Beeldenstorm, una persecuzione anticattolica

Nel pieno fervore del Rinascimento l’Europa venne attraversata da una terribile furia iconoclasta, che prese il nome di Beeldenstorm. Fra l’ottobre e l’agosto del 1566 ebbe inizio il moto che in pochi anni condusse allo scoppio della Guerra degli ottant’anni.

Il movimento, traducibile letteralmente come “tempesta delle immagini”, si diffuse a macchia d’olio in un’area compresa fra gli attuali Paesi Bassi, il Belgio e il Lussemburgo, come diretta derivazione del protestantesimo, nella sua confessione calvinista. Essa è, dalle origini, notoriamente contraria alla venerazione dei santi, comune invece nella Chiesa cattolica di rito romano.

 

L’antefatto

I calvinisti, infastiditi dalla fastosità e ricchezza delle chiese, espressero ben presto l’idea che l’interno degli edifici religiosi dovesse essere semplice ed essenziale.

Dalle ragioni religiose si giunse presto alle implicazioni politiche e sociali. I nobili locali, insofferenti nei confronti della reggente dei Paesi Bassi Margherita d’Austria, diedero origine ad una protesta, che a detta loro non venne presa sul serio. Margherita sarebbe stata colpevole di coinvolgere raramente la nobiltà nelle decisioni cruciali per la nazione, salvo addossarle successivamente la responsabilità dell’esecuzione.

Ad aggravare la situazione contribuirono anche le numerose tensioni sociali. La paura che potesse dilagare una persecuzione ai danni dei calvinisti, chiamati all’epoca keffers – dall’arabo kaffir, infedele – divenne sempre più forte, mentre la carestia del 1566 accese la rabbia della popolazione, affamata, contro la Chiesa ricca e benestante.

 

Fort Drum, la corazzata di cemento delle Filippine

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La grande distruzione

Il 10 agosto, a Steenvorde, ebbe inizio una prima grande distruzione di icone religiose. In una settimana i rivoltosi distrussero una moltitudine di chiese e edifici religiosi nell’intero Westkwartier, la zona sud-ovest delle Fiandre olandesi. Pochi giorni dopo, dal 20 al 27, la furia si abbatté nella zona limitrofa al fiume Schelda, toccando persino Anversa e Amsterdam. Infine, nel settembre sino ad inizio ottobre, a subire danni furono principalmente le chiese lungo i corsi d’acqua olandesi. In quest’ultima fase l’organizzazione dei rivoltosi fu più efficiente e, seppure la protagonista fosse la popolazione locale, alle sommosse si unì persino la nobiltà.

 

Fine dell’iconoclastia

Il movimento diede modo ai detrattori della fede calvinista di sfogare le ostilità. Ciò avvenne in Spagna, con l’invio di Fernando Álvarez de Toledo, duca di Alba, nei Paesi Bassi. Egli liberò dal giogo della nobiltà la governatrice Margherita d’Austria e, sotto ordine del sovrano iberico, punì i ribelli, costrinse i cittadini a professare esclusivamente la fede cattolica e instaurò un governo centralizzato. L’azione sancì la fine degli iconoclasti e la nascita di nuovi vescovati, con la conseguente applicazione dei dettami imposti dal Concilio di Trento.

Alla decisione di Filippo II si oppose fermamente il suo nemico, Guglielmo d’Orange, sostenitore di una maggiore libertà e tolleranza dei Paesi Bassi. Egli giunse a Nassau e diede inizio ad un’aspra rivolta, intercettando il malcontento del popolo nei confronti di Fernando Álvarez de Toledo, il “Duca di ferro”. La vicenda sarebbe successivamente sfociata nella terribile Guerra degli ottant’anni.

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