Il Ballo degli Ardenti

Sul finire dell’epoca medioevale accadde in Francia un evento che scosse l’opinione pubblica di tutto il paese, restando nei secoli impresso nella memoria collettiva. Il sovrano, Carlo VI, fu il protagonista di una mascherata che gli valse una forte perdita di credibilità da parte dei sudditi. Per evitare che questi ultimi potessero dar vita ad una ribellione il re e suo fratello dovettero pubblicamente scusarsi per l’avvenuto.

 

Le premesse storiche

Pochi anni prima, nel 1387, e dopo alcuni anni di reggenza, il governo francese fu presieduto dal ventenne Carlo VI, che ne assunse il pieno controllo. La pace che sembrò calare sulla nazione venne ben presto turbata dall’insorgente instabilità mentale ed emotiva del sovrano. Nel 1392, a soli cinque anni dall’insediamento, egli cominciò a manifestare evidenti segni di follia. L’evento scatenante fu il tentato omicidio di Oliver V de Clisson, capo dei Marmouset, gli storici consiglieri reali. Carlo si convinse che l’attacco fosse diretto a lui stesso e organizzò un’aspra rappresaglia nelle terre del congiurato, Giovanni V di Bretagna, servitosi della mano di Pierre de Craon.

Carlo Vi contro le sue truppe, tratto dalle Cronache di Froissart - Wikipedia
Carlo Vi contro le sue truppe, tratto dalle Cronache di Froissart – Wikipedia

In agosto il re giunse, con una guarnigione di soldati, a Le Mans. D’un tratto egli sguainò le armi e attaccò i suoi compagni, compreso il fratello Luigi I di Valois-Orléans. Uccise quattro di loro prima di essere fermato dal ciambellano e cadere subito dopo in un coma profondo. Si risvegliò dopo quattro giorni, sotto gli occhi sospettosi di molti fra cortigiani e sudditi. L’accaduto fu il pretesto perché i duchi di Borgogna e Berry, zii del re, acquisissero il potere, sciogliendo i Marmouset.

 

La follia del re

Carlo fu trasportato a Le Mans e lì visitato dall’anziano medico Guglielmo d’Harcigny. Dal risveglio egli cominciò il lungo viaggio per tornare nella capitale, dove si sottopose ad un periodo di riposo.

La follia del re aveva ormai avuto inizio e la sua insorgenza era vista da molti come segno di una punizione divina o di stregoneria. Attualmente alcuni storici ipotizzano che potesse trattarsi di schizofrenia paranoide. Le speranze che il re potesse guarire e riacquisire la ragione caddero ben presto nel vuoto. Il medico bretone, giunto a corte con il malato, non si trattenne per molto nella capitale, affidando ai cortigiani la protezione del paziente. Egli non avrebbe dovuto sforzarsi, quanto invece svagarsi e trovare distrazioni che ne alleviassero le sofferenze. La soluzione fu costruire attorno a Carlo un’atmosfera costantemente festosa, attraverso l’organizzazione di intrattenimenti elaborati e mode stravaganti.

Il popolo guardò con poca benevolenza i frequenti festeggiamenti, ma d’altro canto mostrò di amare profondamente il giovane sovrano, nominandolo bien-aimé (beneamato).

 

Gli avvenimenti

Nella fredda notte del 28 gennaio 1393 a Parigi, nel Palazzo Saint-Pol, la regina Isabella organizzò un maestoso ballo per festeggiare le terze nozze della dama di compagnia Catherine de Fastaverin. All’epoca non era infrequente che il matrimonio di una vedova fosse occasione di mascherate e divertimenti oltraggiosi. Su suggerimento di Huguet de Guisay, membro noto nella corte per la sua spiccata irriverenza, si tenne uno spettacolo durante il quale sei uomini avrebbero danzato travestiti da selvaggi. Maschere e costumi celarono le identità dei teatranti, di cui fece parte anche il sovrano. Essi entrarono nella sala con il favore di un’atmosfera semi-tenebrosa, a causa del divieto a trasportare e trattenere fra le mani fiaccole, affinché i costumi non potessero prendere fuoco.

