Il sequestro di Fabrizio De André e Dori Ghezzi

Se pensiamo a più grandi di sempre della musica italiana, non possiamo non citare Fabrizio De André. Le sue parole, molto spesso, sono poesia contemporanea, tanto sono incisive e potenti. In pochi sanno che fu protagonista di un brutto, anzi bruttissimo, episodio di rapimento.

Il sequestro di Fabrizio De André e Dori Ghezzi

Si trovava insieme alla sua compagna, Dora Ghezzi, quando, nel 1979 l’Anonima sequestri sarda li sequestrò. Il rapporto del cantautore e la Sardegna era di lunga data: amava questa regione profondamente, ammirava la sua natura selvaggia e incontaminata. Questa passione lo portò a lasciare la sua città natale, Genova, per trasferirsi in un lembo di terra vicino a Gallura, dove aveva acquistato più di cento ettari di terreno per crearne una fattoria. In questo periodo, all’incirca dal 1976, De André si dedicò più all’agricoltura e all’allevamento che alla musica; è evidente come qui, in Sardegna, avesse trovato una dimensione nuova ma che lo compiaceva moltissimo. Tutto scorse bene fino a una notte d’agosto del 1979: la sera del 27 i banditi fecero irruzione in casa e rapirono sia lui che la compagna. Dalle indagini, emerse poi che i malviventi erano appostati intorno alla casa da giorni precedenti per capire i movimenti della coppia. Tra l’altro, quel particolare giorno, la fattoria era piene di persone: infatti, erano ospitato i genitori e la nipote di Dora. I banditi aspettarono infatti la loro uscita e la notte per colpire. Intorno alle 23, quindi, entrarono in casa.

Il matrimonio tra Dora Ghezzi e De André. Wikipedia.

Dopo il rapimento, caricarono con la forza i due nella macchina di De André ( l’auto sarà ritrovata due giorni dopo nei pressi di Olbia) e scapparono dalla fattoria. Dopo un lungo tragitto con l’automobile, li fecero scendere e iniziarono a camminare dentro la boscaglia. Sia il cantautore sia la sua compagna ricorderanno che, durante la camminata, sentirono il rumore di foglie e rami; questo fin da subito, li fece comprendere che si trovavano in una zona di aperta campagna, lontano dai centri abitati. Il primo nascondiglio, dove rimasero circa una settimana, era un luogo aperto, tanto che i banditi li facevano dormire fuori. Dopo averli imprigionati, si spostarono ancora: questa volta in un luogo chiuso. Com’è immaginabile, non erano mai lasciati soli: i banditi li sorvegliavano continuamente ed erano sempre in due. La sera, poi, ne giungeva altri uno che portavano cibo e indumenti puliti.

Le indagini

Le indagini partirono subito, gli inquirenti compresero che si trattava di una cellula dell’Anonima sequestri, legata anche all’ambiente della pastorizia toscana. Misero sotto controllo i telefoni e i sospetti furono confermati. In poco tempo, arrivò al padre di De André anche la richiesta di riscatto: i banditi chiedevano per il rilascio due miliardi di lire. La famiglia si rivolse al loro avvocato di famiglia e al loro sacerdote, Don Salvatore Vico, il quale incontrò i malviventi che li dettero un foglio di giornale contenente le loro firme. E fu proprio lui, l’incaricato delle trattative. Il parroco riuscì ad arrivare un compromesso: 550 milioni di lire da versare subito e altri cinquanta da versare alla liberazione degli ostaggi.

Fabrizio De André. Wikipedia.

La sera del 20 dicembre, finalmente, liberarono Dora Ghezzi e il giorno seguente, fu la volta di De André. In totale, avevano trascorso più di cento giorni sequestrati. Alla liberazione, però, lwe indagini non si fermarono, tanto che il giorno di Natale, le forze dell’ordine arrestarono Francesco Pala, considerato il basista della banda e suo fratello. Qualche tempo dopo, gli inquirenti toscani arrestarono anche un veterinario di Radicofani, il quale aveva il compito di ripulire il denaro del riscatto. In totale, la banda era composta da circa dieci persone, le quali furono tutte arrestate. Il processo li decretò tutti colpevoli, assegnando, in base al loro ruolo nell’azione, vari anni di galera.  È chiaro come quest’esperienza segnò profondamente il cantante, il quale trasmise, come magistralmente sapeva fare, le sue emozioni nella musica e in quelle parole che riecheggiano ancora oggi.

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