Ted Bundy, storia di un serial killer

Fra le sfavillanti luci del sogno americano si è per lungo tempo celata un’oscura ombra, destinata a rimanere nella memoria collettiva. Oggetto di numerosi riferimenti musicali e cinematografici Ted Bundy, con la sua efferatezza, ha terrorizzato una nazione intera.

Nato a Burlinghton nel novembre del ’49 il piccolo Theodore Robert Cowell, successivamente noto come Ted Bundy, ebbe un’infanzia complessa. La madre, Eleanor, rimase incinta a 22 anni senza rivelare mai chiaramente l’identità del padre del bambino. Secondo alcune ipotesi Ted sarebbe stato frutto di una violenza compiuta dal nonno Samuel Cowell. Al fine di evitare lo stigma che spesso colpisce i figli illegittimi, la famiglia Cowell decise di crescere il bambino, per i primi anni, come fratello minore della sua stessa madre, fatto che Ted, nel corso della sua vita, recriminerà con decisione ad Eleanor.

 

L’infanzia

Ted crebbe in un contesto famigliare turbolento, con un nonno bigotto, razzista, antisemita, anticattolico e aggressivo nei confronti della moglie, del cane di casa e dei gatti di quartiere. Samuel si mostrò più volte violento. Giunse persino a scaraventare dalle scale Julia, la figlia minore. Sembra, poi, che avvertisse spesso invisibili presenze, alle quali prontamente rispondeva ad alta voce. La nonna, invece, dai racconti di Ted emerge come una donna fragile, remissiva e obbediente, vittima di una severa depressione che la costringeva a sottoporsi periodicamente a sedute di terapia elettroconvulsivante.

Solo nel 1950 Ted lasciò la dimora famigliare per trasferirsi con Eleanor a Tacoma, dai cugini Alan e Jane Scott. In quel periodo la donna cambiò persino identità, perdendo il primo nome e acquisendo il cognome Nelson. L’anno successivo conobbe Johnny Culpepper Bundy, un cuoco ospedaliero, con il quale convolò presto a nozze. L’uomo, dopo il matrimonio, adottò Ted. La coppia concepì quattro figli, e sebbene Johnny tentò sempre di includere il figlio adottivo nelle attività famigliari, il giovane ne rimase volontariamente escluso. In futuro, poi, Ted confiderà alla ragazza dell’epoca di avere poca stima di quello che non avrebbe mai considerato un vero padre, visto anche il suo mediocre intelletto e la sua scarsa condizione finanziaria.

 

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Le biografie discordanti

La vita a Tacoma è stata oggetto di molti racconti da parte dello stesso Bundy, che risulta aver fornito versioni talvolta diametralmente opposte dei fatti. Il dato appare evidente dal confronto delle biografie. Stephen Michaud e Hugh Aynesworth raccontano che il giovane vagabondasse nel quartiere alla ricerca, fra i rifiuti, di fotografie pornografiche. Polly Nelson, invece, riporta che Ted dimostrasse, all’epoca, un forte interesse per le riviste pulp, i romanzi polizieschi e i documentari di cronaca nera che riguardassero violenze sessuali.

Ad Ann Rule, conoscente dello stesso Bundy, egli avrebbe rivelato di inorridire al pensiero di leggere quel genere di fiction. Stephen Michaud, poi, riporta una versione assai distante dalle precedenti, descrivendo un giovane ubriacone in continua ricerca di finestre da cui spiare donne svestite o altri dettagli di vita quotidiana. Certamente sembra che durante l’infanzia Ted fosse vittima di frequenti episodi di bullismo, a causa del carattere schivo ed introverso.

 

Dall’adolescenza all’età adulta

L’arrivo dell’adolescenza mutò drasticamente l’atteggiamento del ragazzo, che divenne bullo a sua volta, sino poi ad isolarsi dalla comunità, attratto dallo studio, dallo sci e dalla politica. Fu un lavoratore svogliato e rimase disoccupato a lungo. Nel 1967 riuscì a legarsi ad una donna, Stephanie Brook, che tuttavia lo lasciò bruscamente. L’evento fu traumatizzante per Bundy, che nello stesso periodo scoprì anche la verità sulla sua nascita. Alla fidanzata del periodo rivelò di essere venuto a conoscenza dell’identità della madre grazie ad un cugino, mentre disse a Stephen Michaud e Hugh Aynesworth di averlo capito autonomamente. A validare l’ultima versione è stata Ann Rule, biografa ufficiale di Ted, che ha ipotizzato il ritrovamento del certificato di nascita da parte di Bundy nel 1969 in Vermont.

Caduto in un terribile vortice depressivo Ted cominciò a riprendersi solo nel 1969, quando decise di iscriversi nuovamente all’università. Lì frequentò i corsi di psicologia e giurisprudenza e poco dopo prese la tessera del Partito Repubblicano, divenendo un fervente attivista. Cominciò anche una nuova relazione, con Elizabeth Kloepfer. Allo stesso periodo risale l’incontro con Ann Rule, che divenne presto sua confidente ed amica.

Finita la relazione con la Kloepfer Ted riallacciò i rapporti con la ex fidanzata Stephanie Brooks, troncandoli tuttavia nel gennaio del 1974. In seguito dichiarò di averlo fatto per dimostrare a se stesso di poterla lasciare come lei aveva fatto tempo prima con lui. Da qui ebbe inizio la sua inarrestabile furia omicida.

 

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Gli omicidi

A partire dal gennaio del ’74, con il tentato omicidio della 18enne Joni Lenz, percossa nel suo letto con una spranga e con essa violentata, la sete di sangue di Ted diverrà sempre più feroce. Il mese successivo scomparve Linda Ann Healy e la stessa sorte colpì altre cinque ragazze. Nel giugno venne ritrovato il cadavere di Brenda Carol Ball e in agosto emersero quelli di Sammamish Janice Ott e Denise Naslund.

