Palazzo Moraschi: protagonista della storia sublacense
Ormai lo sappiamo bene: Subiaco sa regalarci angoli paesaggistici e culturali davvero pregevoli. La sua storia, così antica, è ricca di personaggi famosi ( come Lucrezia Borgia, ad esempio), di architettura religiosa ( il Santuario del Sacro Speco, per citarne uno), di arte, di letteratura (fu stampato qui il primo libro, il “De Oratore” di Cicerone) e di molto altro ancora. Non sono da meno i numerosi palazzi che si trovano nel centro storico del borgo. Questi raccontano, e in qualche caso, approfondiscono le vicende storico-culturali di cui frequentemente Subiaco è stato protagonista, come nel caso del Palazzo Moraschi. Un edificio maestoso che brilla ancora, come se il tempo non fosse mai passato.
Palazzo Moraschi a Subiaco: protagonista della storia sublacense
Situato nel pieno centro storico sublacense, risale alla fine del Settecento ed è legato a una delle famiglie nobili più note del borgo: quella dei Moraschi. Questi la costruirono in parte sulle rovine dell’antica chiesa di San Martino, risalente, almeno secondo alcuni fonti storiche, al XIII secolo. Quando arrivò la famiglia nobile, l’antico edificio religioso era ormai in stato di abbandono. La demolirono sia per facilitare la costruzione del palazzo sia per costruire una Chiesa nuova, quella di Santa Maria della Valle. Si trova in posizione sovrastante rispetto alla struttura del palazzo.
Essa presenta i caratteri artistici tradizionali dell’epoca: le linee architettoniche e i decori, infatti, sono tipici del neoclassicismo. Una corrente letteraria e artistica che si diffuse alla fine del Settecento e che aveva come focus la riscoperta della classicità greca e romana. Nato come risposta al tardo Barocco e al Rococò, i neoclassici s’ispiravano, dunque, all’arte antica che si denota dalla frequente presenza di statue, ornamenti classici, colonne e timpani. Secondo alcuni ricostruzioni storiche, i lavori sarebbero infatti iniziati nel 1794, apice di questa corrente.
Questa chiesa però non è la sola a essere legata alla storia del Palazzo Moraschi; in origine, dietro all’edificio, vicino a uno sperone di roccia, si sarebbe trovato uno dei monasteri fondati da San Benedetto nel corso dei suoi anni sublacensi, quello di S. Angelo dei Balzi (o, in latino, S. Angelo post lacum). A conferma, negli ultimi anni sarebbe stata scoperta una grotta -indizio della presenza dei seguaci di San Benedetto-, alcune cisterne e una strada in ciottolato, tipica via di comunicazione medievale. Si tratti dunque di indizi che confermano la presenza dell’antico monastero.
La storia di uno degli edifici più prestigiosi del borgo
La presenza delle due chiese dimostra bene quanto questo palazzo sia legato quasi fin dalla sua origine alla storia del borgo sublacense. I Moraschi dunque iniziarono i lavori, tenendo conto della religiosità del luogo. Oltre a costruire la Chiesa di Santa Maria della valle, ne edificarono anche un’altra, questa volta a uso privato: la Cappella della Madonna del Carmine, anche questa in stile neoclassico. Al suo interno è possibile ammirare una tela raffigurante la Madonna del Carmine, probabilmente risalente allo stesso periodo e una dedicata, invece, a quella dell’Immacolata, realizzata invece durante il Seicento ma di cui rimane ignoto l’autore.
Nonostante queste costruzioni, i lavori tardano a giungere al termine, tanto che nel 1855, come riportano le fonti storiche, sono sempre da ultimare. Erano perlopiù ultimi, e piccoli, lavori di decorazioni che però non impedirono alla famiglia Moraschi di ospitare, niente di meno, che Giuseppe Garibaldi.
Il 18 aprile del 1849 si trovava a Subiaco perché c’erano stati alcuni scontri tra la popolazione sublacense e l’esercito garibaldino che, proprio lo stesso anno, proclamerà la Repubblica di Roma.
