Razionalismo a Pescara, il Palazzo di Città, sede del Consiglio Comunale

Un edificio storico costruito nel 1935 da un progetto di Vincenzo Pilotti
Il Palazzo di Città, costruito nel 1935, da un progetto di Vincenzo Pilotti, è un edificio storico di Pescara, sede del consiglio comunale e degli uffici del sindaco. L’edificio rappresenta uno degli esempi più emblematici dell’architettura razionalista in città. Unitamente a piazza Italia, esso forma il principale luogo architettonico di Pescara, nato negli anni venti del Novecento, in seguito alla fusione con il comune di Castellammare Adriatico quando la città divenne capoluogo di provincia.

Assieme alla Torre dell’Orologio, il Palazzo di Città è considerato uno dei simboli della cittadinanza pescarese. L’edificio è improntato all’enfasi monumentale del ventennio e interpreta una visione solenne del potere civile. Il palazzo si sviluppa su tre livelli, seguendo una pianta a forma di elle. Nel punto di incontro dei due corpi è situata torre campanaria a base quadrata. E’ sormontata da un orologio replicato, sia nelle dimensioni che nei colori, su ciascuna delle quattro facciate.

L’apice è caratterizzato da un loggione ad archi che racchiude l’impianto campanario. Lo stabile è interamente costruito in travertino e mattoni che producono un contrasto tra colori e materiali. L’ingresso principale è preceduto da un ampio scalone ed è sormontato da una scritta in pietra portante il nome del palazzo. Al lato della stessa facciata, vi sono una serie di nicchie in marmo contenenti tre statue femminili che allegoricamente rappresentano la gloria poetica e delle arti, nonché la sacralità del luogo.

Il lato che affaccia sul fiume è invece decorato con tre statue maschili che raffigurano l’abbondanza delle acque fluviali, un pescatore ed un minatore. L’ingresso laterale è sormontato dalla scritta su marmo «Ave dulce vatis flumen / Ave vetus urbis numen» («Salve dolce fiume del Vate / Salve antico nume della città»), tratto da un distico del 1927 in omaggio a Gabriele D’Annunzio, dettato da Domenico Tinozzi che fu il primo presidente della provincia pescarese.