. Ad esempio la Gallura, che utilizza scorze di agrumi per aromatizzare il prodotto.

Etimologia e cenni storici

Secondo alcuni il termine culargione potrebbe derivare da “cuna”, che significa culla. Ma secondo l’esperta di lingua sarda Manuela Mannas, il termine deriverebbe da “culleus”, che significa “sacchetto di cuoio”. Questo potrebbe essere l’etimo corrispondente, anche per via della somiglianza tra il raviolo e le antiche borse portamonete.

La storia di questo tipo di pasta è antichissima e probabilmente ha origine fin dalla scoperta dell’agricoltura e la raccolta del grano.

In Ogliastra, dove tutto ebbe inizio e nelle zone interne confinanti, la preparazione pretende semola di grano duro, ripieno di pecorino sardo fresco. Il pecorino fresco viene prediletto a Talana, nel nuorese. In altre zone viene scelto quello stagionato. A Sadali si celebra una sagra ad agosto per celebrare questo raviolo, che fino agli anni ’60, le donne preparavano come amuleto contro il malocchio il 2 novembre (dopo la festa dei morti). Il ripieno in Ogliastra può comprendere anche patate, aglio e menta (Gairo, Bari Sardo e Ulassai).

Se nell’entroterra si usa di più l’aglio, lungo la costa dell’Ogliastra si preferisce la cipolla.

Bari Sardo al posto del pecorino unisce al ripieno il fiscidu, ovvero un formaggio acido in salamoia. Inoltre è tradizione chiudere il culargione come se fosse una piccola spiga. Questo tipo di chiusura viene realizzato anche a Ilbono, Talana, Urzulei e Jerzu.

Nella cittadina di Jerzu, la menta è sostituita dalla nepitella, un’erba aromatica dal sapore simile, ma più delicato. La conditura avviene con olio d’oliva e in tempi più recenti anche con salsa di pomodoro e pecorino grattugiato.

Nella regione della Barbagia di Ollolai, i culurzones, sono ripieni di pecorino fresco e vengono conditi con una sorta di “amatriciana” di sugo di pomodoro e maiale a cubetti, o salsiccia.

Nel Campidano invece, si usa ricotta fresca nel ripieno, capra o pecora. Si farscisce anche con zafferano o uova sode, noce moscata, bietole o spinaci. Il condimento prevede sugo di pomodoro accompagnato da basilico, peperoncino e pecorino grattugiato.

Nella città di Teulada i ravioli sono ripieni di formaggio fresco di capra o pecora, conditi con sugo di pomodoro e formaggio grattugiato di capra. I culixionis teuladesi hanno la forma quadrangolare.

Ricetta IGP dell’Ogliastra

Ingredienti 

Per la pasta

  • 250 g di semola di grano duro
  • 50 g di farina
  • 2-3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
  • 150 ml di acqua tiepida
  • q.b. di sale

Per il ripieno

  • 500 g di patate
  • 100 g di pecorino sardo fresco
  • 2 spicchi di aglio
  • Un filo di olio extravergine d’oliva
  • Menta a piacere
  • q.b. di sale
  • Un pizzico di pepe nero

 

 

 

 

 

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