Hibakusha, l’emarginazione dei sopravvissuti alla bomba atomica

Sul finire del Secondo conflitto mondiale lo scoppio della bomba atomica mutò le dinamiche politiche dell’intero globo, lasciando dietro di sé una nazione in ginocchio, a fare i conti con il terrore della sopravvivenza.

Con la ricostruzione delle zone distrutte il Giappone dovette interfacciarsi con i sopravvissuti alle detonazioni di Hiroshima e Nagasaki. Essi saranno, da quel momento, conosciuti come Hibakusha, letteralmente “coloro che sono stati colpiti dall’esplosione”. Una legge ufficiale dello Stato stabilì che lo status potesse essere concesso a 650mila cittadini, fra coloro che al momento dell’esplosione si trovavano a pochi chilometri dall’epicentro, o entro due chilometri per le due settimane successive, o ancora a chi fosse stato esposto alle radiazioni del fallout nucleare e ai nascituri che potessero rientrare nelle categorie precedenti.

 

Il riconoscimento

A pochi anni dal disastro che si abbatté sul Giappone il governo, nel 1957, emise una legge che garantisse a tutti gli Hibakusha di disporre gratuitamente delle cure mediche. Fu così che negli anni ’70 anche i cittadini stranieri, facenti parte delle categorie predisposte, fecero richiesta per risiedere in Giappone e di conseguenza fruire del diritto alla sanità. La loro battaglia ebbe termine nel 1978, quando il Paese gli garantì ciò per cui avevano lottato. Oggi, poi, agli Hibakusha è assicurato un contributo mensile e alcune agevolazioni economiche.

Fra le vittime delle bombe nucleari rientrarono anche migliaia di cittadini coreani, molti dei quali prigionieri confinati nei territori di Hiroshima e Nagasaki per prestare lavoro nelle fabbriche locali. Essi, per lungo tempo, ebbero gravi difficoltà ad ottenere il riconoscimento dello status di Hibakusha, salvo, in anni recenti, lottare strenuamente per la garanzia di cure mediche gratuite.

Oltre ad una minoranza coreana nel territorio colpito dalle esplosioni risiedevano anche numerosi cittadini americani di origine giapponese. Si trattò, nella maggior parte dei casi, di giovani inviati dai genitori nel Paese per lunghi periodi di studio o per soggiorni presso le famiglie d’origine. Essi godono ormai dei diritti garantiti agli Hibakusha giapponesi, senza tuttavia poter fruire di alcun servizio offerto dal governo statunitense.

 

I Nijū hibakusha

Come è tristemente noto i bombardamenti atomici, nel giro di appena pochi giorni, furono due. I sopravvissuti ad entrambi, appena poco più di un centinaio di anime secondo il regista del documentario Twice Survived: The Doubly Atomic Bombed of Hiroshima and Nagasaki, Hidetaka Inazuka, sono conosciuti come Nijū hibakusha. Il governo giapponese, nel 2009 riconobbe ufficialmente come vittima di entrambe le esplosioni Tsutomu Yamaguchi. L’uomo, all’epoca dei fatti poco meno che trentenne, rimase gravemente ustionato dall’onda d’urto a Nagasaki, onde tornare a casa il giorno seguente a Hiroshima. Proprio lì entrò in contatto con un massiccio irradiamento nel corso delle operazioni di ricerca dei famigliari, in seguito alla caduta del secondo ordigno. Egli morì nel 2010, all’età di 93 anni, per un cancro allo stomaco.

 

La discriminazione

Sugli Hibakusha si abbatté ben presto il peso di un’aspra discriminazione, mirata principalmente all’allontanamento delle vittime dai luoghi di lavoro e all’impedimento delle unioni matrimoniali. Ad animare questo terribile gesto sarebbe stata la paura delle radiazioni atomiche e di eventuali malattie ereditarie da esse causate. Le stime degli anni successivi, tuttavia, hanno smentito questi sospetti, in quanto la nascita di bambini portatori di malformazioni congenite rientrerebbe nella media nazionale.

Nel 1956 nacque la Confederazione delle organizzazioni giapponesi delle vittime delle bombe A e H 日本被団協. Essa si configurò come un’associazione costituita da Hibakusha, al fine di indurre il governo a migliorare l’aiuto alle vittime e promuovere l’abolizione delle armi nucleari. La Confederazione, negli anni, ha condotto numerose indagini. La più estesa mirò ad accertare l’entità numerica reale delle vittime decedute entro 20 o 30 giorni dall’esplosione a causa della malattia acuta da radiazione (ARS) e che avessero riportato ustioni in seguito all’esplosione, fino ad un raggio di 2mila metri dal punto di impatto. Uno studio epidemiologico, poi, avrebbe dimostrato che, fra il 1950 e il 2000, il 46% dei morti per leucemia e l’11% dei casi di cancro potrebbero essere stati causati dall’esposizione a radiazioni atomiche.

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