Gilles de Rais, la vera storia di Barbablú
Da bambini, era un cartone immancabile all’ora della merenda: Barbablù. Nato dalla penna di Charles Perraut nel XVII, è diventato un classico della letteratura dell’infanzia. Non tutti sanno però, il personaggio di Barbablù è stato liberamente ispirato da un personaggio storico realmente esistito, Gilles De Monmorency-Laval, conosciuto però come Gilles De Rais. Chi era però questa complessa figura?
Gilles de Rais, la vera storia di Barbablú
Nato all’inizio del Quattrocento in una famiglia dell’alto lignaggio, la vita non gli fu clemente. All’età dell’undici, egli perse entrambi i genitori e fu quindi il nonno materno ad accoglierlo in casa. Il nonno lo instradò verso la carriera militare. Dopo la formazione militare, entrò al servizio di Carlo VII di Francia e partecipò così a varie battaglie della Guerra dei Cento Anni. Inoltre, la famiglia del padre era molto vicina al Re e questo gli permise di entrare nelle sue grazie, ottenendo così numerosi vantaggi. E proprio grazie alla sua vicinanza con il re, ebbe modo di combattere, ad esempio, anche al fianco di Giovanna d’Arco. A livello privato, il nonno gli aveva combinato due matrimoni con due giovanissime nobildonne francesi. Entrambi i matrimoni però furono celebrati perché entrambe le donne morirono in giovanissima età. Alla fine, si sposò con Catherine de Thouars.
La fine della sua fortuna
Sembrava che niente potesse scalfire la sua ascesa sociale, rafforzata anche dall’eredità che gli lasciò il nonno alla sua morta. Questa consisteva soprattutto in vari terreni sparsi per la Francia e una somma consistente di denaro, con la quale finanziò le campagne militari del re francese. Dall’altra parte, però, iniziò a sperperare la sua eredità, conducendo uno stile di vita lussuoso e dispendioso. Ben presto, quindi dell’eredità del nonno rimase ben poco, tanto da chiedere svariati prestiti che lo portarono a una condizione disonorevole.

In pochissimo tempo, tutta la vita di Gilles andò a rotoli: la moglie lo lasciò, uno dei fratelli tentò di conquistare uno dei suoi vecchi possidementi e persino il re chiese la sua interdizione, poiché Gilles chiedeva prestiti insistentemente. E forse in preda alla disperazione, Gilles iniziò a interessarsi di alchimia e in particolare alla costruzione della pietra filosofale, forse per cercare di ritrovare la sua fortuna.
La situazione però precipitò quando cercò di riprendersi con le armi il feudo di Saint-Étienne de Mermorte che aveva ceduto qualche tempo prima alla Chiesa francese. Quest’atto ovviamente violava non solo il contratto, ma anche la moralità poiché in questo rapì il diocesano presente, minacciandolo di morte.

Lo arrestarono e il processo iniziò qualche giorno più tardi, davanti alle autorità ecclesiastiche. I capi d’accusa erano molteplici e, nel corso delle sedute, aumentarono. Lo accusarono anche di aver rapito numerosi bambini e alcune serve, di aver praticato alcuni riti stregoneschi. Messo in carcere e sottoposto a tortura, confessò tutti i capi d’accuso e per questo lo condannarono per il reato di apostasia ( ossia il rinnegamento volontario della legge) e invocazione al demonio. Lo impiccarono e il corpo fu poi bruciato sul rogo il 26 ottobre del 1440.
Nemmeno però dopo la morte, trovò pace. I famigliari infatti lamentarono che la richiesta di aiuto che l’uomo aveva mandato il re, fosse stata ignorata sebbene il re l’avesse accettata.