L’atrocità degli Zoo Umani sopravvissuti fino al 1958

Se pensavate che solo gli animali fossero esposti allo zoo vi sbagliate di grosso. La crudeltà umana non ha limiti, specialmente verso i propri simili. Gli zoo umani sono state attrattive che hanno avuto luogo, specialmente tra il 1870 e il 1958. Si hanno tuttavia notizie di questa barbarie già tra la fine del ‘400 con la scoperta delle Americhe. Le popolazioni indigene, deportate, erano esibite alle genti europee come se fossero animali esotici.

Ad esserne vittime però anche le popolazioni africane vittime del colonialismo, che fino a tempi decisamente moderni, furono collocate in esposizioni permanenti o non. Gli indigeni africani venivano spesso mostrati al loro stato primitivo per esaltare lo stile di vita occidentale. Questi zoo sono stati infine condannati in quanto rappresentavano lo stato più infimo che potesse raggiungere l’umanità.

L’apice della popolarità degli zoo umani si ebbe a partire dal 1870. Le esposizioni si potevano trovare nelle più grandi città occidentali del mondo. New York, Parigi, Anversa, Amburgo, Varsavia, Londra, Barcellona. In Italia c’era uno zoo a Milano. Ogni mostra poteva raccogliere tra i 200mila e i 300mila visitatori.

Gli zoo umani d’Europa

Uno dei più famosi trafficanti umani fu il tedesco Carl Hagenbeck, già mercante di animali selvatici. Nel 1874 portò in esibizione Samoani e Sami come “popolazioni puramente naturali”. Nel 1876 si fece arrivare dal Sudan animali selvatici e guerrieri Nubiani. Quest’ultimi riscossero un notevole successo nel tour di mostre tenutosi a Parigi, Londra e Berlino.

Nel 1880 Hagenbeck si procurò degli Eschimesi proveninenti dal Labrador che furono esposti nel suo zoo di Amburgo, il Tier park Hagenbeck.

Seguendo la scia di Hagenbeck, il francese Geoffreyde Saint-Hilaire nel 1877 si procurò a sua volta Inuit e Nubiani. L’sposizione avvenne al Jardin zoologique d’acclimation di Parigi, che raddoppiò i suoi ingressi quell’anno, toccando il milione. Tra il 1877 e il 1912 al Jardin seguirono altre trenta esposizioni.

La vergogna degli zoo umani conobbe anche le Esposizioni Universali di Parigi del 1878 e del 1889.  La prima mostra esponeva un “villaggio negro”, che fu visitato da 28 milioni di persone. La seconda esposizione esibiva circa 400 indigeni come attrazione principale. Durante l’esposizione del 1900 venne creato un diorama vivente in Madagascar. Le esposizioni coloniali di Marsiglia del 1906 e del 1922, quelle di Parigi del 1907 e 1931 furono invece le più crudeli. A questi eventi furono mostrati esseri umani nudi e in gabbia.

Nel 1883 i nativi americani del Suriname furono esposti ad Amsterdam. Sempre ad opera di Carl Hagenbeck si ha memoria di una esposizione di Singalesi originari del subcontinente indiano. Tra il 1883 e il 1884 fece anche una mostra di Sami-Lapponi ad Amburgo.

In America

La fiera Colombiana di Chicago del 1893, l’Esposizione panamericana del 1901, furono esposti nativi che subirono denigrazioni e furono costretti a posare in fotografie assumendo pose sarcastiche.

Lo zoo di Cincinnati per tre mesi ospitò un villaggio Sioux con circa cento nativi.

L’Esposizione internazionale della Luisiana, in occasione delle Olimpiadi del 1904, vide la mostra di Apaches e Igorots (nativi filippini). Tra loro anche il famoso schiavo Ota Benga, morto poi suicida per depressione. La guerra ispanico-americana diede agli Stati Uniti nuovi territori dove attingere popolazioni da esporre. Guam, Filippine, Porto Rico, divennero “territori di caccia” per i trafficanti umani.

Ota Benga

Il congolese pigmeo Ota Benga che sopra abbiamo citato, ebbe l’umiliazione di essere esposto allo zoo del Bronx di New York assieme a scimmie ed altri animali. A compiere questo crimine l’antropologo Madison Grant, capo della Wildlife Conservation Society. Ai suoi ordini l’eugenista William Hornaday, direttore dello zoo. Hornaday mise Ota in gabbia com scimpanzè, oranghi e pappagalli, definendo Ota “l’anello mancante”. Ovvero mise in relazione che gli africani in termini evolutivi erano più vicini alle scimmie.

Ota Benga non doveva solo mostrarsi, ma era costretto a lottare con le scimmie, a scagliare frecce verso bersagli o a tessere indumenti con lo spago. Il trattamento riservato a Benga scatenò forti proteste da ecclesiastici di colore presenti in città
“Riteniamo che la nostra razza sia sufficientemente sottomessa anche senza la necessità di esporre in pubblico con le scimmie uno di noi” disse il reverendo James H. Gordon, sovrintendente dell’Howard Colored Orphan Asylum di Brooklyn. “Riteniamo di essere degni di essere considerati umani che possiedono un’anima.”
All’epoca il razzismo era molto diffuso e il sindaco di New York, Geroge McClellan junior prese posizioni a favore dello zoo, rifiutando di incontrare gli ecclesiastici. Anzi, il sindaco espresse solidarietà al direttore dello zoo scrivendogli una lettera.
A seguito delle polemiche si decise di chiudere l’esposizione dopo soli due giorni. Questo però comportò che Benga, sempre recluso nel parco, anche se non in gabbia, fosse spesso seguito da una folla beffarda e urlante.
Negli anni a seguire

 

Nel 1925 una mostra al Belle Vue Zoo di Manchester in Inghilterra fu dedicata ai cannibali. Esponeva degli africani neri rappresentati come selvaggi.

Una delle ultime esposizioni si tenne proprio in Italia a Napoli nel 1940. La Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare vide l’allestimento di villaggi eritrei ed etiopi. Furono fatti giungere 60 indigeni in abiti tradizionali per abitare le capanne tucul, sotto la viglianza della Polizia Africana Italiana. La mostra fu interrotta dall’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale.

Nel dopoguerra il sentimento razzista si affievolì, ma non impedì una ulteriore mostra nel 1958 a Bruxelles con un villaggio congolese. I belgi rimasero colonizzatori del Congo fino al 1960. e addirittura nel 1994 quando un villaggio della Costa d’Avorio è stato incluso in un safari.

Ci furono ampie critiche nel 2005 per un villaggio africano allestito allo zoo di Augusta in Germania. Anche se era stato inserito come evento culturale all’interno di un festival, la cosa non piacque molto. Sempre nel 2005 allo zoo di Londra  si esibirono quattro volontari vestiti con foglie di fico.

Nel 2007 lo zoo australiano di Adelaide mise in opera uno zoo umano di persone che avevano chiesto per uno studio di essere ospitate nel recinto delle scimmie (soltanto nelle ore diurne). Lo scopo era di intrattenere i visitatori esibendosi in vari esercizi per chiedere donazioni per la costruzione di un nuovo recinto delle scimmie. Sempre in quell’anno degli artisti pigmei furono ospitati in uno zoo a Brazzaville in Congo, senza però essere esibiti al pubblico.

 

 

 

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