Insomma, Palazzo Moraschi è stato nel corso dei secoli testimoni della religiosità e della storia sublacense, non dimenticandosi mai però anche dell’arte. Luigi Moraschi, capofamiglia, affidò l’incarico di decorare il palazzo a Francesco Gai (1835-1917), noto pittore e scultore romano di madre sublacense che, tra l’altro, aveva già lavorato a Subiaco. Egli, infatti, aveva affrescato il palazzo del cardinale Antonucci con alcuni dipinti religiosi, i quali però sono andati perduti durante la Seconda Guerra Mondiale.
In particolare, a Palazzo Moraschi, Gai si occupò del primo piano nobile. Realizzò alcuni decori e dipinti, come statue ispirate alla mitologia classica, come quella di Diana a caccia. In più, dipinse anche la loro cappella cimiteriale, situata nel Campo Santo cittadino.
La famiglia Piatti
La famiglia Moraschi quindi creò un palazzo nobiliare tipico della loro epoca, dandoli lustro e prestigio. È innegabile dunque come la loro storia, e quindi quella dell’edificio, sia legata visceralmente a quella di Subiaco. Le vicissitudini però non si limitano a questo nobile casata perché, nei primi del Novecento, il palazzo fu venduto alla famiglia Piatti, nella persona di Alarico.
Un imprenditore che era, anche lui, molto legato a Subiaco. Alla ditta di Alarico, infatti, già nel 1885 avevano affidato l’incarico di costruire la ferrovia Subiaco-Mandela. Una vera rivoluzione per gli abitanti, non solo di Subiaco, ma anche quelli limitrofi.
Per gli abitanti era una comodità da non sottovalutare perché, avere a disposizione una linea ferroviaria, che collegava i vari paesi con Roma, avrebbe ridotto notevolmente i tempi di percorrenza, dando quindi maggiore possibilità di viaggiare rispetto al passato. Si trattava di una ferrovia privata a scartamento ordinario, la quale collegava Subiaco e i centri limitrofi con quella principale di Roma-Sulmona-Pescara. L’idea del progetto nacque come riposta alla domanda turistica sempre più crescente che necessitava, dunque, di portare nuovi servizi nella zona, compresa la ferrovia.
La inaugurarono il 19 marzo del 1901. Il primo treno a viaggiare per ventidue chilometri era composto di cinque vetture, di cui tre di terza classe e due tra prima e seconda. Fin da subito riscontrò un notevole successo, tanto che, nel corso degli anni, pensarono anche di ampliare la linea, includendo una diramazione verso Olevano Romano e Segni. Fu un progetto che però non partì mai: dopo la Prima Guerra Mondiale, la linea iniziò a svuotarsi fino a che non fu più frequentata.
I motivi furono molteplici: innanzitutto la mancata elettrificazione della linea che comportava un tempo di percorrenza maggiore e la scomodità dell’arrivo a Roma. Qui, infatti era necessario prendere un altro mezzo per raggiungere il centro. Nonostante la ditta di Alarico l’avesse costruita e progettata, la storia della linea ferroviaria Subiaco-Mandela s’interruppe il 10 dicembre del 1933, quando gli operai andarono a smantellarla. Oggi, rimangono alcune tracce sempre visibili.
Tempi recenti
Insomma, anche la persona di Alarico, che abitò con la famiglia nel Palazzo Moreschi-Piatti, è legata alla storia di Subiaco. L’edificio rimarrà di sua proprietà fino agli anni Trenta, quando la famiglia Piatti, dopo lo smantellamento della ferrovia, lo lasciò. Dal 1933 fino a tempi più recenti, l’edificio ospitò gli uffici territoriali del Comando dei Carabinieri di Subiaco e in alcuni periodi divenne anche la loro caserma. Questo accadde fino agli anni Settanta, quando cadde in uno stato di totale abbandono sia degli spazi esterni sia di quelli interni, durato fino al 2006 quando un’associazione locale, con l’aiuto e il supporto dell’Amministrazione comunale, la prese in gestione. Inoltre, in una parte del palazzo è possibile pernottare e alloggiare in quelle stanze che hanno visto la Storia di Subiaco.