Arsia, un progetto fascista
Durante il Ventennio Fascista sono stati tanti i piccoli e grandi centri urbani costruiti per volere del nuovo potere costituito. Uno in particolare sorse in appena un anno e mezzo in base ad un progetto architettonico firmato dallo studio Pulitzer di Trieste.
Arsia nacque come centro a preminente carattere minerario, il primo a cui poco dopo fece seguito Carbonia, città con la quale tutt’ora è gemellata. L’inaugurazione ebbe luogo il 4 novembre del 1937, quando venne presentato il nuovo abitato di impostazione razionalista.
L’organizzazione cittadina
Le abitazioni furono realizzate in una zona appena bonificata, nella valle del torrente Carpano, affinché gli operai impiegati nelle vicine miniere di carbone potessero insediarsi con le rispettive famiglie. Al fine di rendere il luogo più accogliente furono progettati e realizzati anche numerosi servizi. Sorsero alcune scuole, un cinema, un ufficio postale, una struttura ospedaliera e persino un albergo. Nel cuore del villaggio fu edificata anche una chiesa, titolata a Santa Barbara, la protettrice dei minatori. Il progetto della struttura, firmato dallo stesso studio autore dell’intera città, era innovativo e ricalcava un carrello da minatore, affiancato da un campanile a forgia di lanterna.
Il comune sorse nel pieno dell’Istria e fu immediatamente vittima di uno sfrenato sfruttamento minerario. I lavori di estrazione raggiunsero livelli così intensivi da provocare persino numerosi incidenti. Il peggiore si verificò nel 1940, nel pieno della Seconda guerra mondiale. Il 28 febbraio di quell’anno persero la vita quasi duecento persone e altrettante rimasero ferite. Il terribile evento, tuttavia, rimase quasi del tutto sconosciuto a causa della decisione della stampa di non farne alcune menzione.
Pochi anni dopo, fra il 1943 ed il 1945, la città divenne sosta per una guarnigione nazista, che se ne appropriò. Il controllo tedesco, tuttavia, cadde sotto le armi dei partigiani jugoslavi.
L’esodo
Al termine della guerra la maggior parte delle famiglie italiane residenti ad Arsia lasciarono la città, per tornare in patria. L’evento fu ricordato come l’esodo giuliano dalmata o esodo istriano. Si trattò di una massiccia emigrazione forzata dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia, che riguardò fra i 250.000 e i 350.000 cittadini di nazionalità e lingua italiana. L’allontanamento dalla terra natia accadde in seguito al terribile massacro delle foibe, che coinvolse migliaia di cittadini italiani fra militari e civili autoctoni di Venzia Giulia, Quarnaro e Dalmazia. Gli omicidi avvennero durante e immediatamente dopo la fine del secondo conflitto mondiale, per mano dei partigiani jugoslavi dell’OZNA. Il centro ricadde sotto il dominio iugoslavo, costituito ormai da un vero e proprio regime comunista. I territori interessati dall’esodo, oltre la Dalmazia, infatti, furono ceduti dall’Italia alla Jugoslavia attraverso il trattato di Parigi.
Attualmente la città si trova in area croata e conta poco più di 3.000 abitanti, di cui appena una cinquantina italiani. La vocazione estrattiva sembrerebbe ormai un ricordo, essendo state dismesse le miniere agli albori degli anni ’90, precisamente nel 1992.
Immagine di copertina tratta da Wikipedia – foto ad opera di Alessandro Vecchi