Paliano storica. Dalla guerra alla restaurazione dei Colonna

Secoli or sono, nel pieno fervore del Rinascimento Italiano, il Lazio fu segnato da una dura quanto breve guerra, che sancì la fine dell’alleanza fra il Papato e il regno di Francia.

Gli eventi si evolsero rapidamente, a partire dall’elezione al Soglio Pontificio del nuovo papa. Nel maggio 1555, infatti, Gian Pietro Carafa divenne successore di Pietro, con il nome di Paolo IV. Egli derivava da un’antica e potente famiglia napoletana, apertamente ostile alla dinastia degli Asburgo. D’altro canto, lo stesso imperatore Carlo V dimostrò in più occasioni una pari avversione nei confronti del Carafa, al quale impedì di acquisire l’arcivescovado di Napoli, in suo possesso dal 1549.

Nella visione del nuovo pontefice la monarchia asburgica esercitava un controllo eccessivo sul territorio italiano, detenendo l’amministrazione diretta di alcuni fra i poli più nevralgici, come Napoli e Milano. Temendo che essa potesse acquisire sempre più potere Paolo IV aumentò smisuratamente la tassazione nei possedimenti pontifici, gravando pesantemente sulla popolazione, già stremata da condizioni di vita spesso precarie.

Allo stesso modo aumentarono i dazi sull’importazione del sale, proveniente dalla Sicilia. Il provvedimento scatenò immediatamente il malcontento della popolazione, che sfociò nella minaccia di ritorsione da parte del Vicereame di Palermo e della Corte Spagnola.

I Colonna

Un ruolo centrale nelle vicende che condussero alla grande battaglia venne giocato dalla famiglia Colonna. Quest’ultima era, all’epoca, membro eminente della vasta costellazione feudale che era lo Stato della Chiesa. In aperto scontro con il papato essa aveva avuto una profonda influenza persino nell’arresto di Bonifacio VIII ad Anagni, nel 1303.

Alla metà del ‘500 i Colonna acquisirono il rango ducale nel feudo di Marino, scosso dalle lotte fra Ascanio, antispagnolo, e il figlio Marcantonio, antipapalino. Nello stesso periodo essi assursero al ruolo principesco a Paliano e Sonnino. Quando, nel 1555, Ascanio colonna morì, il figlio si sottomise alla Spagna. L’ardita mossa politica contrariò gravemente Paolo IV, il quale pretese la riconsegna dei castelli affidati dalla Chiesa alla famiglia.

L’opposizione di Marcantonio Colonna gli valse un mandato di arresto, emesso dalla Cancelleria apostolica, al quale egli riuscì a fuggire. In seguito ad una lunga serie di richiami il papato procedette alla scomunica maggiore, emettendo inoltre una condanna a morte e il decadimento da tutti i feudi. Questi, confiscati, confluirono con una bolla del maggio 1556 nel neo-costituito Stato di Paliano, il cui governo ducale fu affidato al nipote del papa, Giovanni Carafa.

Marcantonio Colonna, dal canto suo, fuggì a Napoli, cercando la protezione della corte spagnola. Filippo II, succeduto quell’anno a Carlo V, decise di intervenire, cogliendo l’allettante occasione di imporre finalmente il proprio potere sulla corte pontificia e ribadire la dipendenza del Sacro Tribunale dell’Inquisizione di Spagna, autonoma rispetto all’Inquisizione di Roma.

Grande terremoto del Kantō del 1923

Grande terremoto del Kantō del 1923

Nel cuore della guerra

La guerra ebbe inizio nel settembre del 1556, quando il Viceré di Napoli, nonché Duca d’Alba, invase con l’esercito lo Stato Pontificio. Al Colonna venne, invece, ordinato di attaccare Roma. I soldati spagnoli, poi, giunsero presto in molte località del Lazio, conquistandole. Caddero Anagni, Alatri, Frosinone e Veroli, ma anche Castro, Piperno e Terracina. Quando, tuttavia, gli spagnoli si diressero verso i possedimenti sequestrati a Marcantonio Colonna egli impose ai suoi di impedire rappresaglie e saccheggi.

