Isole veneziane. San Lazzaro degli Armeni, uno scrigno di inestimabile valore

L’isola di San Lazzaro degli Armeni è uno dei primi centri al mondo di cultura armena. Si tratta di una piccola isola a una ventina di minuti di vaporetto da piazza San Marco. Nell’isola c’è un monastero, dell’ordine dei Mechitaristi, che è diventato un luogo di pace e di distacco dal mondo, vi si installarono nel 1717.
Il Monastero ebbe molte vicissitudini. Nell’ IX secolo, infatti, era stato scelto come sede dei benedettini di Sant’Ilario ma poi, fu utilizzato come lebbrosario. Il nome di Lazzaro, da lazzaretto (lebbrosario) si deve proprio al ruolo svolto nell’epoca. Nel ‘500 fu usato come alloggio per malati e poveri e nel secolo successivo fu rifugio per i domenicani espulsi da Creta, dopodiché il luogo rimase disabitato e abbandonato. Poi la Repubblica di Venezia donò l’isola ai monaci armeni che erano in fuga dalle persecuzioni dei turchi.

San Lazzaro degli Armeni è un’isola monastero di soli 7.000 m². Si trova vicinissima al Lido. Si racconta che il poeta Lord Byron ci andasse a nuoto. Difficile da credere, comunque Lord Byron è stato uno studioso della cultura Armena. Sull’isola monastero si applicò a imparare la lingua armena per tre anni. La sua stanza oggi fa parte del museo.

Lo stesso Napoleone, classificando la congregazione come accademia di scienze, la risparmiò dal triste destino di soppressione toccato agli altri ordini religiosi. San Lazzaro degli Armeni è uno scrigno di inestimabile valore per questo è sopravvissuto, in virtù della sua eccezionale produzione scientifico-letteraria.

Sulla piccola isola è presente unicamente un monastero. Qualche decina di monaci ha trasformato San Lazzaro degli Armeni in un eremo della cultura e dell’arte. Si tratta di una congregazione cattolica di formazione recente. Si chiamano così perché l’ordine religioso fu fondato nel XVIII secolo da Mechitar, un monaco benedettino armeno.
La comunità armena custodisce un impressionante patrimonio culturale raccolto e prodotto nel corso dei decenni. La raccolta di manoscritti custoditi nella biblioteca dell’isola è un tesoro sconosciuto ai più.

Lo stesso vale per la marmellata di rosa damascena, (la rosa di Damasco è molto utilizzata anche in profumeria. E’ apprezzata soprattutto per le sue virtù cosmetiche). Ma qui nel monastero i monaci la usano per una delicata e fragrante marmellata. Infatti una zona dell’isola che un visitatore dovrebbe assolutamente vedere è il colorato roseto dove i monaci raccolgono i petali dei fiori che usano per produrre, appunto, la profumata Vartanush, marmellata a base di rosa.

Il monastero ha una propria tipografia interna dove continuano a produrre cultura di grande valore. Nella biblioteca sono conservati manoscritti rarissimi. Inoltre si conservano molte opere artistiche donate da fedeli e devoti. Tra le meraviglie da non perdere le tele del Tiepolo, una candida scultura del Canova e una singolare mummia egiziana.

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