Il castello di Saccomuro

Avamposto degli Orsini sulla via Tiburtina Valeria

Nell’immaginario collettivo il castello ha da sempre evocato mondi fiabeschi al confine tra storia e fantasia. Quando si parla di Medioevo in Europa, è sicuramente la prima immagine a venire in mente. Non esiste persona che non rimanga affascinata da questa complessa costruzione e ancor di più dalle sue rovine, che spiccano spesso in paesaggi suggestivi.

Etimologia del termine “castello”

Il termine “castello” deriva dal latino “castrum”, il tipico accampamento fortificato romano nel quale risiedevano le legioni durante le campagne belliche.

La nascita dei castelli in Europa

Tra IX e X secolo in Europa, dopo la disgregazione dell’impero carolingio, si assiste a invasioni da Est, da Sud e da Nord, da parte ad esempio da Ungari, Saraceni e Normanni. I signori locali iniziarono ad innalzare fortificazioni più o meno complesse in punti strategici dal punto di vista difensivo, come nei pressi di fiumi, alture e paludi. Oltre alla funzione di difesa dagli attacchi esterni, il castello iniziò a rappresentare il simbolo del potere nobiliare e della rivalità tra i casati per il controllo territoriale. Diventa pian piano un centro residenziale non solo per il dominus, ma anche per la popolazione alle sue dipendenze.

Il castello di Saccomuro

Al km 40,800 della via Tiburtina Valeria, nel territorio di Vicovaro e nei pressi della stazione di Castel Madama, sorgono le rovine del castello di Saccomuro.

Edificato in  posizione strategica su un basso rilievo nei pressi del fiume Aniene e in corrispondenza del confine con la diocesi tiburtina, doveva assumere un ruolo di controllo del territorio circostante.

Foto dell’autrice

I suoi resti sono posti su un affioramento tufaceo, definito “pozzolana nera” per le sfumature che vanno dal grigio-nero al marrone e tipico dell’area.

Affioramento tufaceo sul quale sorge il castello (foto dell’autrice)

Le ricerche sul castello di Saccomuro

Il contributo più recente per la conoscenza del sito è contenuto nella pubblicazione del 2021 della Dott.ssa Martina Bernardi, “L’incastellamento nei Monti Lucretili. Dinamiche insediative e paesaggio rurale tra alto e basso medioevo”.  Si tratta di un lavoro derivato dalla Tesi di Dottorato della studiosa presso l’Università degli Studi Roma Tre e frutto di una lunga e proficua ricerca sul fenomeno dell’incastellamento nell’area dei Monti Lucretili. Affiancando le ricerche di archivio – in questo caso dell’Archivio Orsiniano – alle ricognizioni e rilievi sul campo, è stato possibile individuare le fasi salienti della vita del castello.

La storia del castello di Saccomuro

Il topomimo Saccomuro è citato nel Regesto Sublacense, registro contenente documenti ed atti pertinenti al territorio sottoposto all’influenza del monastero di Subiaco, in relazione al confine col castello di S. Angelo, l’attuale Castel Madama. Probabilmente la sua fondazione avvenne attorno all’XI secolo, ma è solo nel XIII secolo che l’insediamento viene probabilmente riedificato dagli Orsini.

Nel 1288, Napoleone, figlio di Giacomo di Napoleone Orsini, rinuncia ai suoi diritti sul castello a favore di suo fratello Francesco. Quest’ultimo dopo un anno concede in enfiteusi (diritto su un fondo altrui in base al quale il titolare ha la facoltà di godimento sul fondo stesso, dovendo tuttavia migliorare il fondo e pagare al proprietario  un canone annuo in denaro o in derrate) alcuni possedimenti nel territorio del castello a Egidio Todini per assegno di dote di Pace, figlia di Giovanni di Oddone.

Alcune proprietà nel territorio di Saccomuro rientrano successivamente tra i beni ceduti in eredità ai nipoti del Cardinale Francesco Orsini e citati nel suo testamento risalente al 1304.

Lo statuto del 1311

Nel 1311 a Giacoma, moglie di Giovanni Orsini, figlio di Francesco, vengono assegnati i castelli di Licenza e Saccomuro. Nello stesso anno si emana uno statuto, approvato durante una riunione tra gli abitanti del castello stesso, che consente di conoscere le attività che si svolgevano all’interno del borgo e le disposizioni che gli abitanti erano tenuti a rispettare. Ad esempio il signore concedeva ad ogni famiglia un orto da coltivare e la possibilità di costruire un’abitazione nei pressi del castello. Questi, in mancanza di spazi sufficienti per le coltivazioni, potevano usufruire delle terre al di fuori dei confini del castrum, donando sia al dominus che alla Curia, parte del raccolto ottenuto in occasione di particolari festività religiose.

Al 1313 risale una sentenza di divisione dei castelli di Vicovaro, Saccomuro, Poggio Ronci, Arsoli e Licenza tra Giovanni, figlio di Francesco Orsini ed Orso e Giovanni Orsini. In un secondo momento subentreranno nelle spartizioni ereditarie anche il ramo degli Orsini di Tagliacozzo e di Licenza, finché un documento del 1316 farà divieto assoluto per ciascun membro della famiglia Orsini di costruire edifici nel territorio di Saccomuro. In due documenti successivi sono contenuti scambi di proprietà a danno di Giovanni, figlio di Francesco Orsini, che includono una parte di Saccomuro. Parte del territorio del castello viene ceduta a Vicovaro. Nel 1330 Giovanni, figlio di Francesco Orsini, concede il pegno a Giovanni Boccamazza.

La scomparsa del castello è da circoscrivere tra il 1330 e il 1363.

In documenti del XVI secolo compare la nuova funzione del castello di Saccomuro, adibito ad attività agricole, sotto l’attività del castello di Vicovaro.

Una rappresentazione del castello?

Una fonte iconografica che potrebbe rappresentare i resti del castello di Saccomuro, ma il cui soggetto è ancora dibattuto (alcuni studiosi vi identificano piuttosto la Porta di Sotto col ponte di Sant’Antonio a Vicovaro), è contenuta all’interno della galleria affrescata che collega il Palazzo Cenci Bolognetti a Vicovaro alla Chiesa di San Pietro Apostolo. Colpisce la rappresentazione realistica della natura e della vita quotidiana dell’epoca con la raffigurazione di pescatori, una carrozza e una donna seduta nei pressi del fiume.

Affresco all’interno della galleria del Palazzo Cenci Bolognetti (foto dell’autrice)

Cosa si conserva oggi?

Del castello si conservano ancora alcune parti della cinta muraria e l’ingresso monumentale che si apre nell’area settentrionale dell’insediamento

 

Ingresso monumentale della cinta muraria (foto dell’autrice)

Le mura inglobavano una torre quadrangolare ed altri edifici nel punto centrale, attribuibili probabilmente a una rocca di cui oggi rimangono solo i ruderi delle costruzioni di epoca moderna utilizzate come casale.

Foto dell’autrice

La tecnica edilizia utilizzata, molto irregolare, è costituita da bozze e bozzette di tufo nero e puddinga che hanno consentito alla studiosa di datare i resti all’XI-XII secolo.

Particolare della tecnica muraria (foto dell’autrice)
Particolare della tecnica muraria (foto dell’autrice)