L’antica Serrone. Storia di una popolazione che sconfisse Roma
Al riparo dei lussureggianti monti Ernici, in un tempo remoto, nell’attuale territorio di Serrone si stabilì una popolazione giunta da terre lontane. Gli Ernici edificarono un possente villaggio fortificato, in località Lesca, a difesa di Anagni, considerata da loro città sacra.
Le origini
Una delle prime attestazioni della popolazione appartiene a Strabone, che ne parla citandola fra i popoli vicini a Roma. Nell’occasione l’autore li distingue dai più noti Aborigeni. La loro origine appare dibattuta anche in antichità. Varrone racconta come il dux magnus condusse i Sabini in località montuose, dove acquisirono il nome di Ernici. La mensione, tuttavia, deve essere valutata con attenzione, vista la consuetudine dell’autore ad attribuire ai Sabini ruoli ben più centrali di quelli rivestiti nella storia d’Italia. Paolo Diacono, poi, nella sua epitome di Festo, ipotizza una provenienza marsica, così come lo Scoliasta Veronese, che ricorda come alcuni Marsi si siano stabiliti ad Anagni. Secondo queste ultime testimonianze sarebbe possibile ipotizzare un’origine sabellica. In ultimo persino Virgilio ne ricorda le gesta nella sua celebre Eneide. Essi compaiono nelle vesti di frombolieri, dotati di un solo calzare al piede sinistro, usanza ricordata anche da Macrobio e tipica fra gli Etoli.
Si pensa che possano essere giunti nell’alta valle del Sacco già all’inizio dell’età del ferro, divenendo così la più antica popolazione italica a stanziarsi nel Lazio. Lo stesso toponimo potrebbe indicare un legame con il territorio montano d’origine. Il termine, derivato probabilmente da herna, un lemma sabino per indicare la pietra, rievocherebbe le rocce montane situate sul limite orientale del territorio ernico. Al termine venne aggiunto il suffisso -co, comune anche ad altre tribù locali.
La capitale ufficiale dell’ethnos fu Anagni, ma la vera e propria città genetica fu Capitulum, nel cui nome compare difatti il termine caput, origine, punto di arrivo della prima grande migrazione.
La loro lingua non è, ancora oggi, molto conosciuta, ma in base a recenti studi è stato possibile avvicinarla a quella sud-picena, seppur con l’individuazione di termini osci. Se ne sono osservati anche tratti di profonda distinzione dal vosco e dal marso, cosa che ne denota un certo isolamento. A confermare le ipotesi giunge l’analisi del modello scrittorio, adottato entro la fine del VII a.C. e modellato sulla base di quelli etrusco e latino.
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Il legame con Roma
Ben presto gli Ernici entrarono nell’ombra dei Romani, in occasione della guerra combattuta contro Veio. Con l’ausilio dei Tuscolani, nel 672 a.C., il condottiero ernico Levio Cispio difese Roma dagli Albani e fu ricompensato con la titolatura del colle liberato dalla minaccia. Una parte dell’Esquilino divenne conosciuta, difatti, come Colle Cispio.
Pochi decenni dopo, intorno alla metà del VI a.C. nacque una Lega Ernica, per far fronte all’espansione di Volsci e Sanniti. Dell’allenaza facevano parte le principali città erniche, Alatri, Anagni, Ferentino e Veroli. Centri che, secondo la testimonianza di Dionisio di Alicarnasso, si unirono anche nel 530 a.C., quando Tarquinio il Superbo raccolse la fedeltà di quarantasette città italiche, di cui tredici sotto il controllo ernico. Il re, intento ad estendere la potenza di Roma in tutto il Lazio, istituì in onore degli alleati delle nuove feste, chiamate Ferie latine. Queste si svolgevano ogni anno nella cornice del Monte Cavo, nel Tempio di Giove Laziale.
Agli Ernici il Superbo fece ricorso anche in occasione della sua cacciata dal regno. Rifugiatosi fra gli Etruschi di Porsenna li pregò di aiutarlo a riconquistare il potere. Nel frattempo anche i romani si erano rivolti a loro, con la richiesta di mantenere fede all’alleanza. Gli Ernici decisero di sostenere il re spodestato, ma incontrarono presto la resistenza romana, nella figura del dittatore Aulo Postumio Albo Regillense. L’anno successivo subirono persino un’aspra sconfitta, nella battaglia del Lago Regillo. Schiacciati dalla potenza romana si allearono con i Volsci, meditando vendetta. Questo ne determinò l’individuazione, da parte di alcuni autori, come nemici di Roma. Un’importante testimonianza giunge da Dionisio di Alicarnasso, il quale riportando un discorso di Agrippa Menenio Lanato riferisce come egli li chiami, nel 493 a.C., proprio nemici di Roma. Difatti, negli anni, invasero più volte il territorio romano, portando terrore e devastazione. Mantennero, inoltre, per lungo tempo l’indipendenza, tanto che nel 486 a.C., poterono trattare alla pari con i Latini.
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La caduta
La fine della grande stagione di potere giunse nel 306 a.C., in occasione della ribellione di Anagni. La città era insoddisfatta delle misure adottate da Roma alla fine della Seconda guerra sannitica. I cittadini ribelli furono distrutti dai nemici, al seguito di Quinto Marcio Tremulo. Anagni divenne una praefectura e le altre città, Alatri, Ferentino e Veroli, non ribelli, dovettero stringere singoli trattati di alleanza con Roma.
Gli Ernici non compaiono nel novero compilato da Polibio delle popolazioni che nel 225 a.C. sarebbero state capaci di fornire truppe. In quel tempo, dunque, si immagina che non potessero essere distinti dal resto del Lazio e che avessero già acquisito la cittadinanza romana.
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