Il popolo che abitò Trevi nel Lazio. Storia, territorio e cultura degli Equi

Trevi nel Lazio, immensa in un lussureggiante panorama montano, affonda le radici nell’antichità. La zona appartenne, infatti, millenni orsono, alla popolazione degli Equi, della quale sono tutt’ora visibili resti delle remote vestigia.

Organizzazione territoriale

Gli Equi furono un antico popolo italico che giocò un ruolo significativo nella storia delle prime fasi della città di Roma. Occupando una regione strategica tra il Lazio e l’Abruzzo, essi furono costantemente in conflitto con Roma durante i primi tre secoli dalla sua fondazione.

La popolazione abitò una regione montuosa e collinosa, comprendente le estensioni superiori delle valli dei fiumi Anio, Tolenus, Himella e Saltus. Questo territorio, situato tra il lago del Salto e i monti Simbruini, era caratterizzato da una conformazione geografica difficile e variata, con vallate e colline che influenzavano notevolmente la vita quotidiana e la strategia militare della popolazione.

Durante l’età regia di Roma, verso la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C., i territori equi furono parzialmente distrutti dal re Tarquinio Prisco. I Romani non riuscirono, tuttavia, a conquistare completamente le loro terre fino al 484 a.C.. L’occupazione del principale abitato fu seguita da una nuova incursione nemica circa novant’anni dopo. Gli Equi, però, non caddero definitivamente sotto le armi nemiche fino al termine della Seconda guerra sannitica, quando, dopo la sconfitta, ottennero una forma limitata di libertà.

I loro insediamenti erano distribuiti su un territorio montuoso e collinare, con due centri principali: la città di Nersae, primario insediamento della Res Publica Aequiculanorum e dopo la guerra sociale municipium ordinario, e Tora, nei pressi dell’attuale abitato di Sant’Anatolia.

Resti delle tipiche mura poligonali eque sono stati rinvenuti anche in centri quali Ciciliano, Bellegra, Roviano, Cineto Romano, Roiate, Olevano Romano e Trevi nel Lazio. A Riofreddo, invece, è emersa una necropoli risalente al VI-V a.C.

Un imperatore ad Arcinazzo Romano. Marco Ulpio Traiano, l’Optimus Princeps

Un imperatore ad Arcinazzo Romano. Marco Ulpio Traiano, l’Optimus Princeps
Lingua

In merito alla lingua le informazioni sono assai scarse, ma per assimilazione, vista l’appartenenza dei Marsi e degli Ernici, popolazioni confinanti, all’etnica osco-umbra, è ipotizzabile che anche gli Equi facessero parte del medesimo ceppo linguistico. Il loro idioma aveva, quindi, probabilmente molti punti di contatto con la lingua indoeuropea osco-umbra.

Lo stesso nome della popolazione, “Aequi”, sembrerebbe derivare da un termine della loro lingua d’origine, con il significato di “abitanti della pianura”, nonostante essi, in epoca storica, fossero stanziati in un territorio a prevalenza collinare. Stando ad una seconda ipotesi, la presenza della lettera “q” nel nome potrebbe indicare un’origine indoeuropea, confermando l’appartenenza al gruppo latino che, a sua volta, conserva la “q”. Quest’ultima, invece, si trasforma in “p” nei dialetti volsci, umbri e sanniti. In terza istanza, invece, la “q” potrebbe derivare da un lemma indoeuropeo in cui comparissero, unite, le lettere “k” e “u”, come nel latino “equus”.

Relazioni con Roma

Il conflitto tra questo antico popolo e Roma è una parte importante della storia della Repubblica Romana. Nel 303 a.C., i Romani, sotto il consolato di Lucio Genucio Aventinense e Servio Cornelio Lentulo, fondarono la colonia di Alba Fucens nel territorio equo, insediandovi seimila cittadini. Questo atto di espansione provocò una reazione dura e ostile. Nel 302 a.C., gli Equi tentarono, infatti, di espugnare il piccolo centro, ma esso resistette con successo senza bisogno di intervento romano diretta.

Il conflitto con gli Equi fu un aspetto tanto significativo della politica romana da emergere persino dalle parole di Tito Livio, che esaltò la loro strenua determinazione in battaglia. La resistenza degli Equi e i conflitti periodici riflettono, poi, per estensione, le tensioni continue tra i Romani e le popolazioni italiche.

Sul finire della Repubblica il popolo equo apparve organizzato in due distinti municipia. Ad essi afferiva l’ampia zona sovrastante la valle del Salto, corrispondente all’attuale Cicolano, dove sono ancora presenti i resti di imponenti mura poligonali, simbolo della grande cultura ingegneristica e della spiccata capacità difensiva di questo popolo.

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