Le navi prigione, carceri galleggianti ancora esistenti
La storia delle navi prigione affonda nell’antichità, ma un uso massivo se ne ebbe a partire dal 1700 circa. Diverse nazioni si sono avvalse delle navi prigione (hulk) , ma la Gran Bretagna è lo stato che ne ha fatto un uso più diffuso.
La nave prigione non va confusa con la galea o galera, alla quale i prigionieri erano vincolati con il lavoro forzato ai remi. Le navi prigione erano delle prigioni a tutti gli effetti, intesi come luogo di detenzione. In Gran Bretagna tra il XVIII e il XIX secolo furono 40 le navi convertite per questo uso. Tra queste menzioniamo le più famose, come la HMS Warrior, nave prigione di Woolwich, nel 1840. La Dromedary a Bermuda ed altre a Gibilterra, Antigua, o al largo di Brooklyn nella Wallabout Bay. Nota anche la HMS Agenta, posta in servizio a Belfast Lough in Irlanda del Nord. Quest’ultima fu usata per imprigionare i cattolici irlandesi nel periodo del Bloody Sunday nel 1920.

Nella storia
Durante la Guerra di Indipendenza Americana si fece un largo uso di queste navi per imprigionare i coloni americani. Molti di essi morirono sulle navi prigione britanniche, superando quanti ne erano morti in combattimento Le ragioni erano da imputarsi a negligenza intenzionale. Le navi erano sovraffollate, l’acqua era inquinata e se scoppiava una qualsiasi epidemia a bordo non c’era modo di sfuggire al contagio.
Celebre è la testimonianza di Robert Sheffield di Stonington, nel Connecticut, che riuscì a evadere da una nave prigione nel 1778.
Egli narra che:
“Il calore era così intenso che (con il sole che picchiava tutto il giorno sul ponte) erano tutti nudi, il che era utile anche per liberarsi dei parassiti, ma gli ammalati venivano divorati vivi. Le loro espressioni contagiose e i loro sguardi spettrali erano orribili; alcuni imprecavano e bestemmiavano; altri piangevano, pregavano, e si strizzavano le mani; e inseguivano fantasmi; altri deliranti, si agitavano furiosamente, — tutti smaniavano per respirare; alcuni morti, e in via di decomposizione. L’aria era così fetida che a volte la lampada non poteva rimanere accesa, per il motivo che i corpi non venivano rimossi finché non erano morti da dieci giorni.”

Le navi prigione furono usate dai britannici anche durante le guerre napoleoniche. Le condizioni di vita a bordo, umilianti e disdicevoli, erano usate dai francesi come mezzo di propaganda contro i britannici. Furono diverse le pubblicazioni delle memorie dei prigionieri sopravvissuti che iniziarono a circolare.
Uso britannico per prigionieri comuni
Il primo utilizzo da parte dei britannici delle navi prigione per accogliere non detenuti di guerra, ma criminali comuni avvenne con la Tayloe nel 1775. La nave venne ormeggiata sul Tamigi per accogliere i criminali comuni che fino a prima venivano deportati nelle Americhe, ma che non era possibile fare durante la Guerra di Indipendenza. I primi detenuti arrivarono a gennaio del 1776, ma l’incarcerazione fu breve perchè fu concessa l’amnistia a chi si arruolava nella Marina o nell’Esercito. Nel giro di un anno tutti i prigionieri erano stati arruolati e il contratto d’affitto con l’armatore cessò.
La flotta sul Tamigi
Sempre nel 1776, il governo britannico decise di allestire una flotta di navi prigione lungo il corso del fiume Tamigi. La nuova legge prevedeva di convertire la deportazione nelle Americhe con una incarcerazione da 3 a 10 anni ai lavori forzati a bordo delle navi. Le navi in questione erano tre, con una popolazione di 510 detenuti tra il 1776 e il 1779.
Le condizioni di vita a bordo erano deprecabili e il tasso di mortalità inevitabilmente molto alto. I detenuti dormivano in cuccette lunghe 1,8 mt per 46 cm di larghezza. Il cibo era pessimo e prevedeva biscotti e zuppa di piselli, integrati una volta a settimana da una razione di guancia di bue e due volte a settimana porridge, pane e formaggio. Le condizioni igieniche erano precarie e non esistevano alloggi di quarantena per sistemare i prigionieri ammalati. Nel 1777 si diffuse un’epidemia di tifo che nel giro di sette mesi uccise 176 detenuti su una delle navi.

L’anno seguente a seguito dell’epidemia, una delle navi venne convertita a nave accettazione. Qui i prigionieri venivano lavati e gli venivano assegnati abiti puliti. Inoltre rispettavano un periodo di quarantena di 4 giorni prima di essere trasbordati su una delle navi prigione. Se un detenuto fosse stato ammalato sarebbe rimasto a bordo della nave accettazione fino alla guarigione o alla morte. Furono aumentate le razioni di pane e carne e fu introdotta anche verdura fresca nel rancio dei detenuti. Una delle navi fu modificata per ampliare lo spazio a disposizione per il riposo notturno.
I prigionieri continuarono a morire a bordo, ma con percentuali decisamente inferiori agli inizi.
Altre guerre e altre nazioni
La Gran Bretagna fece uso delle navi prigione anche durante la Prima Guerra Mondiale e la Guerra Civile Russa. Durante la Seconda Guerra Mondiale, anche la Germania Nazista sfruttò l’idea, riunendo una piccola flotta di navi prigione nel porto di Lubecca, dove internare i soldati nemici catturati. Erano le navi passeggeri Cap Arcona e Deutschland ed i mercantili Thielbek e Athen. Purtoppo il destino di queste imbarcazioni riconvertite fu crudele. La RAF, l’aviazione britannica bombardò il porto il 3 maggio 1945 affondando anche le navi prigione. Moltissimi prigionieri morirono uccisi dai loro stessi alleati, altri furono sterminati dalle SS che cercavano di impedirne la fuga.
Usi contemporanei

Augusto Pinochet, il dittatore cileno, usò dal 1973 al 1980 la Esmeralda per internare prigionieri politici. Sarebbero almeno cento le persone che vi sono state detenute.
Nelle Filippine, nel 1987, una nave prigione venne creata appositamente per il golpista Gregorio Honasan, che però riuscì a evadere dopo aver convinto l’equipaggio ad unirsi alla sua causa.
In Irlanda del Nord la britannica HMS Maidstone fu usata negli anni ’70 per internare i paramilitari repubblicani o persone sospettate di avere legami con essi. Sempre il Regno Unito nel 1997 trasformò in prigione la HMP Weare fino al 2006 per contrastare il sovraffollamento delle carceri a terra.

Gli Stati Uniti dal 1992 ad oggi hanno a disposizione il Vernon C. Bain Correctional Center. Ovvero una enorme chiatta prigione gestita dal Dipartimento Correttivo di New York City, messa come integrazione dell’isola carceraria di Rikers Island.
Nel 2008 pesanti critiche furono mosse dal The Guardian, che rivelò che le forze armate statunitensi detenerebbero persone legate al terrorismo su navi da guerra, tra cui la Bataan e la Peleiu. Ci fu inizialmente una smentita dalla US Navy, che poi nel 2011 ammise di detenere prigionieri a bordo di navi da guerra e di avere il diritto di farlo. Nel 2009 il ponte principale della nave logistica USNS Lewis and Clarck è stato trasformato in una prigione militare dove detenere i pirati somali, in attesa di estradizione in Kenya per i processi penali.
Commenti recenti