Eroi dimenticati. Nazario Sauro

Nella lunga storia del Bel Paese molte sono state le personalità celebri che ancora oggi tornano alla mente di ciascun cittadino. Fra poeti, grandi personaggi politici e di cultura ne rimangono alcuni di cui ormai la memoria si perde nelle pieghe del passato.

Nato a Capodistria nel 1880 Nazario Sauro fu comandante marittimo, irridentista e patriota, lottando per la patria fino alla sua prematura morte nel 1916, nel pieno del primo grande conflitto che scosse il mondo intero.

Cittadino istriano, quando ancora l’Istria giaceva sotto il controllo dell’impero Austro-ungarico, crebbe a bordo delle navi con il padre. Fu proprio il genitore a fargli abbandonare gli studi, visto il carattere ribelle del giovane e gli scarsissimi risultati scolastici. Quello verso il mare fu un vero e proprio amore, tanto che a soli 24 anni ottenne il diploma di capitano marittimo di grande cabotaggio alla Scuola Nautica di Trieste.

Prestò servizio per molte società private, giungendo nel 1910 alla Società cittadina di navigazione a vapore di Capodistria. Sotto la bandiera della società capodistriana comandò numerosi piroscafi e si dedicò largamente al trasporto di bauxite e carbon fossile fra il bacino del fiume Ausa e Trieste, oltre che Ravenna Ancona, Chioggia e Bari.

In quel periodo ebbe occasione di conoscere, durante le lunghe traversate, molti irridentisti, che saranno fondamentali per l’evoluzione della sua vita. Raccolse, inoltre, preziose informazioni sulla conformazione dei porti sfruttati dagli austriaci, con la speranza di poter, un giorno, fornire aiuto alle milizie italiane.

Divide et Impera, le origini del motto

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La fede politica

La fede politica fu di fondamentale importanza nell’evolversi della vita del giovane Nazario. Di famiglia popolare si avvicinò in gioventù al socialismo, staccandosi con il passare del tempo dalla sua versione internazionalista. Il passo successivo fu la democrazia di stampo mazziniano, ormai più vicina agli ideali maturati con l’età adulta. Egli, infatti, vedeva nella guerra contro l’impero Austro-ungarico la soluzione alla sottomissione di Trieste e dell’Istria, oltre a ravvisarvi la possibilità di sviluppo di ideali democratici per l’Europa intera. Nello stesso periodo si andò configurando nella sua mente anche l’ideale di unità nazionale, che vedeva Trento, Dalmazia e Istria entrare a far parte della neo-costituita nazione Italia.

In molte occasioni Nazario Sauro darà voce al sentimento di opposizione verso il controllo asburgico dei territori in cui aveva trascorso la sua vita. Sarà proprio questa volontà di ribellione a condurlo, nel 1913, ad opporsi non solo alla compagnia di trasporti marittimi per la quale prestava servizio, ma persino al governo marittimo di Trieste. Il casus belli fu l’emanazione, il 21 agosto dello stesso anno, dei decreti Hohenlohe. Questi ultimi, varati dal governatore di Trieste, imponevano alle società e agli enti pubblici locali di licenziare tutti i dipendenti che non fossero risultati sudditi austriaci. La sua forte opposizione a questi provvedimenti definiti “legge anti-italiana” gli sortì numerosi richiami e persino la perdita del posto di lavoro presso la Società di Navigazione.

La militanza

Allo scoppio della Prima guerra mondiale il giovane Nazario lasciò Capodistria alla volta di Venezia, dove sostenne la guerra contro l’Austria al fianco di altri esuli. Fu anche informatore, attività per lui estremamente rischiosa, essendo cittadino austriaco passibile di capestro qualora fosse stato scoperto. Proprio per esigenze di riservatezza coinvolse anche il figlio Nino, il quale si impegnò nel trasportare passaporti falsi presso il Consolato italiano a Trieste. Per lui giunse persino un riconoscimento ufficiale da parte del sovrano italiano, il quale gli conferì una medaglia al valore militare nel 1921.

L’evoluzione naturale della militanza di Sauro fu l’arruolamento, come volontario, nelle fila della Regia Marina. Con il ruolo di tenente di vascello partì per Venezia, da dove ebbe modo di compiere varie azioni in territorio istriano.

In quel periodo non ebbe solo il merito di proporre nuove incursioni in territorio istriano, ma ideò anche una boa-vedetta ad uso bellico, che si rivelò di fondamentale importanza nella sorveglianza della flotta nemica.

Doha, una città giovane

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La condanna e la morte

Il suo grande coraggio fu bruscamente osteggiato nel 1916, quando, imbarcato a bordo del sommergibile Giacinto Pullino fu catturato dalle forze nemiche sul cacciatorpediniere Satellit.

Nei giorni successivi subì un processo presso il tribunale della Marina austriaca di Pola. Riconosciuto da alcuni concittadini venne condannato al capestro con l’accusa di alto tradimento. A niente valsero i tentativi della madre, che durante un confronto con l’amato figlio mentì sulla sua identità, nella speranza di salvargli la vita. L’impiccagione si tenne a Pola il 10 agosto dello stesso anno.

La notizia della sua morte tardò a diffondersi in Italia, tanto che persino la famiglia, ormai residente a Venezia, ne venne a conoscenza solo il 28 agosto.

In suo cordoglio giunse il pensiero del poeta abruzzese Gabriele D’Annunzio, che in una conversazione con Giuseppe Stringari dichiarò di volerne rendere grande la memoria.

Con il finire del conflitto bellico la Marina italiana riuscì a recuperare la salma dell’irridentista e gli donò degna sepoltura il 26 gennaio 1919 nel cimitero di Marina di San Policarpo a Pola, divenuta ormai territorio italiano.

Post-mortem non solo gli fu conferita la medaglia d’oro al valore militare alla memoria dal re Vittorio Emanuele Secondo, nel 1919, ma sorsero anche numerosi monumenti in suo onore.

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