Ricorrono oggi 100 anni dalla scomparsa di Enrico Caruso, il più grande tenore della storia

Oggi, 2 agosto 2021, sono esattamente 100 anni dalla scomparsa di Enrico Caruso (2 agosto 1921). Nato a Napoli il 25 febbraio 1873, Caruso è ricordato come il più grande tenore lirico di tutti i tempi.  I genitori erano originari della “Terra di Lavoro”, in quello che oggi è Piedimonte Matese, in Bassa Ciociaria.

Gioventù e scalata al successo

In gioventù lavorò per dieci anni con il padre in fonderia, mentre la madre lo aiutò a sviluppare una vena artistica per il disegno e l’architettura. Ma il vero talento di Caruso venne fuori con il tempo, ed era la sua voce straordinaria. Se ne accorsero i suoi maestri, Schirardi e De Liuto, che furono i primi a impartirgli le nozioni delle arie d’opera.

Di Enrico si accorse il baritono Eduardo Messiano, che lo udì cantare ad un funerale. L’entusiasmo fu tale, che volle presentarlo al maestro Guglielmo Vergine. Iniziò per Enrico un percorso di apprendistato retribuito con il 25% dei suoi guadagni al suo mentore.

La fama di Caruso con il tempo si sparse su tutto il territorio nazionale, varcando anche i confini. Il suo vero esordio avvenne nel 1897 al Teatro Lirico di Milano, nel ruolo di Federico, nell’Arlesiana di Francesco Cileo. Da quel momento iniziò una serie di esibizioni che lo portano in Russia, Inghilterra, Montecarlo, Lisbona, etc.

Nel 1902 furono incisi i primi dischi. Fu un successo tale che gli permise di vendere ben un milione di copie con l’aria “Vesti la Giubba” dell’Opera Pagliacci. Tra l’altro Enrico fu un precursore di questa nuova tecnologia, snobbata invece dagli altri cantanti.

Nel 1904 si recò in America, dove raggiunse la sua amata Ada Botti Giacchetti, dalla quale aveva avuto due figli (Lei successivamente lo tradirà con l’autista, cercando anche di estorcere del denaro).

Caruso pretendeva ingaggi esorbitanti, ma era anche capace di cantare gratis per allietare gli emigranti. Non ci fu solo la fama in America per Caruso, poiché il tenore subì anche la gelosia e l’invidia.

Malattia e morte

Nel 1920 la salute del tenore si aggravò. Varie le ipotesi al riguardo: suo figlio Franco, per esempio, collocava l’evento scatenante in un incidente occorso durante il Sansone e Dalila del 3 dicembre, quando il tenore fu colpito al fianco sinistro da una colonna crollata dalla scenografia. Il giorno dopo, prima della rappresentazione di Pagliacci, Caruso ebbe un accesso di tosse e lamentò un forte dolore intercostale.

l’undici dicembre di quell’anno, Caruso ebbe una forte emorraggia dalla gola. La rappresentazione fu sospesa dopo il primo atto. Il 24 dicembre fece la sua ultima apparizione al Met con Eléazar in La Juive. Complessivamente Caruso andò in scena per 863 rappresentazioni al Metropolitan. Il 25 dicembre, gli fu diagnosticata una pleurite infetta. Il 30 dicembre fu operato a un polmone, ma ormai c’era poco da fare, da lì a poco Enrico sarebbe deceduto, lasciando milioni di fans nell’angoscia.

Il Festival di Puccini a Torre del Lago, quest’anno ha deciso di omaggiare l’artista per la ricorrenza dei cent’anni dalla morte.

L’Omaggio a Enrico Caruso nell’anniversario dei 100 anni dalla scomparsa vede
protagonista Stefano Massini che racconta nello spettacolo del 2 agosto (data anniversario
dei 100 anni dalla scomparsa) la gloriosa vita artistica del più grande tenore di sempre. Il
Governo con atto n° 239, dopo l’approvazione della Camera e del Senato ha istituito il
Comitato Nazionale per celebrare nel 2021 Enrico Caruso nella ricorrenza Centenario della
scomparsa.

Il quadro narrativo che Massini dipingerà in scena non sarà una biografia di Caruso ma, nello stile che caratterizza lo scrittore toscano, uno scorcio sull’epoca e sulle suggestioni, spesso impreviste e spiazzanti, che fanno del grande tenore un simbolo dell’Italia nel mondo.

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