Atlit Yam, l’Atlantide e Stonehenge israeliana
Sono molti i luoghi che sono stati identificati come la mitica “Atlantide”, la città stato che Platone descrisse nel VI secolo e poi sprofondata in mare. Con questo articolo andremo alla scoperta di un sito archeologico sottomarino, uno dei molti, ma non meno importante.
Atlit Yam era un villaggio neolitico che sorgeva nell’odierno stato di Israele. Posto a circa 300 mt dalla battigia a una profondità variabile dagli 8 ai 12 m sotto il livello del mare, occupa una superficie di circa 65ettari. Circa 93 campi da calcio. Le rilevazioni fatte con il Carbonio 14 lo collocano tra il nono e il settimo millennio avanti Cristo. Significa che l’insediamento potrebbe avere non meno di novemila anni, fino a undicimila. Uno dei più antichi di sempre quindi.

Tra i vari reperti, spiccano in assoluto i monoliti disposti in cerchio, che ricordano la Stonehenge del Regno Unito. Un ritrovamento eccezionale che non può essere una semplice coincidenza e che dimostra come popoli del passato seppur lontanissimi siano riusciti ad entrare in contatto. Oppure un’altra ipotesi propende per una migrazione a lungo raggio. Un mistero al cui gli archeologi stanno cercando di dare risposta.

Durante l’ultima Era Glaciale, il livello dei mari salì di 120 metri, facendo sparire molti tratti costieri. Non è escluso dunque, che il sito non sorgesse in riva al mare, e che probabilmente nel fondale marino spingendosi oltre la costa si possano un giorno fare altri ritrovamenti di villaggi costieri.
Storia del ritrovamento
Dal 1960 circa, gli archeologi avevano iniziato a cercare relitti di epoca romana. Tuttavia nel 1984, l’archeologo marino Ehud Galili, si imbattè casualmente in resti più antichi di quelli che stava cercando. Immaginate la sua sorpresa, quando invece di trovare scafi di navi, si trovò di fronte a resti di case rettangolari e focolari. Uno di questi basamenti che era composto da muretti a secco, nel terrapieno era ricco di reperti. Manufatti di pietra macinata, ossa di animali, che vi sono stati gettati quando l’acqua del mare contaminò l’acqua dei pozzi rendendoli servibili solo come discariche.

Una società progredita quindi, che viveva in case di pietra e conosceva la ricerca dell’acqua. Ed era l’acqua dolce il culto di questo popolo. Il ritrovamento ppiù eccezionale è difatti il semicerchio composto da sette megaliti del peso stimato di 600 kg. Le pietre hanno segni di scolpitura e sono disposte intorno a una sorgente d’acqua potabile (ormai sommersa).

Altri ritrovamenti
Sono state scoperte dieci sepolture flesse, sia all’interno delle abitazioni che nelle loro adiacenze. Gli scheletri di una donna e di un bambino, rinvenuti nel 2008, hanno rivelato i primi casi noti di tubercolosi. Ami da pesca in osso e pile di lische di pesce pronte per il commercio o lo stoccaggio sottolineano l’importanza delle risorse marine.
Si pensa che gli uomini si siano tuffati per i frutti di mare, poiché sono stati trovati quattro scheletri con danni alle orecchie, probabilmente causati da immersioni in acque fredde.
Sono state rinvenute stele antropomorfe in pietra. I litici includono punte di freccia, lame a falce e asce.

Uno scavo è stato allestito dall’Università di Haifa il 1 ottobre 1987. Una sepoltura umana completa, in ottimo stato di conservazione, è stata scoperta sotto 10 m d’acqua il 4 ottobre con lo scheletro orientato in posizione flessa e adagiato sul lato destro . La successiva datazione al carbonio del materiale vegetale recuperato dalla sepoltura colloca l’età del sito a 9/11000 anni.
Sono state conservate anche ossa di animali e resti di piante. Le ossa di animali provengono principalmente da specie selvatiche. I resti vegetali includono semi di uva selvatica, papavero e cumino. I punteruoli del granaio indicano la presenza di grano immagazzinato. L’analisi dei pollini ed i resti di piante palustri indicano la locale presenza di paludi.
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