Uropygi, un ragno che sembra scorpione
Nel micro-mondo che popola i suoli esistono dei piccoli e curiosi esseri viventi che all’aspetto uniscono le caratteristiche di ragni e scorpioni.
Gli Uropygi sono stati osservati e descritti per la prima volta nel XVIII secolo, da Carl Linneus, il quale, tuttavia, non li distinse da altre tipologie di aracnidi, chiamandoli Phalangium caudatum. L’attuale termine Uropygi, poi, comparve nel 1883 grazie al naturalista Tamerlan Thorell. Il termine deriva dal greco οὐροπύγιον (ouropugion), in riferimento alla coda dalle fattezze di un flagello.
Descrizione
L’animale, di dimensioni ridotte (dai 25 agli 85 mm), ha un corpo che raggiunge un massimo di 30 mm di lunghezza, ma a causa di due grandi appendici frontali e delle zampe può sembrare più grande. Il suo corpo è formato da dodici segmenti, dei quali gli ultimi tre sono fusi fra loro e terminano con un lungo flagello.
Perché gli juventini vengono chiamati “gobbi”
A differenza dei ragni comuni gli Uropygi sono dotati di sole sei zampe mirate alla deambulazione, poiché la prima coppia di appendici ha una funzione sensoriale. Due grandi pinze li rendono, poi, sempre più somiglianti agli scorpioni. Essi non sono dotati di ghiandola velenifera, ma ne hanno una, in prossimità della coda, capace di emettere acido acetico e acido caprilico in caso di attacco.
Gli Uropygi sono carnivori e ottimi cacciatori notturni. Si nutrono principalmente di insetti, ma consumano talvolta anche piccoli vermi e lumache. La loro presenza sembrerebbe fondamentale nel controllo della popolazione di scarafaggi e grilli.
Diffusione
L’habitat prediletto da questi piccoli aracnidi è rintracciabile in aree tropicali e subtropicali, ad esclusione di Europa e Australia. Sono particolarmente diffusi, invece, nel continente africano. Normalmente sono rinvenibili in luoghi umidi e oscuri, come legni marcescenti o al riparo di tronchi e rocce. Il Mastigoproctus giganteus, il più grande tra gli Uropygi, tuttavia, vive in zone più aride, fra le quali Arizona e Nuovo Messico.