Il brigante Corbeddu Salis, che schiaffeggiò un carabiniere

Giovanni Corbeddu Salis è stato tra i banditi più noti e leggendari della Sardegna. Ancora oggi il suo nome è ricordato dalle generazioni più anziani dell’isola italiana. Per lo più, in questi ultimi anni numerosi studiosi di storia locale si sono interessati a questa figura così controversa. Ma chi era davvero Corbeddu Salis?

Il brigante Corbeddu Salis, che schiaffeggiò un carabiniere

Nato a Oliena nel 1844 in un’ umile famiglia di pastori, oggi è noto come il “Re della macchia”; un nomignolo dovuto sia alla sua lunga latitanza sia al rispetto degli altri banditi che lo consideravano il loro capo. Dopo un’infanzia trascorsa ad aiutare il padre, la “carriera criminale” del bandito inizia con il furto presunto ( oggi e secondo una recente rivalutazione l’accusa era infondata) di un bue, per cui venne accusato e condannato a molti anni di galera. E proprio per questo che Corbeddu inizierà una lunga latitanza, durante la quale però non rinuncerà ovviamente a compiere altri crimini, come rapine, estorsioni e sequestri a fine di riscatto.

Tra i resti più noti ci fu quello a danni del comandante dei Carabinieri di Sassari, Michele Angelo Giorgio Spada. Il comandante, originario di Pesaro, era in prima linea contro la lotta al banditismo. In varie occasioni, si vantò pubblicamente di aver arrestato numerosi criminali e per questo di aver debellato questo fenomeno in Sardegna. Spada, infatti, aveva convinto molti banditi a costituirsi con la promessa di uno sconto di pena che, però, non arrivò mai. Alla delusione della  promessa di Spada, i parenti dei criminali si rivolsero a Corbeddu per vendicare il torto subito e il “Re della Macchia” prese subito a cuore la questione.

Giovanni Corbeddu Salis. WIkipedia.
L’assalto al comandante dei Carabinieri

Decise dunque di assaltare la diligenza in cui era il comandante, ma non per ucciderlo, bensì per rapinarlo. L’intento  era quello di fargli comprendere il grave torto che aveva fatto nei confronti delle famiglie delle persone arrestate. Quest’ assalto era dunque un vero e proprio atto di sfida da parte di Corbeddu verso tutti coloro che erano parte dell’autorità. Rubò a Spada la propria sciabola di “servizio” e il suo coltello che tenne sempre con sé fino al giorno della morte e su cui era incisa la frase “Viva il re di Sardegna”. Inoltre, schiaffeggiò il comandante per rimarcare, se mai il furto non fosse bastato, il suo atteggiamento di sfida.  Era un atto di provocazione verso tutto il corpo dei Carabinieri che dimostrava come il banditismo fosse tutt’altro che debellato.

Supramonte di Oliena. Foto di Rafael Brix. Wikipedia

Molti lo ritennero un uomo di grande saggezza. Fece da mediatore, dopo la richiesta di sostegno da parte delle autorità, per il rilascio di due commercianti frances, sequestrati nella zona tra Seulo e Artizo. Si racconta, inoltre, che fosse un uomo molto religioso: portava sempre con  sé la Bibbia che leggeva la sera prima di addormentarsi. Nonostante la sua sagacia, è innegabile che passò la sua vita a compiere crimini tanto da vivere la maggior parte della sua esistenza in latitanza. Il suo rifugio si trovava in una grotta naturale nel Supramonte di Oliena. Oggi la grotta porta suo nome e nella quale gli archeologici hanno rinvenuto reperti prestorici, alla quale accedeva attraverso un piccolo pertugio, che poi ricopriva con un masso, per poi passare attraverso un cunicolo verticale.

Grotta Corbeddu. Foto di kikinu. Wikipedia.

Nel 1898, dopo ben diciotto anni di latitanza, i Carabinieri scovarono il suo rifugio. Non si ancora come lo abbiamo scoperto, forse per una soffiata. Le guardie circondarono la grotta e ne scaturì uno scontro a fuoco, in cui fu ucciso mentre tentava la fuga insieme a un altro bandito e un pastore di quindici anni, il quale rimase anche lui assassinato.