I signori di Subiaco. Ascesa e declino della famiglia Barberini
Nel cuore del Lazio sorge una cittadina carica di storia. Le origini di Subiaco affondano nei secoli. Occupata sin dall’epoca romana, alla quale risalgono i resti di una maestosa villa imperiale, ebbe un grande floruit in seguito alla fondazione, da parte di Benedetto da Norcia, di una grande abbazia. Nel tempo la cittadina affrontò alterne fortune e numerosi passaggi di potere. Dal 1633 e per decenni, nelle mani di una celebre famiglia nobiliare italiana, i Barberini.
Storia e origini
I Barberini, originariamente conosciuti sin dall’XI secolo come Tafani, sono stati una delle famiglie nobiliari più influenti e controverse della storia italiana. Originari di Barberino Val d’Elsa, un piccolo borgo in Toscana, si trasferirono prima a Firenze e successivamente a Roma, dove raggiunsero l’apice del loro potere grazie all’elezione del cardinale Maffeo Barberini a papa con il nome di Urbano VIII nel 1623. La loro ascesa al potere, accompagnata da un imponente mecenatismo artistico, si è intrecciata con vicende storiche, politiche e culturali che hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’Italia barocca.
Le origini dei Barberini affondano nella Toscana medievale, precisamente a Barberino Val d’Elsa. Inizialmente noti con il nome “Tafani”, un cognome poco nobile che richiamava l’idea del fastidioso insetto, i membri della famiglia decisero di mutarlo in Barberini, ispirandosi al nome del loro paese natale. Il cambiamento fu accompagnato da una revisione dello stemma, dove i tafani furono sostituiti da api dorate, simbolo di laboriosità e nobiltà.
Maffeo Barberini
L’elezione di Maffeo Barberini al soglio pontificio, nel 1623, segnò il punto di svolta nella storia della famiglia. Con il nome di Urbano VIII, egli portò i Barberini al centro della scena politica europea, sfruttando il potere papale per accrescere la fortuna e il prestigio della sua famiglia. Urbano VIII utilizzò la sua posizione per promuovere i suoi parenti, assicurando loro titoli nobiliari, incarichi prestigiosi e vasti domini. Il fratello, Carlo, fu agevolato nella carriera militare, mentre due dei suoi nipoti furono creati cardinali. Un terzo nipote, Taddeo, divenne Principe di Palestrina nel 1627 e comandante dell’esercito pontificio. La fortuna militare della famiglia, tuttavia, fu messa a dura prova durante la Prima Guerra di Castro, quando le truppe di Taddeo furono sconfitte da quelle di Odoardo I Farnese, segnando un’importante battuta d’arresto per i Barberini.
Il mecenatismo
Oltre alla politica, i Barberini si distinsero come grandi mecenati e protettori delle arti, contribuendo in modo significativo allo sviluppo del barocco romano. Urbano VIII circondò la sua corte di artisti del calibro di Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e Pietro da Cortona, commissionando loro alcune delle opere più importanti del periodo.
A dispetto del mecenatismo, i Barberini furono anche oggetto di aspre critiche per l’atteggiamento predatorio nei confronti del patrimonio artistico romano. La famosa locuzione latina “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini” (“Quello che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini”) riassume il malcontento generato dalle loro azioni, come la rimozione del bronzo dal Pantheon per la costruzione del baldacchino di San Pietro, un gesto che fu visto come un oltraggio alla memoria storica e artistica della città.
Il declino
Alla morte di Urbano VIII nel 1644, la fortuna della famiglia subì un brusco arresto. Il nuovo papa, Innocenzo X, appartenente alla famiglia Pamphilj, si dimostrò ostile verso i Barberini, avviando una serie di indagini sulle finanze familiari e cercando di ridurre la loro influenza. Questa ostilità costrinse Taddeo a fuggire a Parigi, dove morì nel 1647. Con la sua scomparsa, iniziò una fase di forte declino, sebbene i Barberini continuassero a mantenere un ruolo di rilievo nella società romana.
A Taddeo succedette il figlio Carlo. Quest’ultimo, tuttavia, rinunciò al titolo di Principe di Palestrina, a favore della vita ecclesiastica. Divenne, infatti, cardinale. Carlo fu sostituito dal fratello Maffeo, che riuscì a mantenere viva la linea dinastica fino alla sua morte nel 1685, quando il titolo passò a suo figlio Urbano.
L’estinzione e la rinascita
Il XVIII secolo vide l’estinzione della linea maschile dei Barberini con la morte di Urbano nel 1722. La famiglia, tuttavia, non scomparve dalla scena, grazie al matrimonio di Cornelia Barberini, figlia di Urbano, con il principe Giulio Cesare Colonna di Sciarra. Da questa unione nacquero due linee distinte: quella dei Barberini Colonna di Sciarra, principi di Carbognano, e quella dei Barberini Colonna, principi di Palestrina. In questo modo, il nome Barberini continuò a essere associato alla nobiltà romana, sebbene il potere e l’influenza della famiglia fossero ormai diminuiti.
Sul finire del XIX secolo, con la morte del principe Enrico Barberini-Colonna nel 1889, il nome Barberini passò al marchese Luigi Sacchetti. Egli, marito di Maria Barberini, figlia di Enrico, ottenne il titolo di Principe di Palestrina e il diritto di succedere nel cognome famigliare, garantendo così la continuazione del nome in una nuova linea dinastica. Questo passaggio segnò l’ultimo capitolo della storia della famiglia Barberini, ormai lontana dai fasti del passato, ma ancora presente nella memoria collettiva e nel panorama nobiliare italiano.