Pasquino, la statua parlante

Lo sappiamo bene: l’arte è capace di offrirci numerose soprese. Tra tutte le città, è forse Roma, quella nella quale l’arte è in ogni via o angolo. C’è una statua nella Capitale che desta ancora oggi curiosità tra i visitatori, ossia quella di Pasquino, la cosiddetta Statua parlante.

Pasquino, la statua parlante

Questa particolare statua ha una Storia antichissima: sarebbe infatti un frammento di una di epoca ellenistica, risalente al III secolo a. C, che oggi risulta rovinata negli arti, che sono mancanti, e nel volto. Faceva parte probabilmente di un gruppo scultoreo che rappresentava almeno due guerrieri. Il suo ritrovamento si deve all’inizio del Cinquecento quando, nel 1501, la trovarono durante alcuni lavori per la pavimentazione e il restauro di Palazzo Orsini ( oggi conosciuto come quello dei Braschi). Da subito, dedussero che poteva essere un ornamento dello Stadio di Domiziano, oggi collocato nell’odierna Piazza Navona. La collocarono più o meno nell’esatto punto dove si trova oggi e ben presto iniziò l’uso di lasciare messaggi attaccati al collo della statua: le cosiddette Pasquinate, ossia frasi irriverenti e ironiche magari rivolte ai potenti dell’epoca. Spesso, questi messaggi erano in versi e in rima, quasi fossero delle poesie satiriche. Le guardie eliminavano via via questi messaggi irriverenti, ma ormai le persone li avevano letti. In poco tempo, così, questa statua iniziò a preoccupare i potenti romani che, spesso, erano presi di mira da questi messaggi. I nobili non potevano accettare un fenomeno di questo genere che li metteva in cattiva luce davanti al popolo.

Statua di Pasquino. Foto di Architas. Wikipedia.

Furono svariati i tentativi di cancellare quest’usanza: il primo a provarci fu il pontefice Adriano VI che ordinò di gettarla nel Tevere, ma all’opposizione di parte della curia tornò sui propri passi. Allora, successivamente, i vari pontefici la fecero sorvegliare giorno e notte per evitare che qualcuno appendesse dei messaggi e così le pasquinate apparirono ai piedi di altre statue romane. Segno evidente che ormai il fenomeno si era diffuso largamente. Addirittura, Benedetto XIII emanò un editto che prevedeva la pena di morte a chi lasciava messaggi alla statua. Nemmeno così misero, tanto che in poco tempo Pasquino divenne l’antagonista del potere papale e della corruzione che, all’epoca, dilagava nella Curia.

Si trattava dunque di una manifestazione, forte e decise, del malcontento popolare che trovava così, per iscritto, la sua forma di comunicazione. Era anche un’occasione per attaccare i potenti o, magari, un avversario politico. Dobbiamo, infatti, ricordare che la reputazione sociale valeva quanto quasi quella economica e quindi diffondere false voci, poteva metterla a repentaglio.

Alcune pasquinate moderne. Wikipedia

Il nome, poi, di Pasquinata resta un mistero, è tutt’oggi avvolto dalla leggenda e, come sempre accade, ne esistono diverse interpretazioni. La più accreditata è che Pasquino sarebbe stato un personaggio realmente vissuto nel rione, vicino alla collocazione della statua. Non sappiamo però che lavoro svolgesse: secondo alcuni, barbiere o artigiano. Altri, ancora, sostengono che fosse un ristoratore particolarmente verace della zona. L’ipotesi più recente crede che il nome si riferisca a un docente di grammatica che, almeno nelle fattezze estetiche, ricordavano quelle della statua. Insomma, non abbiamo certezza sull’identità; quel che certo è che fa parte del folclore romano ( tanto da essere restaurata nel 2009) e che per lungo tempo ha dato voce a più umili.

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