Un ricordo. Agostino Traldi, un pioniere della medicina a Castelfranco veneto

Erano gli anni 70 e solo pensare ad operare un emofilico era una follia. Un malato a cui non coagula il sangue era impensabile. Ma se si voleva rimettere in piedi dei ragazzi destinati alla carrozzina bisognava aprire un ginocchio o una caviglia e togliere il tessuto sinoviale ormai distrutto da emorragie con dolori continui. Solo un medico illuminato poteva pensarlo e farlo. Questo medico è stato il professor Agostino Traldi. Questa è stata la sua rivoluzione. Un pioniere della cura dell’emofilia che ha operato ragazzi, ora adulti, arrivati da tutta Italia a Castelfranco veneto. Sono stati anni importanti con difficili interventi chirurgici. Nella “casetta” un padiglione indipendente staccato dal grande monoblocco dell’ospedale castellano il professor Traldi aveva creato, nel 1973, il ‘Centro malattie del Sangue’ e con la sua equipe seguiva anche pazienti non emofilici. Un luogo particolare che a molti non sembrava nemmeno un ospedale, ma più un comunità dove si trattenevano anche per mesi spesso anche le stesse mamme dei ragazzi ricoverati.

Il Centro era una sua creatura sostenuto anche da una validissima equipe di medici e da un corpo infermieristico di prim’ordine. Il professore quando passava in visita stimolava i ragazzi che potevano camminare ad andare in paese. La sua idea fissa era quella di camminare, fare fisioterapia irrobustire i muscoli della gambe che molto spesso erano debilitate dai mesi trascorsi a letto. Un primario che passava in visita spesso senza camice e arrivava in reparto a tutte le ore di sabato, di domenica. Se c’era un intervento chirurgico recente arrivava anche di notte a controllare che tutto andasse bene.
Per molti ragazzi un secondo padre. Nel centro emofilici c’era una palestra per la fisioterapia e era stata creata anche una scuola elementare, una maestra veniva tutti i giorni a fare lezione.

Adesso la sinoviectomia non si pratica più, le nuove generazioni hanno a disposizione nuovi farmaci che gli garantiscono una costante coagulazione e quindi i danni articolari fanno parte della preistoria di questa malattia. All’epoca della prima e seconda generazione post guerra, c’era solo il plasma e poi fu Traldi, in tempi più recenti, a realizzare prima il crioprecipitato in proprio e poi una convenzione tra l’Avis (con i donatori controllati) di Castelfranco, la Regione Veneto e l’industria a mettere le basi, per un’autosufficienza, per produrre un emoderivato sicuro. E quando arrivò l’AIDS che decimò molti emofilici che usavano fattori non sicuri, quelli invece che facevano riferimento al Centro castellano non fecero conoscenza con il mortale morbo, perché usavano farmaci sicuri.

Il professor Traldi aveva un approccio con gli emofilici, che poi chiamava i ‘miei ragazzi’, rivoluzionario. Si sedeva sul letto a chiacchierare ma anche a parlare di problemi famigliari, ti scroccava la sigaretta, anzi se la prendeva direttamente nel comodino sempre ben rifornito dagli emofilici che conoscevano questa sua debolezza. E li stimolava a non mollare, ad avere fiducia in se stessi. Trasmetteva fiducia alle mamme anche se aveva il cuore affranto per una recente perdita di un bambino leucemico. Si ricorderà la sua lettera alla morte. Un intima riflessione sui limiti dell’umanità. Morte che poi lo prese nel 2017 nella sua Lucca.

Dove lo trovi un primario cosi?. Non esistono più, anzi non sono mai esistiti. Spocchiosi e boriosi con la verità in tasca, salvo qualche eccezione. Certo qualche scatto d’ira verso comportamenti sconsiderati li ha avuti. Ma se si agiva nel rispetto eri ricambiato nello stesso modo. Da buon emiliano trasmetteva simpatia ma quando bisognava essere seri di fronte a un problema importante la riflessione cambiava di tono e cercava sempre una conferma alle sue idee nella sua equipe di medici di grande qualità come il dottor Gaio, il dottor Tegon, il dottor Tagariello e altri. E il Dottor Giorgio Davoli, braccio destro e coscienza critica del professor Traldi dai tempi di Modena.