Cave riuscì a salvarsi, ma un destino ben differente colpì Palestrina, che cadde sotto le razzie nemiche. Il capitano spagnolo Don Garcia de Toledo, poi, condusse le truppe a Prossedi, Santo Stefano, San Lorenzo e Terracina, vittime di saccheggi e inaudita violenza. I territori, assoggettati dai soldati spagnoli, confluirono nel Governatorato per la Marittima.

Neppure il ricorso alla diplomazia riuscì a sedare le ostilità, che ripresero nel gennaio del 1557, con la ribellione delle popolazioni del Governatorato della Marittima. Fu l’occasione per il Papato di avanzare fino a Santo Stefano, con le milizie di Bonifacio Caetani da Sermoneta.

 

La battaglia di Paliano

Decisiva, per l’economia della guerra, fu la campale battaglia di Paliano. La città, sino a quel momento salva da invasioni nemiche, fu circondata e posta sotto assedio. A sua difesa venne inviato il Colonna, scelto dagli spagnoli per condurne le truppe.

Lo scontro ebbe luogo il 27 luglio 1557, quando i soldati asburgici, avvertiti dell’incedere nemico, costituirono un muro invalicabile di uomini a impedire l’accesso in città. All’arrivo dell’esercito pontificio, alla cui testa marciavano Giulio Orsini e Antonio Carafa, scoppiò lo scontro armato. Fu proprio l’Orsini a ordinare l’attacco, superando le reticenze del Carafa.

In città, nel frattempo, il Colonna decise di sfruttare l’iniziale arresto del nemico, dovuto alla difesa spagnola. Essa aveva riportato ingenti perdite, a fronte di una strenua difesa. Marcantonio condusse, quindi, i soldati al contrattacco. La battaglia che infuriò fu sanguinosa e le truppe pontificie ne uscirono distrutte.

Il Ballo degli Ardenti

Il Ballo degli Ardenti

L’inizio della fine

Poco tempo dopo, nel marzo dello stesso anno, giunsero i francesi in soccorso delle truppe di Paolo IV. I soldati, a seguito del Duca di Guisa, si schierarono a difesa di Roma. La guerra, tuttavia, non ebbe fine. Solo nel giugno Marcantonio Colonna riuscì a raggiungere e conquistare Valmontone, divenendo una vera e propria minaccia per la capitale dello Stato nemico.

Nel medesimo periodo infuriò, nelle Fiandre, un’accesa battaglia fra Francia e Spagna, tanto agognata dal pontefice. Proprio per questa il Duca di Guisa dovette far rientro in patria, a difesa dei confini, abbandonando gli alleati su territorio italiano.

Paolo IV, spaventato dall’eventualità di poter perdere la guerra, tentò la via diplomatica, accettata di buon grado dal governo spagnolo, piegato da un ingente dissesto economico e dai numerosi conflitti.

 

La pace

I lavori per ristabilire la pace ebbero inizio sul finire dell’estate 1557 a Cave, dove si riunirono il Duca d’Alba e il Cardinale Carlo Carafa. Gli accordi, conclusi nel Palazzo Leoncelli, previdero clausole pubbliche e una sezione segreta, che avrebbe determinato il futuro del Ducato di Paliano. Esso, ormai costituito dalla complessità dei feudi sequestrati alla famiglia Colonna, sarebbe stato presieduto da un Consiglio fiduciario, al quale avrebbero partecipato personalità di entrambe le parti. Il destino futuro, tuttavia, rimase incluso nel trattato segreto, secondo il quale i territori, alla morte di Paolo IV, sarebbero tornati sotto il controllo dei Colonna.

Il pontefice, ancora infuriato con Marcantonio che aveva innescato il conflitto, ottenne il mantenimento della precedente condanna a morte e così anche dei sequestri. Il Carafa, sotto pressione della Spagna, fu tuttavia costretto a siglare un accordo secondo il quale condanne e confische sarebbero state annullate.

Il Trattato di Cave fu responsabile della fine dell’alleanza fra Papato e Francia, ma vide anche il riavvicinamento fra quest’ultima e la Spagna e la restaurazione della famiglia Colonna.

Condividi