Il brigantaggio: la vita del bandito Donatelli

L’Unità d’Italia è stato sicuramente un traguardo politico e civile, ma ha comportato di per sé anche problemi sociali: dalla lingua italiana che, nel 1861, era conosciuta da pochissimi. La maggior parte, infatti ,dei “nuovi italiani” era, non solo analfabeta o semi alfabetizzata, ma parlava solo il proprio dialetto e questo rendeva impossibile l’unità linguistica del paese, rendendo dunque impraticabile la coesione che ogni stato nazionale dovrebbe avere. Inoltre, non tutti furono molto propensi nei confronti del nuovo stato unitario, tanto che si manifestarono forme piuttosto complesse e articolate di malcontento, come quella del banditismo.

Alcuni briganti. Wikipedia
Il brigantaggio: la vita del bandito Carmine Crocco

Il  banditismo fu un fenomeno largamente diffuso negli appena successivi all’Unità d’Italia, come risulta dagli atti dei tribunali dell’epoca. Coinvolse quindi un buon numero di persone che si opposero ai nuovi stilemi statali. Si tratta di un fenomeno, quello del brigantaggio, tipicamente italiano; molti studiosi infatti ritengono che sia perlomeno nato come una forma di protesta e che poi in seguito si sia trasformato in quello che tutti noi conosciamo. Fin dalle sue origini però ebbe sicuramente una natura criminale e si accentuò soprattutto dopo il 1861, sebbene forme di banditismo si siano sempre rilevate nelle campagne del nostro Paese.

Quello postunitario, come ci raccontano gli storici, interessò soprattutto la parte centromeridionale della penisola e fu quello più consistente per il numero di banditi e reati, tanto da essere definito “grande brigantaggio”. Va però anche rilevato che alcuni dei capi banda sono entrati nella concezione comune, tanto che le loro vite sono state oggetti di studio e ricerche, come quella di Carmine Crocco ( detto anche Donatelli o Donatello).

Accenni biografici

Nato il 5 giugno del 1830 a Rionero in Vulture ( Basilicata) fu  a capo delle bande del Vulture. Proveniente da un’umilissima famiglia di mezzadri, si legò alle bande lucane, trovandosi a capo di squadre di quasi duemila uomini.  È da considerare che Crocco crebbe in un ambiente fatto di prevaricazioni e ingiustizie sociali non indifferenti. Questo sicuramente accentuò il carattere e la natura criminale di Carmine. Il suo primo omicidio fu un delitto d’onore, com’ era consuetudine all’epoca.

Casa natale di Crocco. Wikipedia.

La sorella Rosina era rimasta l’unica in casa a poter lavorare legalmente e anche lei faceva la bracciante, fin quando un uomo del posto s’invaghì di lei. Crocco ritenne che le avances del ragazzo si fossero spinte ben oltre il limite consentito. Così una sera lo aspettò fuori da una sala da gioco. La discussione si fece accesa e violenta da entrambi le parti, ma fu Crocco a estrarre il coltello e ucciderlo. Ed è proprio in questo momento, ossia durante la sua latitanza, che ebbe i primi contatti con altri fuori leggi della zona. Riunì una propria banda e iniziò a fare furti e rapine.

Ultimo arresto e la morte

L’esperienza durò poco perché lo arrestarono il 13 ottobre del 1855 e portato al carcere di Brindisi, dove lo condannarono a diciannove anni di prigione. Quattro anni dopo però evase e si unì all’esercito dei Garibaldini, con lo scopo di ottenere la grazia; partecipò quindi ai moti risorgimentali e seguì Garibaldi quando entrò a Napoli. Ottenuta l’Unità d’Italia, rientrò a casa, convinto di ricevere la grazia ma così non fu, tanto che fu emesso un nuovo mandato d’arresto.  Da qui la sua vita fu un continuo di rapine, assedi e estorsioni fin quando non lo arrestarono nuovamente nel 1864 nelle campagne romane. Morirà nel carcere di Portoferraio nel 1905.

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