«L’arte è necessaria»: intervista al pittore Ernesto Gentilini, trebano d’adozione.

Mi capita spesso, guardando un quadro o leggendo un libro, di pensare alla persona che ha creato quella fatica culturale. E, quindi, ritengo sempre un privilegio poter entrare in contatto con loro ed è quello che ho pensato durante l’intervista, che si è svolta il 7 giugno, con Ernesto Gentilini, noto pittore laziale.

Immagine gentilmente concessa da Ernesto Gentilini.

Originario di Subiaco, oggi abita a Trevi nel Lazio, dove collabora attivamente con progetti artistici. Fin da bambino, è attratto dal disegno; passione che lo porterà a viaggiare per tutta Europa. Torna in Italia all’inizio degli anni ‘60 e subito è inserito negli ambienti culturali trebani. Realizza la sua prima mostra pittorica nel 1970 a Roma e poi nel 1972 a Cremona. Da qui, riesce ad allestire anche una mostra in Venezuela nel Museo San Felipe Yaracuy, dove sono conservate alcune sue opere. Altre, invece, si trovano, oltre che in collezioni private, anche nella Sagrada Familia a Barcellona, in Spagna.

Intervista al pittore Ernesto Gentilini

La sua passione per l’arte l’ha avuta fin da bambino o è esplosa tardivamente? «Forse una predisposizione c’era anche da bambino. Ricordo che a scuola mi piaceva molto il disegno. È emersa però intorno ai 18/19 anni da un’esigenza vitale. Ero in Inghilterra e facevo un lavoro di cucina, quando, passeggiando per le vie di Londra, ho notato alcune persone che esponevano le loro opere. Allora mi chiesi: perché non posso farlo anch’io? Acquistai tutto il necessario e iniziai così, sebbene avessi già fatto alcune opere. E alla vendita del primo quadro, mi resi conto che mi rendeva felice fare arte».

Immagine gentilmente concessa da Ernesto Gentilini.

Curiosando nella sua biografia, ho notato che ha viaggiato molto. Quale paese le ha offerto di più artisticamente? «Subito dopo l’Inghilterra, ho iniziato a viaggiare perché sentivo la necessità di conoscere altri pittori contemporanei. Non posso scegliere perché tutti mi sono restati dentro; viaggiavo per conoscere i pittori attuali che emergevano insieme a me. Ero, quindi, alla ricerca delle loro opere nuove, essendo stati il mio primo punto di riferimento artistico».

Ho notato che nei suoi dipinti, la luce ha un ruolo fondamentale, come fosse un perno. Che ruolo attribuisce a questo elemento? «Assolutamente vero perché la luce non è soltanto la luce, ma contiene un pulviscolo che è nutrito da vari tipi di natura. La mia osservazione va oltre il suo concetto classico: esistono nature invisibili ad esempio. Ogni tipo ha le sue energie primarie cui attribuisco varie sensazioni sia negative sia positive. La luce, quindi, penetra nei contenuti dei quadri, che si manifesta nelle pennellate che fluttuano come se fosse la luce stessa a creare. È come un vento che raccoglie voci».

Immagine gentilmente concessa da Ernesto Gentilini.

Riguardo ai suoi quadri, le figure umane sono spesso solitarie e fuse con la natura circostante. Deduco quindi che creda molto nel rapporto uomo-natura, è corretto? « Sì. Nei miei quadri l’aria e la luce intessono un dialogo che rappresento con pennellate sinuose e volteggianti. Questo è voler raccontare l’osservazione di questo passaggio con l’essere umano che voglio proporre, non in forma fisica, bensì metafisica con una percezione trascendente. E di questo dialogo oggi siamo in difetto; lo noto in pochissimi casi e in modo impercettibile. Invece, io lo voglio urlare forte».

Nel 2017 ha realizzato una mostra dal titolo “Il Mondo salvato dai colori”, un titolo che cattura. «Il titolo è stato dato dal curatore che ha visto in quei quadri, un’esuberanza di speranza». Mi collego alla speranza, quale ruolo ha oggi l’arte? «Credo ancora che l’arte possa aiutarci in questo mondo così complicato perché è vedere qualcosa che va aldilà del reale e che ci sfugge. Non so dove ci porterà, però l’arte è necessaria come la letteratura».

Immagine gentilmente concessa da Ernesto Gentilini.

A un certo punto della sua carriera, ha sperimentato anche la scultura. «Ho fatto diversi lavori con altri materiali, come il ferro, il bronzo, la pietra e il marmo. Volevo capire se riuscivo a proporre lo stesso tipo di risultato. Ho realizzato, infatti, recentemente qui agli Altipiani, “Il Ciclo della luce” che consta di più di dieci sculture. E questo mi ha dato una soddisfazione nuova rispetto alla pittura».

Una corrente artistica, un pittore o un autore che ha nel cuore? «Sono stato amico di scrittori, come Stefano D’Arrigo e ho apprezzato molto le opere di Mario Schifano».