L’Eccidio della colonna Gamucci, una strage partigiana

Premessa

Durante la Seconda Guerra Mondiale, sono molti i crimini di cui l’umanità si è macchiata indelebilmente. Dallo sterminio perpetrato dai nazisti nei confronti della popolazione ebraica, di etnie rom e degli omosessuali, ai bombardamenti indiscriminati degli Alleati sui civili inermi. Poi c’è la storia nascosta, quella che è rimasta sotto la sabbia per mezzo secolo e che sta emergendo soltanto negli ultimi 30 anni.

Le stragi e i crimini commessi dai partigiani sono innumerevoli. Sia da parte dei partigiani italiani, che quelli jugoslavi, tristemente noti per gettare nelle foibe gli italiani indipendentemente se fascisti o meno.

In questo articolo porteremo a conoscenza il lettore di una strage compiuta dai partigiani albanesi. Un genocidio poco conosciuto, che ha visto l’eccidio di 111 soldati italiani fatti prigionieri.

La ritirata degli italiani

Tutto ebbe inizio con l’armistizio dell’8 settembre 1943. In Albania era stata schierata la IX Armata italiana, la quale non ricevette comunicazioni su quale atteggiamento avrebbe dovuto tenere con gli ex alleati tedeschi presenti nel paese balcanico. Questo diede vantaggio ai reparti nazisti che occuparono la costa in sole 48 ore. Gli italiani comandati dal generale Lorenzo Dalmazzo invece che arrendersi agli Alleati si consegnarono alle truppe germaniche, avendo garantita l’evacuazione ferroviaria dal nodo di Bitola in Bulgaria.

Carabiniere Reale in uniforme

Giulio Gamucci, che era colonnello e comandante della Legione Carabinieri di Tirana (circa 2000 uomini), lasciò la città alle 5 di domenica 19 settembre del ’43. Gli italiani sotto la scorta dei tedeschi marciarono verso Elbasan e il Passo di Krrabbes. Gli ufficiali si spostavano su veicoli motorizzati ed attesero ad Elbasan i soldati che giunsero a piedi.

Il 24 settembre riuniti gli ufficiali ai soldati la colonna ripartì da Elbasan verso Bitola, ma lungo il tragitto, dopo il bivio di Qukes trovarono sbarrata la strada da alcuni massi fatti rotolare dai partigiani albanesi. I partigiani catturarono la colonna, che seppur disponesse di armi leggere, non oppose alcuna resistenza. Gli italiani confidavano che sarebbero finiti in qualche campo di internamento gestito dagli Alleati.

Gli albanesi erano comandati da Kadri Hoxha, che fece deviare la marcia della colonna lungo un sentiero che lasciava a destra Pishkash e proseguiva fino al villaggio montano di Skorska. Qui vi si fermarono per un giorno a riposare il 25 settembre. Ma il giorno successivo la marcia forzata riprese verso il Perroi Bishtric, salendo la sommità del Guri Stafes. Guadarono il torrente Zalli Qarishtes, arrivando a Lunik il 1 ottobre. Il giorno seguente i prigionieri giunsero alla base partigiana di Cerminike dove erano stati già concentrati altri italiani.

L’eccidio della colonna Gamucci

Nella colonna erano presenti 10 ufficiali e 110 carabinieri. Gli ufficiali furono separati dalla truppa. Poco prima del 15 ottobre, il comando della LNC giunse alla decisione di dover uccidere tutti i carabinieri e anche gli ufficiali. Secondo le testimonianze alla riunione che si era tenuta erano presenti il generale italiano Arnaldo Azzi Comandante dell’Armata Est in Albania, alcuni ufficiali inglesi. Inoltre Enver Hoxha Segretario Generale del LNC, il comandante della 1° brigata partigiana Mehmet Shehu e l’inviato del Partito Comunista jugoslavo Dusan Mugosa.

Nel corso della riunione si decise che i carabinieri sarebbero stati spogliati di ogni avere e vestito per equipaggiare i partigiani e che i prigionieri sarebbero stati passati per le armi. Inoltre fu convenuto che l’operazione sarebbe rimasta segreta per non incrinare i rapporti con gli Alleati che rifornivano i partigiani di vettovaglie e armi.

Il colonnello Gamucci venne prelevato dalla sua residenza a Zdranjsh il 16 ottobre, con l’inganno che avrebbe dovuto guidare i suoi uomini a Burrell. Altri ufficiali furono fatti evacuare il 1 novembre. I carabinieri furono condotti nella località di Fushe Gurra a 5km da Orenje. I prigionieri denudati furono suddivisi in 5 gruppi e fucilati da distanza ravvicinata, i corpi furono lasciati a lungo abbandonati per essere sbranati dai lupi e dai cinghiali.

La testimonianza dei particolari dell’eccidio si ha grazie all’autiere Mario Errico, unico sopravvissuto alla strage, che rese ufficiali dichiarazioni il 5 gennaio 1946.

Kadri Hoxha vantò quel giorno di aver ucciso personalmente 17 carabinieri. Ma il suo futuro non fu roseo. Forse proprio per eliminarlo come testimone scomodo del massacro, che nel 1944 venne incarcerato per 46 anni con l’accusa di “attività contro lo stato”. Hohxa lasciò un diario di memorie che però non fu mai fatto pubblicare.