Richard Roose, l’avvelenatore che venne bollito vivo

A chi è appassionato di Storia inglese, non saranno sfuggite sicuramente le vicissitudini di Enrico VIII e delle sue mogli che portarono allo scisma della Chiesa anglicana. In particolare, fu la seconda a sconvolgere gli equilibri della politica inglese: Anna Bolena.

Richard Roose, l’avvelenatore che venne bollito vivo

Henry VIII sposò Anna Bolena, dopo aver ripudiato la prima moglie ( Caterina d’Aragona) e, se in primo momento sembrava tutto perfetto, ben presto Lady Bolena iniziò ad attirarsi le invidie, gelosie e le inimicizie della corte, soprattutto dell’ala cattolica, la quale non si convinse mai del cambiamento religioso messo in atto del re. E questo comportò un guerra intenstina alla corte: da una parte, volevano eliminare o avvelenare la donna, e dall’altra parte la famiglia Bolena provò a disfarsi dei loro nemici. In uno contesto del genere, ci rimise la vita, un povero cuoco: Richard Roose.

Il dipinto del cardinale Fisher.

Non sappiamo molto della sua biografia, poiché non ne è rimasta traccia visto i suoi umili natali. Sappiamo però che era al servizio del potente John Fisher, vescovo di Rochester, da sempre avverso all’intera famiglia dei Bolena che considerava dei puri arrampicatori sociali e che, soprattutto il padre e il fratello di Anna, avevano sfruttato la donna per arrivare all’apice del potere, ingraziandosi il re. D’altronde è innegabile come il matrimonio di Anna con Enrico VIII avesse giovato alla casata Bolena. Questo aveva comportato numerosi vantaggi politici ( più titoli nobiliari) e finanziari ( come molte tenute). In poco tempo, dunque, erano diventati tra le famiglie più potenti della corte inglese, unito anche alla fede cattolica mai sopita di alcuni cortigiani, comportò una silenziosa rivolta che arrivò a una sorta di “guerra” tra le due fazioni.

L’esecuzione

Il 18 febbraio del 1531, il cardinale Fisher stava cenando insieme con alcuni ospiti nella residenza di Lambeth quando alcuni ospiti iniziarono a stare male. Fu da subito evidente che il problema fosse nel cibo e l’attenzione si rivolse fin da subito a chi aveva preparato la minestra. I resoconti del processo dell’epoca ci mostrano come, anche prima del pranzo, alcune persone si fossero sentiti male. Era usanza infatti che poveri o indigenti bussassero alla porta dei nobili per farsi offrire un piatto di minestra). Arrestarono dunque Richard Roose, con l’accusa di avvelenamento, lo rinchiusero nella Torre di Londra, dove lo torturarono. Durante l’interrogatorio, sembra che Roose confessò di aver messo un potente lassativo nella minestra con lo scopo di fare uno scherzo, tanto, secondo il cuoco, non doveva essere fatale. Nessuno credette a quest’ipotesi che non poteva reggere, ma anzi sollevò numerosi interrogativi.

Mappa di Smithfield nel Cinquecento. Wikipedia.

Chi aveva ordinato a Roose di uccidere il vescovo Fisher? Molte sono le ipotesi. Tra le più accreditate è che l’ordine sia arrivato dal padre di Anna Bolena, il quale lo voleva eliminare perché avverso alla sua famiglia e alla figlia. Un’altra ipotesi, molto in voga all’epoca, era che fosse stato Enrico VIII a incaricare il cuoco. Fisher era, fin dallo Scisma anglicano, una spina nel fianco, essendo rimasto sempre un fervente cattolico. Ancora oggi, non sappiamo con certezza chi fosse il mandante.

Roose non fu mai giudicato in tribunale. Fu il re in persona a farlo sulla base dei resoconti delle indagine e lo condannò a essere bollito a morte. Si trattò ovviamente di una punizione simbolica che doveva servire da monito, tanto che dopo l’esecuzione, il Parlamento aggiunse questo tipo di condanna allo statuto penale. L’esecuzione avvenne il 15 aprile del 1532 a Smithfield. Messo in catena, calarono per tre volte Roose in un pentolone di acqua bollita. Alla morte, ci volsero due ore. Non è immaginabile, secondo me, il patimento e le pene del cuoco Roose, il quale, come riportano le cronache, era irriconoscibile.

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