Il “De oratore” di Cicerone: la prima opera stampata a Subiaco e in Italia
Oggi possiamo consultare tutti i libri e i volumi che vogliamo. Le case editrici e le tipografe, infatti, provvedono a stampare e a rifornire le librerie a noi vicine. Questo, oggi, sembra scontato e lo è sicuramente, ma solo grazie a un’invenzione che ha rivoluzionato le nostre vite: la stampa a caratteri mobili.

Il “De oratore” di Cicerone: la prima opera stampata a Subiaco e in Italia
Inventata all’inizio dell’anno Mille in Cina, giunse in Europa grazie al tedesco Johannes Gutenberg che la introdusse presso le corti europee alla metà del Quattrocento ( 1453-1455). Fu un’invenzione straordinaria che cambiò per sempre il sapere umano e la sua diffusione. Quale fu però la prima opera stampata in Italia? Ebbene il primo libro stampato fu il De Oratore di Cicerone a Subiaco nel 1465.
La stampa a caratteri mobili giunse a Subiaco grazie a due monaci tedeschi che il Cardinale Nicola Cusano lì ospitò presso l’Abbazia di Santa Scolastica, essendo dovuti scappare da Magonza ( Germania). Arnold Swejnheim e Conrad Pannaratz erano, oltre religiosi, anche tipografi. Entrambi infatti avevano lavorato in diverse tipografie tedesche e quindi conoscevano molto bene il nuovo strumento, tanto da portarlo con sé in Italia. Scelsero Subiaco naturalmente; innanzitutto l’invito del Cardinale era rivolto per la loro permanenza alla nota Abbazia di Santa Scolastica.

Inoltre, sia quella di Santa Scolastica sia quella del Sacro speco avevano un vivace scriptorium; un ambiente intellettualmente stimolante, dove erano ricopiate le opere di maggior pregio religioso, storico e letterario. L’introduzione della stampa permise, però, di ampliare e velocizzare la produzione di opere libraie; già, infatti, poco dopo il loro arrivo, dettero avvio alla produzione di un oggetto che, allora come oggi, è di un enorme preziosità: De Oratore di Cicerone. Fu questa la prima a essere stampata come libro vero e proprio, nonostante prima fosse stato dato alle stampe anche Donatus Pro Puerulis, ossia la grammatica latina di Elio Donato, ma fu l’opera ciceroniana ad avere le fattezze di un libro.
Un dialogo platonico sulla funzione dell’oratoria
Il De Oratore di Cicerone è tra le sue opere più note. Scritta tra il 55 e il 54 a. C ed è strutturato in tre libri. L’oratore romano ha calato la retorica, materia che altrimenti rischiava di essere troppo tecnica, nella forma del dialogo, in particolare in quello platonico.

In questo modo, lo ha reso fruibile anche a chi non era avvezzo a questa disciplina, tanto che il modello di partenza fu il Fedro di Platone. In De Oratore, Cicerone inserisce una serie di personaggi che gravavano intorno all’ambiente intellettuale dove si era formato.
Sono due i protagonisti di questo intenso dialogo: Marco Antonio e Licinio Crasso, che riuniti nella villa tuscolana, ragionano sulla funzione della retorica e sul suo futuro. Cicerone, però, affronta attraverso il loro punto di vista, anche un altro punto chiave: la funzione dell’oratore. Se il primo ( Marco Antonio) incarna una posizione più comune dell’epoca, che vede nell’oratore una specialista delle parole. Il secondo ( Licinio Crasso) dichiara una funzione morale del verbo e della parola, le quali hanno una funzione civilizzatrice e sociale. È innegabile quindi come quest’opera abbia ancora un’attualità molto forte. Non è un caso che sia stata proprio questa a essere stampata nel 1465 a Subiaco.
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