I 26 martiri del Giappone

Nel vasto panorama della storia della Chiesa cattolica, molti furono prova di fede e sacrificio. Tra questi si annovera la storia dei Ventisei Martiri del Giappone.

 

L’arrivo dei missionari gesuiti

La storia ebbe nel 1549 quando i gesuiti Francesco Saverio, Cosme de Torres e Giovanni Fernandez sbarcarono a Kagoshima, dalla Spagna, portando con sé il messaggio del Vangelo. La loro missione era chiara: evangelizzare il Giappone, diffondendo il messaggio cristiano in terre lontane.

Francesco Saverio, il principale artefice di questa impresa, ottenne, il 29 settembre, il consenso dal daimyō di Kagoshima, Shimazu Takahisa, per stabilire la prima missione cattolica nel territorio. Le difficoltà, tuttavia, non tardarono ad arrivare. Le pressioni dei monaci buddisti locali e i conflitti tra le potenze europee e il governo giapponese complicarono la situazione, mettendo a rischio la sicurezza dei missionari e dei convertiti.

 

La persecuzione

Nonostante le difficoltà, la missione gesuita crebbe, passando poi sotto la guida del gesuita Alessandro Valignano e convertendo migliaia di fedeli. L’atteggiamento delle autorità giapponesi, tuttavia, non rimase costante. Inizialmente, lo shogunato e il governo imperiale supportarono i missionari cattolici, sperando di indebolire l’influenza dei monaci buddisti e di migliorare i legami commerciali con le potenze europee.

La situazione, dunque, cambiò. Le autorità locali, temendo un’eccessiva ingerenza straniera e il potenziale destabilizzante del cristianesimo, iniziarono a reprimere la nuova fede. Il Cristianesimo fu vietato e coloro che rifiutavano di abiurare vennero perseguitati e uccisi.

 

Il martirio

Il culmine giunse il 5 febbraio 1597 a Nagasaki, quando ventisei cattolici, tra cui sei missionari francescani europei, tre gesuiti giapponesi e diciassette terziari francescani giapponesi, vennero uccisi tramite crocifissione. Anche tre giovani furono inclusi tra i martiri, testimoniando la vastità dell’impatto della fede cristiana in Giappone.

Questo tragico evento segnò l’inizio di una persecuzione, che continuò fino al 1630. Da allora il Cristianesimo fu soppresso dalle autorità giapponesi e i cattolici furono costretti a praticare la loro fede in segreto.

 

La canonizzazione

Nonostante la repressione, il ricordo dei martiri non svanì. Nel 1862, papa Pio IX li canonizzò, confermando la loro eredità di fede. Commemorati il 6 febbraio, invece del 5 per evitare la sovrapposizione con la memoria di Sant’Agata, compaiono nel martirologio romano sotto il come di “San Paolo Miki e compagni”.

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