Il Centro Emofilici nel tempo poi ha perso quel ruolo centrale che aveva anche a livello nazionale. Un ruolo mai riconosciuto dalla medicina ufficiale (propensa solo a infondere emoderivati delle aziende che si sono rivelati non sicuri che hanno falcidiato con il morbo dell’AIDS molti emofilici), con la quale Traldi ha sempre avuto un rapporto conflittuale. Dopo che il Professor Traldi andò in pensione e il reparto fu trasferito al quinto piano del monoblocco diventò un vero reparto ospedaliero. Si perse l’occasione di difendere un luogo che era anche un esperimento, molto amato dai ragazzi, di un ospedale “aperto” dove ricevere delle cure e un educazione, ma soprattutto essere un riferimento comunitario dove scambiarsi le esperienze e ritrovare vecchi compagni di sofferenza e di gioie.
Molte le storie che potrebbero raccontare le mura della “casetta”. Le partite di calcio-balilla e di ping pong sotto il portico. E gli amori sbocciati nelle passeggiate romantiche nel vicino parco di Villa Bolasco. Il professor Traldi ha voluto creare un ospedale che fosse meno ospedale possibile coinvolgendo la città. Un ospedale ‘aperto’. Si poteva uscire a passeggiare sotto i portici, per andare al cinema o a teatro. Sedersi al bar. Vivere a città. Si erano create delle relazioni umane con i castellani che a loro volta venivano a trovare i malati al Centro.

Alcuni emofilici, ormai adulti, hanno fatto di Castelfranco la propria città per rimanere vicino al Centro e hanno messo su famiglia. Mentre altri ragazzi hanno preferito di curarsi nella propria regione. Uno zoccolo duro, i più affezionati, non ha abbandonato il Centro, che poi alla fine è stato aggregato al reparto di medicina generale dove rimane riferimento per gli emofilici il dottor Paolo Radossi. Prima del decentramento della ortopedia a Montebelluna sono stati eseguiti importanti interventi di artroprotesi all’anca e al ginocchio.

Di recente la LAGEV (Libera Associazione Genitori e Emofilici del Veneto) ha organizzato un Convegno per ricordare il cinquantenario dell’arrivo a Castelfranco del professor Traldi. Sono stati invitati medici ematologi, ortopedici e genetisti che hanno discusso della situazione della cura dell’emofilia. Iniziativa lodevole indirizzata per una parte a quegli emofilici che oggi hanno qualche anno sulle spalle e hanno molti danni articolari. E un’altra parte sulle prospettive future della cura dell’emofilia.
Nel tabellone di presentazione, visibile accanto al bassorilievo del busto del professore, scoperto all’entrata dell’Ospedale, avrebbe dovuto essere scritto innanzitutto il motivo principale che portò Traldi a Castelfranco, l’intervento di sinoviectomia, che non viene citato. La cura ideata e portata avanti con il collega ortopedico Emilio Tosatti, in Emilia e poi trasferita a Castelfranco veneto. Una grave mancanza perché il tabellone è posto all’entrata dell’Ospedale, visibile per tutti gli utenti. Cura che ha impegnato tutta la sua vita, ormai sconfessata e messa nel dimenticatoio per portare avanti terapie più adatte alle nuove generazioni.
Si punta soprattutto sul ruolo svolto dal professore per la realizzazione di un emoderivato sicuro. Certamente uno dei successi raggiunti dal professor Traldi. Nel convegno sono stati sviluppati anche argomenti sulla genetica e le sue prospettive di cura che sono quelle più pressanti. Oggi i bambini emofilici hanno di fronte realtà completamente diverse. Perché la medicina è andata avanti realizzando farmaci che sostituiscono il fattore ottavo per un periodo più lungo nel tempo tale da permettere una migliore la qualità della vita, molto vicina alla normalità. Forse sarà anche giusto proiettarsi verso un futuro di una vita senza emofilia, ma continuano a nascere bambini con questa carenza genetica. E quello della ricerca di una selezione o modificazione dei geni malati potrà mettere la parola fine su questa grave malattia. Ed è li che gli studiosi dovranno concentrarsi.

Cosa resta dell’esperienza del Professor Traldi a Castelfranco veneto. Difficile dirlo e concretizzarlo in poche righe. Resta molto. Certo resta l’emoderivato sicuro e non è poco. Restano dei medici competenti che hanno raccolto il testimone con un approccio più sulla persona. Resta il ricordo di un Centro Emofilici diverso. Resta una grande esperienza di vita. Restano i ‘suoi ragazzi’ diventati uomini, anche grazie a lui. Resta un ricordo indelebile di un grande medico e di un uomo eccezionale.