Bal des Ardents, opera del Maestro Antonio di Borgogna - Wikipedia
Bal des Ardents, opera del Maestro Antonio di Borgogna – Wikipedia

Il ballo fu oltraggioso. Gli uomini danzarono come bestie, emettendo versi animaleschi e pronunciando oscenità. Il pubblico fu, poi, invitato ad indovinare le identità celate sotto le maschere. La tragedia giunse con l’ingresso di Luigi I di Valois-Orléans e di Philippe de Bar. Essi entrarono ubriachi nel salone portando due torce accese. A discapito della discordanza fra i resoconti sembra che l’incendio che seguì sia stato causato proprio dal fratello del re. L’Orléans avrebbe posto la fiamma sopra ad una maschera, per scorgere il volto del danzatore, mandando in fiamme una delle gambe dell’uomo. Secondo un racconto dell’epoca, invece, Luigi avrebbe lanciato la fiaccola su un sedicente selvaggio.

Nel trambusto anche altri attori caddero sotto le fiamme. Vista la scena e temendo per il marito la regina Isabella svenne. Carlo, tuttavia, era ben lontano dai compagni e fu protetto dalle vesti della zia Giovanna di Berry.

 

Le conseguenze

La tragedia si era ormai consumata e venne descritta con lucida attenzione dal monaco di San Denis. Solo due danzatori sopravvissero, il Signore di Nantouillet e naturalmente il re. I cittadini si infuriarono e incolparono i consiglieri di Carlo per avergli fatto correre un pericolo simile. Il popolo, profondamente insoddisfatto, minacciò una rivolta che avrebbe deposto i reggenti e portato alla morte i cortigiani dissoluti.

I governanti, temendo la forza di una sommossa, convinsero la corte a porgere delle scuse ufficiali. Venne organizzata una grande penitenze a Notre Dame, dove gli i peccatori sarebbero giunti dopo aver percorso un’entrata reale apologetica in città. A Luigi I fu addossata la colpa, che egli dovette espiare donando fondi per la costruzione di una cappella nel monastero dei celestini. La sua reputazione ne uscì chiaramente danneggiata, dopo essere stato persino accusato di stregoneria qualche anno prima. Secondo il teologo medioevale Jean Petit l’incendio fu proprio il tentativo dell’Orléans di uccidere il fratello.

Il ballo confermò l’idea del popolo che la corte fosse intrisa di eccessiva stravaganza, racchiusa attorno ad un sovrano malato ed incapace di sostenere un regno. Egli, poi, fu frequentemente vittima di attacchi psicotici sempre più severi, che lo costrinsero ad una mera funzione cerimoniale. Questo contribuì alla decadenza della dinastia dei Valois.

La leggenda del Nodo Gordiano

La leggenda del Nodo Gordiano

Le interpretazioni

Il ballo è stato nel tempo fonte di letture pluristratificate. Sono state formulate numerose ipotesi in merito a eventuali significati intrinsechi e simbolici, fra i quali spicca la tensione, all’epoca ancora vivacissima, fra credenze cristiane e paganesimo. I selvatici, proprio per il loro vivere barbaricamente all’esterno della società civile, erano emblema degli uomini senza Dio o addirittura personificazioni demoniache.

In una cronaca del XV secolo il Ballo degli Ardenti apparve come una danza che avrebbe esorcizzato il demonio. Da alcuni, infatti, è stato interpretato come un esorcismo simbolico della malattia del sovrano.

Numerosi furono i resoconti che negli anni continuarono a descrivere gli accadimenti, contribuendo a trasformarli in leggenda. Il Ballo divenne talmente celebre da ispirare persino lo scrittore Edgar Allan Poe, che compose il racconto breve Hop-Frog.

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