La pittura di Tito Troja: da Arcinazzo a Romano agli ambienti ecclesiastici più importanti
L’arte, intesa nel termine più ampio, è in grado, oltre che affascinare e incuriosire, anche di raccontarci molto magari sull’epoca del dipinto, sulla biografia dell’artista o su luogo in cui egli era nato o operava. Può essere, dunque, uno strumento che, se sfruttato a dovere, può approfondire la conoscenza di studiosi dell’arte e dei cultori di quel luogo. È inutile precisare che, di là da questa funzione fondamentale, ogni pittore o scultore contribuisce a rendere immortale, attraverso le proprie opere, il luogo natio, come del resto è accaduto ad Arcinazzo Romano che rivive ancora nelle opere di Tito Troja.
La pittura di Tito Troja: da Arcinazzo a Romano agli ambienti ecclesiastici più importanti
Nato il 14 luglio del 1847, quando ancora Arcinazzo era chiamato Ponza ( toponimo che sarà cambiato nel 1891) da una famiglia di commercianti, fin da bambino dimostrò una propensione alla pittura e all’arte che i genitori accolsero con favore. Dall’altra parte, i genitori non avevano problemi economici. Il padre –Gesualdo-, infatti, era un noto proprietario terriero e la madre -Giovanna Ludici- vantava nobili origini, appartenendo a un antico casato sublacense. Fu dunque possibile per la famiglia compiacere questa sua passione. Dall’altra parte, però, i genitori lo instradarono verso la carriera ecclesiastica, facendolo entrare nel seminario di Subiaco. Qui, Tito poté esprimere la sua profonda passione per la pittura che raggiunse fin da subito una tecnica pregevole.

La sua passione non passò dunque inosservata negli ambienti ecclesiastici. Il Cardinale Raffaello Monaco La Valletta ( 1827-1896), abate commendatario di Subiaco da 1873 al 1884, lo segnalò al miglior precettore artistico della zona romana: Luigi Fontana ( 1827-1908). Pittore e scultore del tempo che operava soprattutto negli ambienti ecclesiastici. Fontana lo prese subito sotto la propria ala. Lo fece trasferire a Roma e insegnandoli la sua arte, inserendolo all’interno della sua bottega artistica ed è qui che Tito raggiunse i massimi livelli artistici. Egli aveva già dimostrato come l’arte fosse la sua passione, ma da Fontana acquisì le basi tecniche. Ed è a Roma, infatti, che possiamo, ancora oggi, ammirare alcuni dei suoi quadri, come nella Basilica dei Santi XII Apostoli, di San Lorenzo in Damaso e San Salvatore in Lauro.
La passione artistica e religiosa dell’agostiniano ponzese
E ancora con la collaborazione di Fontana e Virginio Monti ( altro celebre artista romano) realizzò al Santuario della Madonna del Buon Consiglio a Genazzano un dipinto raffigurante le dodici ebree che anticipano la Natività della Vergine e del Cristo imprigionato alla colonna. Si tratta di dodici lunette che fiancheggiano le finestre e nelle quali sono presenti, dunque, scene dell’Antico Testamento. Sono forse tra le opere più riuscite di Troja, le quali trasmettono la tensione del momento attraverso i volti delle figure femminili.

È chiaro che ormai la sua arte fosse rinomata dentro e fuori Roma. Operò anche ad Andria nel Santuario della Madonna dei Miracoli e, ancora, a Perugia, Savona, Bolsena, Bracciano e Carpineto Romano (vicino ad Agnani). Qui, su commissione pontificia, trasformò la camera papale in cappella. Insomma era tra i nomi più richiesti dall’ambiente ecclesiastico. Oggi alcune sue opere si possono trovare addirittura negli Stati Uniti, a Filadelfia ( Pennsylvania ), dove è conservato un ciclo pittorico -otto quadri in totale- che rappresentano la vita di Sant’Agostino. L’opera più ricordata però oggi è quella conservata presso il Santuario di Cascia, realizzata nel 1889 e dedicata a Santa Rita.

Egli però non fu solo un pittore di scene e momenti religiosi, ma si definì all’interno della sua congregazione anche come ritrattista. Raffigurò dal fondatore dell’ordine, Sant’Agostino, fino a Padre Thomas Rodriguez del 1916, anno della morte avvenuta il 2 settembre.