Tra Stato Pontificio e Regno delle due Sicilie
Un obiettivo ambizioso quello del progetto “Cippi antichi confini”che intende promuovere un turismo “lento” e favorire in questo modo anche il ripopolamento attraverso la valorizzazione di un territorio ricco di storia e cultura che vide fiorire la mitica età dell’oro lungo l’antico confine del Regno delle due Sicilie e lo Stato Pontificio.
Il progetto mira a riaprire il camminamento lungo l’antica linea di confine tra i due regni, attraverso il ripristino e l’ampliamento del sentiero esistente in modo da permettere la fruizione ciclo-pedonale di tutti i 470 chilometri che da Terracina, dove si trova il cippo numero 1, arrivano a Martinsicuro, in prossimità dell’ultimo cippo. Un viaggio attraverso la dorsale tirreno-adriatica, alla riscoperta di territori rimasti fuori dal turismo di massa con lo scopo di sviluppare un turismo compatibile e ripopolare le zone interne.
Il progetto, che coinvolge quattro Regioni (Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio), nove provincie, 90 comuni e 41 siti protetti e parchi naturalistici ed anche tutte le associazioni culturali legate alla storia del Regno delle Due Sicilie e dello Stato Pontificio oltre a Cai e Wwf, è partito con la georeferenziazione dei 686 cippi originariamente posizionati lungo il percorso e prevede, tra le altre cose, la ricollocazione cartografica e satellitare dei cippi non più esistenti, l’adattamento di alcune parti del sentiero a percorsi fruibili da persone diversamente abili e il coinvolgimento di tour operator che si occupano di incoming nelle regioni interessate per proporre dei pacchetti turistici appositamente pensati.
L’ideatore e coordinatore del progetto, Franco De Angelis, mi ha comunicato che è stato predisposto un protocollo di intesa con tutti gli enti coinvolti, fase questa che pensano di chiudere per settembre per poi passare alla parte esecutiva. Nel frattempo sarà lanciata una raccolta fondi organizzata con una app sul telefonino, destinata ai compatrioti del Sud e ai migranti Italo-americani. Franco De Angelis è l’autore anche dell’ opuscolo relativo al progetto, ottimo per le informazioni fornitemi.
La prima parte del Progetto si è sviluppata gemellando le due Fortezze che per ultime si arresero ai Piemontesi, Gaeta e Civitella del Tronto, per poi gemellare tutti i comuni attraversati dai cippi che delimitavano i confini detti e quelli adiacenti, coinvolti storicamente nei rapporti di confine.
Partner del progetto, che è stato presentato al ministero dell’Ambiente per ottenere dei finanziamenti e che sarà presentato anche all’Unione Europea, è il Parco nazionale Gran Sasso-Monti della Laga.
Molti sono i comuni appartenenti alla Provincia di Frosinone coinvolti nel Progetto, tra cui Filettino con i suoi 51 cippi di confine sul suo territorio, Alatri con 31, Guarcino con 4, Veroli con 11 e tra i siti protetti attraversati dal confine è interessato al Progetto il Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini.
La storia del confine
A partire dal dodicesimo secolo i suddetti confini rimasero pressoché gli stessi per otto secoli e mezzo, fino al 1860 e all’unità d’Italia. Nella notte di Natale del 1130, con una fastosa cerimonia Re Ruggero II sancì a Palermo la nascita del Regno di Sicilia. Quel 25 dicembre fu una data simbolica: Ruggero II si presentava, infatti, come il redentore di tutte le popolazioni del Sud della penisola, dagli Arabi ai Bizantini ai Longobardi, e nello stesso tempo annunciava al mondo la nascita di un Regno cristiano. Tutto il Sud fu unificato in una nazione indipendente che aveva come capitale Palermo. I confini geografici e politici, nonostante gli avvicendamenti di regnanti e casati europei, rimasero più o meno gli stessi per 731 anni, fino alla caduta della fortezza di Civitella Del Tronto alle ore 11,00 del 20.03.1861; quando, in seguito all’”invasione” piemontese, le popolazioni duosiciliane perdettero la propria identità nazionale a causa della forzata unione con gli altri popoli della penisola italiana.
Le dispute territoriali lungo l’allora confine, spesso ballerino, portarono alla decisione di definire nettamente ed inequivocabilmente detto confine, perché la grande estensione del Regno portava continuamente a dispute e controversie su quali fossero i limiti e le proprietà del reame. Fu così che il 26 settembre del 1840 venne sottoscritto a Roma un trattato per poter stabilire il vero confine; si pensò quindi di installare, lungo tutto il confine, dei “termini” in granito, alti più o meno un metro, aventi una circonferenza di 35-40 centimetri e definiti “cippi”. Il loro numero complessivo risultò essere di 686, ma la numerazione cronologica iniziava con il n. 1 e finiva con il n. 649, in quanto molti dei cippi venivano identificati con lo stesso numero e per differenziarli veniva aggiunta una lettera al fianco del numero. Il numero 1 venne dato al cippo posto presso la foce del fiume Canneto (tra Fondi e Terracina) mentre l’ultimo termine venne contrassegnato con il numero 649 e posto quasi alla foce del fiume Tronto, nelle immediate vicinanze del ponte tra Porto D’Ascoli (Marche) e Martinsicuro (Abruzzo).
Sotto ogni cippo veniva sotterrato un medaglione, ove vi erano incisi gli stemmi dei due Stati. La posa dei cippi di confine iniziò dal Mar Tirreno, nel 1846, ed ebbe termine nel 1847, avendo cura di volgere lo stemma dello Stato Pontificio in maniera che guardasse in direzione “del Cupolone”. Sulla sommità di ogni cippo veniva incisa una linea che indicava la direzione del confine e la posizione del cippo precedente e di quello successivo. A seguito della proclamazione dell’Unità d’Italia, quasi tutti i Cippi, onde poter recuperare i medaglioni, furono divelti e lasciati cadere più in basso, oppure asportati per fare bella mostra nelle ricche case dei signorotti o davanti alle chiese. Sono pochi quelli rimasti nel luogo originario.
“Testimoni di pietra”, una guida per gli appassionati scrutatori dei segni di storia
“Testimoni di pietra” è un importante libro sulla storia del confine, una guida speciale per la ricerca dei cippi edita nel 2000 da Aleph Editrice di Luco dei Marsi, scritta da due ciociari, l’instancabile Argentino D’Arpino, “Soprintendente ai patri confini” e Antonio Farinelli, che insieme a Ugo Muraglia hanno fatto una accurata indagine archivistica e bibliografica e una ricerca da meticolose ricognizioni sul campo, la prefazioni è del Cardinale Vincenzo Fagiolo e di Carlo di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Calabria. Una guida per gli appassionati scrutatori dei segni di storia presenti sulle montagne del nostro territorio.