Il nodo suebo, un’acconciatura dal passato
Da secoli nelle società umane si sono diffuse, più o meno rapidamente, mode e consuetudini che talvolta hanno attraversato le vestigia del tempo. Si pensi, ad esempio, all’uso del tacco nella calzatura femminile o all’introduzione della minigonna. In alcuni casi, tuttavia, il trascorrere degli anni e l’evoluzione sociale hanno contribuito a relegare alcuni costumi nelle pieghe della memoria. Quest’ultimo è certamente il caso di una particolare acconciatura diffusa fra il I a.C. ed il I d.C.
Il cosiddetto nodo suebo si diffuse fra i guerrieri germani suebi – o svevi – e rimase in uso per circa due secoli. La popolazione, proveniente dal Mar Baltico, era costituita da una stratificata e complessa organizzazione etnografica, che vedeva la compresenza di numerose tribù sparse nella celebre Germania Magna. Si trattava di un’area molto vasta ad est dell’antica provincia romana della Germania. In quei luoghi un particolare modo di acconciare le chiome maschili destò la curiosità dello storico Tacito. Egli ne fornì una essenziale descrizione indicandolo come segno caratteristico dei guerrieri, distinti così da quelli di altre popolazioni germaniche. Il nodo serviva altresì per assicurare che chi lo indossasse non fosse schiavo e dunque un uomo libero. L’acconciatura consisteva in un vero e proprio nodo che assicurasse le chiome raccolte lateralmente, indossata fino all’età senile per accrescere l’imponenza del proprio corpo ed incutere timore negli avversari di guerra. Talvolta, poi, i nobili potevano impreziosire la capigliatura con alcuni ornamenti.
La realizzazione del suebenknoten, così conosciuto in tedesco, era piuttosto semplice. Si trattava, infatti, di dividere la chioma, spesso lunga, in due sezioni e spostarle al lato del capo, dove sarebbero state assicurate con uno stretto nodo.
L’invenzione della ghigliottina
Attestazioni
Attualmente ne sono note alcune attestazioni, oltre all’apparato storiografico prodotto da Tacito. Nel 1948, infatti, venne rinvenuto in una torbiera di Osterbay, nella regione tedesca dello Schleswig-Holstein, un cranio maschile perfettamente conservato. Il soggetto è noto come Osterby Man e già ad una rapida occhiata colpisce per lo stato della chioma rossiccia. I capelli, probabilmente di un colore differente ed ormai mutato a causa di fattori tafonomici, sono raccolti in un saldo nodo suebo. L’uomo, vissuto probabilmente fra il 75 e il 130 d.C., riposa nelle sale del Museo Archeologico del castello di Gottorf, a Schleswig. Il ritrovamento fece talmente scalpore da indurre la città di Osterby nel 1998 ad inserire il nodo nello stemma comunale.
Quello di Osterby, tuttavia, non è l’unico esemplare conservato. Ad undici anni dal ritrovamento di Osterby Man emerse, nel 1959, un uomo, conosciuto come Dätgen Man, dall’omonima cittadina tedesca. Questa volta l’individuo conserva anche il corpo, dall’analisi del quale è stato possibile risalire alla causa di morte. Egli sarebbe stato accoltellato ed in un secondo momento decapitato, rimanendo poi nascosto per secoli in una fossa.
Le testimonianze dell’uso di questa rara capigliatura continuano, contemplando persino riferimenti iconografici. In merito è nota una piccola statuetta bronzea esposta nel museo romano di Vienna, oltre ad una splendida maschera in terracotta conservata a Londra, nelle sale del British Museum.
Le raffigurazioni sono giunte sino in Italia, dove guerrieri ornati dall’acconciatura figurano sulla Colonna Traiana, a memoria della conquista romana della Dacia, sul Sarcofago di Portonaccio, risalente al 180 d.C., e nell’anfiteatro romano di Pozzuoli.
Immagine di copertina, raffigurante l’Uomo di Osterby, realizzata da Bullenwächter e condivisa tramite Wikipedia.