In quel periodo si fece avanti una testimone, la giovane Janice Graham, che rivelò di essere stata adescata da un certo Ted, che le aveva chiesto aiuto per caricare una barca a vela sul tetto dell’auto. Giunta con lui al veicolo era stata invitata a salire per recarsi alla casa dei genitori del ragazzo, in collina, luogo dove si sarebbe trovata l’imbarcazione. Rifiutata l’offerta Janice aveva deciso di sporgere denuncia, fornendo così l’identikit di Bundy, apparso su tutti i giornali.

Ted, allora, prima che la polizia potesse raggiungerlo viste le numerose testimonianze emerse in seguito all’evento, lasciò Seattle e si trasferì nello Utah.

Il 18 ottobre dello stesso anno scomparve Melissa Smith, di 17 anni, il cui corpo fu rinvenuto il 27 ottobre nei pressi di Sal Lake City con evidenti segni di violenza sessuale. Il 31 ottobre scomparve Laura Aime, ritrovata morta con segni di feroci percosse e violenze sessuali il giorno del Ringraziamento.

L’8 novembre, poi, avvenne il tentato rapimento di Carol DaRonch. Bundy, fingendosi un poliziotto, fece salire la vittima sulla sua auto, una Volkswagen Maggiolino. Ella riuscì a fuggire e denunciò il suo aguzzino. Poche ore dopo scomparve Debbie Kent. In quei giorni testimoniò contro di lui un’insegnante, Raelynn Shepard, che raccontò di essere stata adescata da un sedicente poliziotto.

 

La fuga in Colorado

Ted, sentendosi braccato, si spostò ancora, questa volta in Colorado. Lì ricominciò la sua scia di sangue, ma per la prima volta venne fermato a bordo della sua auto da un poliziotto, Bob Hayward. Nel Maggiolino, che viaggiava a luci spente con il favore delle tenebre, vennero trovati un passamontagna, delle manette, una spranga e un rompighiaccio. Scattò immediatamente l’arresto e poco dopo fu persino riconosciuto dalla Shepard.

La prima condanna giunse per l’aggressione a Carol DaRonch, ma Ted, convinto ad intraprendere la strada dell’autodifesa, licenziò il proprio avvocato. Entrato poi in una piccola biblioteca del tribunale riuscì a fuggire, prima che l’FBI potesse attribuirgli i delitti compiuti in Colorado. Il latitante venne riacciuffato appena sei giorni dopo. Si trattò solo della prima fuga. Evase, infatti, il 30 dicembre del ’77 infilandosi in buco nella cella del carcere, dal quale riuscì a raggiungere la stanza del custode. Indossati gli abiti di servizio di quest’ultimo lasciò la struttura indisturbato.

 

La fuga in Florida e l’arresto

Bundy, ormai libero e ricercato, raggiunse la Florida e nel gennaio del 1978 si introdusse nella sede della confraternita Chi-Omega. Lì, in un breve lasso di tempo, uccise due ragazze, Lisa Levy e Margaret Bowman, ferendone altre due, Kathy Kleiner De Shields e Karen Chandler. Nella stessa notte fece irruzione nell’appartamento di Charyl Thomas, percuotendola ferocemente e lasciandole terribili danni permanenti.

Ted Bundy in un carcere della Florida nel 1978 - Wikipedia
Ted Bundy in un carcere della Florida nel 1978 – Wikipedia

Nel febbraio venne denunciata la scomparsa della piccola Kimberly Leach, di 12 anni, a Lake City. Il corpicino venne rinvenuto, in pessime condizioni, otto settimane dopo. Anche questa volta Ted fu avvistato da alcuni testimoni, che in seguito lo identificarono.

Pochi giorni dopo Bundy venne fermato, su un’auto rubata, al confine con l’Alabama da un agente di polizia che riuscì, dopo una colluttazione, ad arrestarlo. Dopo l’iniziale reticenza a rivelare la sua identità fu convinto a confessare dalla ex fidanzata Elizabeth Kloepfer, contattata telefonicamente.

 

Il modus operandi

Ted soleva adescare le vittime, nei pressi di residenze studentesche o college, impersonando un poliziotto o fingendo di avere un braccio ingessato e chiedendo dunque aiuto per trasportare o caricare in auto grossi oggetti. Convinta la vittima a entrare nel veicolo essa non avrebbe avuto scampo. La malcapitata veniva poi percossa prima di essere uccisa per strangolamento o con armi contundenti. La follia omicida di Bundy lo condusse persino a perpetrare violenza sessuale su alcuni cadaveri, per diversi giorni.

Alcuni hanno ipotizzato che egli cercasse nelle sue vittime l’immagine della ragazza che anni prima lo aveva rifiutato, in una sorta di punizione simbolica.

 

Il processo

Il maxi processo che lo vide protagonista si svolse in Florida fra il 1979 ed il 1980. Fu uno dei procedimenti giudiziari più seguiti e discussi dai mezzi di comunicazione di tutto il Paese. Dopo un lungo dibattimento la giuria sancì la condanna a morte per Bundy, ritenuto colpevole di tre omicidi. Fu poi lo stesso imputato a dichiarare di averne compiuti ben ventisei.

Durante il processo avvennero numerose stranezze, dalla volontà di Ted di autodifendersi al matrimonio con Carole Ann Boone, alla quale chiese di sposarlo dinnanzi al giudice. Dall’unione nacque una bambina, Rose, di cui non si ha più alcuna notizia. Bundy riuscì, inoltre, a ritardare l’esecuzione per tre volte, fino al 24 gennaio 1989 quando, davanti ad una gran folla, fu passato sulla sedia elettrica.

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