Lo statuto di Roiate del 1270. I boni homines amministrano il borgo.

La crisi fra papato e impero comportò un consistente indebolimento dei loro poteri nei territori locali, soprattutto nell’Italia centro settentrionale. Dalla metà dell’XI secolo, si vide nascere, e poi rafforzarsi, numerose realtà comunali.  Esse restavano sempre subordinate al potere centrale, ma avevano molteplici libertà decisionali sancite dai propri statuti.

La forma comunale fu favorita senz’altro dalla lotta tra papato e Impero. Fin dall’XI secolo le città dell’Italia settentrionale, pur essendo molto dipendenti dal potere laico, si era riunite in Leghe per cercare di conquistare una propria autonomia e, al contempo, per contrastare il potere secolare, tanto che ne nacque una vera e propria lotta che si concluse con la firma della Pace di Costanza del 1183 che sancì definitivamente il riconoscimento delle autonomie locali.

Questo fu l’atto “ufficiale” che riconobbe i comuni come entità politiche indipendenti. Ogni città aveva le proprie leggi, organizzava la propria legislazione politica, sociale ed economica (in alcuni casi, le città potevano battere la propria moneta). Le famiglie più influenti della città presero così a riunirsi in associazioni. Fondate su un giuramento (communes, coniurationes), diventarono la rappresentanza legislativa della propria città.

Tutti questi aspetti erano regolati da uno statuto cittadino, un insieme di leggi che coordinava gli aspetti legislativi della realtà comunale. Lo ius proprium civitatis si distingueva dalla iura imperiale o papale e non poteva prevalere sulla norma della Chiesa o dell’Impero. Lo statuto non solo disciplinava gli aspetti pubblici della città, ma anche quelli privati.

Lo statuto di Roiate

Non era solo nei confronti dell’Impero, molti feudi e/o città iniziarono a reclamare la propria indipendenza nei confronti dello Stato della Chiesa. Nell’Italia duecentesca, aveva un notevole territorio che si estendeva per buona parte dell’Italia centrale e in tale processo storico, molte realtà chiesero a gran voce il proprio statuto cittadino. È il caso di Roiate.

Roiate, come altri feudi nelle vicinanze, faceva parte dei domini papali ed era sotto l’amministrazione dell’abbazia di Subiaco. Il borgo roiatese, in particolare, fu protagonista di singolari vicissitudini che videro numerosi passaggi di proprietà fra il potere laico e quello ecclesiastico. Il castello fu di dominio prima di Landolfo Rao e poi di suo figlio Landolfo Raone; in seguito, Roiate diventò definitivamente della vicina abbazia. L’abate in carica fu costretto a cedere ai roiatesi il primo statuto. Esso fu firmato dall’abate Enrico l’11 febbraio del 1270.

La concessione prevedeva che gli abitanti dovessero pagare una somma di 5 libbre e 3 denari annui al monastero. Inoltre i boni homines, gli uomini più influenti di Roiate, prestarono giuramento per far rispettare le norme e le leggi dello statuto. Si trattò di un compito abbastanza facile poiché i roiatesi le applicarono con il massimo rispetto, avendole volute loro stessi.

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