La più antica immagine di S. Antonio Abate nella chiesa di San Rocco Madonna della Valle
- Antonio Abate festeggiato in tutta Italia, da Nord a Sud, visse centenario da anacoreta.
Considerato protettore dei maiali, in suo onore vengono accesi enormi falò.
Nella sua iconografia compare oltre al maialino con la campanella, anche il bastone degli eremiti a forma di T, cioè “tau” ultima lettera dell’alfabeto ebraico e quindi allusione alle cose ultime e al destino umano dopo la morte, in omaggio alla capacità del Santo di strappare dalle fiamme dell’inferno le anime dei peccatori.
Nato a Coma, nel cuore dell’Egitto, intorno al 250, S. Antonio Abate, a vent’anni, abbandonò ogni cosa per vivere dapprima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di 80 anni: morì, infatti, ultracentenario nel 356.
Già in vita accorrevano da lui, attratti dalla fama di santità, pellegrini e bisognosi di tutto l’Oriente. Anche l’imperatore Costantino e i suoi figli, pare, ne cercarono il consiglio.
La sua vita è raccontata da un discepolo, sant’Atanasio, che contribuì a farne conoscere l’esempio in tutta la Chiesa.
Un’antica immagine di S. Antonio Abate è nel polittico di scuola giottesca, rinvenuto il 26 dicembre 1984 da Giorgio Alessandro Pacetti raffigurante la Madonna delle Rose, attorniata da personaggi aureolati identificati:
alla sinistra della Madonna nel beato Andrea Conti, della nobile famiglia da cui discese Bonifacio VIII, nell’Evangelista Giovanni che regge con la mano sinistra un rotolo di pergamena e con la destra una penna d’oca;
a destra sono stati ritratti San Leonardo, che stringe i ceppi di carcerato, e Sant’Antonio Abate con il bastone a forma di croce del Tau e la campanella, attributi del Primo degli Abati.
Proprio in questi tempi era d’uso che i ragazzini andassero a bussare alle porte delle case del Paese chiedendo frutta secca, da poter mangiare insieme ai poveri.
Una tradizione, questa, iniziata nella notte dei tempi ed archiviata, con la costruzione delle case popolari in località Cona negli anni ‘70 che ha causato l’inizio dello spopolamento del centro storico di Piglio.
Il popolo pigliese a S. Antonio Abate ha dedicato una chiesetta ad est del paese alle porte di Piglio, sulla Via Francigena, dove in tempi passati c’era la transumanza delle greggi. S. Antonio, vissuto nel periodo del tardo impero romano, vendette ogni suo bene e distribuì il ricavato ai poveri stanco di una vita agiata ed oziosa, si ritirò nel deserto dell’Egitto e si distinse in modo particolare per il dono della penitenza e della preghiera.

Fu fortemente tentato dal demonio, che gli portava cibi prelibati a base di carne di animali di ogni genere, ma il Santo, dedito alla penitenza ed ai digiuni, rifiutava scacciando il maligno.
Quale tentazione?
Il Santo invece di mangiare benediva gli animali che Dio Onnipotente, gli faceva ritrovare vivi e restavano a fargli compagnia nella sua grotta di penitenza. S. Antonio Abate era considerato dalla tradizione un grandissimo esorcista, sembrava che bastasse pronunciare il suo nome perchè il maligno si dileguasse.
E’ proprio da questa diceria, nata nella notte dei tempi, che la pietà popolare ha annoverato S. Antonio Abate come protettore di tutti gli animali domestici di piccola e grossa taglia, tanto era la fama e le leggende che sono fiorite attorno a questo Santo, e che in ogni paese e in ogni contrada, è venerato come protettore degli animali.
Il Santo, nei tempi più antichi, era tenuto molto più in considerazione che oggi, in quanto la nostra civiltà contadina teneva molto agli animali da cortile i quali erano l’unico sostentamento per le famiglie di allora.
Pertanto metterli sotto la protezione di S Antonio significava dare una benedizione affinché gli animali da cortile prosperassero.
Questo concetto di prosperità e di augurio si estese anche alle donne non maritate e a quelle senza figli alle quali S. Antonio doveva provvedere, intercedendo presso Dio, affinché trovassero entro l’anno lo sposo o la fertilità.
Come gli antichi romani facevano offerte in questo periodo dell’anno in modo particolare al Dio Sole, generatore della vita, così è rimasta questa tradizione che, pur nell’aspetto pagano, rappresenta un atto di amore e di devozione.
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Giorgio Alessandro Pacetti