I Saraceni nella valle dell’Aniene

Leggenda o storia?

La Valle dell’Aniene, come numerose altre zone d’Italia, nel IX secolo diviene lo scenario di diverse incursioni dei Saraceni.

La predicazione di Maometto aveva favorito l’espansionismo degli Arabi.  Dopo la sua morte nel 632 i suoi successori li condussero alla conquista dei territori vicini, nel nome dell’Islam.   I musulmani estesero così la loro presenza dalla valle dell’Indo alle coste atlantiche dell’Africa e da qui fino ai Pirenei.

In Italia nacquero gli emirati di Bari, Taranto e Sicilia: quest’ultimo resistette fino alla conquista normanna dell’XI secolo e fu artefice di una grande fioritura culturale. Il resto della penisola, denominata “lunga terra” e divisa tra impero franco e bizantino, faceva parte della “casa della guerra” e si contrapponeva alla “casa dell’Islam”.

Il processo di arabizzazione comportò l’introduzione di nuovi modelli culturali, soprattutto nell’ambito linguistico e religioso e non sempre incontrò ostacoli come si potrebbe ritenere comunemente.

La cosiddetta “guerra santa” si rivolgeva più che altro alle credenze pagane. Ad Ebrei e cristiani, i “popoli del Libro” in quanto seguaci della Bibbia, invece, non veniva richiesto di convertirsi. Gli si offriva anzi la protezione dei conquistatori, che in cambio pretendevano una tassa.

Per sottrarsi a questa, la maggior parte degli abitanti delle regioni conquistate si convertì all’Islam nel periodo successivo. Coloro che vollero mantenersi fedeli alle proprie tradizioni, soprattutto tra gli ebrei, godettero di una certa libertà.

L’invasione del Lazio durò più o meno un secolo: all’813 risale infatti il primo attacco presso Centumcellae (odierna Civitavecchia) e al 916 la battaglia del Garigliano, diretta da Papa Giovanni X, che pone fine all’espansione musulmana nella penisola italiana.

Si trattava soprattutto di Berberi africani di recente islamizzazione, avventurieri e predoni che vivevano ai margini della società musulmana. A favorire questo fenomeno fu anche la frammentazione politica della penisola a sud del Patrimonium Petri (la frontiera meridionale dell’impero carolingio), costituita da diversi stati che si facevano la guerra tra loro.

I Saraceni riuscirono così ad intrufolarsi in questi conflitti e ad istaurare rapporti con le fazioni a seconda delle necessità del momento, partecipando alle operazioni belliche dalla parte dell’una o dell’altra o eseguendo razzie per procacciarsi schiavi.

Le fonti scritte sulla Valle dell’Aniene

Tra le fonti scritte, Liutprando da Cremona descrive chiaramente l’atmosfera dell’epoca:“Nessuno da Occidente o da Settentrione poteva passare per andare a Roma a pregare sulle tombe dei beatissimi apostoli, senza che fosse preso da costoro e lasciato libero col pagamento di un forte riscatto”.

Numerose sono anche le lettere di Papa Giovanni VIII dirette agli imperatori franchi con la richiesta di un intervento militare.

In una di queste si fa riferimento alla devastazione della campagna romana e a come, risalendo il fiume Aniene, i Saraceni penetravano fino alla Sabina: “Distruggono basiliche e altari, catturano preti e monache, portandone via alcuni prigionieri e uccidendone altri in vari modi, annientando dappertutto il popolo redento dal sangue di Cristo”.

In merito alla Valle dell’Aniene, fonti storiche attendibili riportano che in quest’ area i Saraceni si fossero stabiliti con dei veri e propri accampamenti. Bisogna però considerare che essendo all’epoca il territorio nei dintorni di Roma e in particolare attorno alla via Valeria quasi disabitato, fosse più probabile che gli abitanti trovassero riparo dalle incursioni presso le abbazie e monasteri fortificati, come il caso di Subiaco.

Il caso di Saracinesco

Per quanto riguarda l’ipotesi di uno stanziamento dei Saraceni nei pressi di Saracinesco e Vicovaro, sembra che si tratti piuttosto di leggende alimentate probabilmente anche dai racconti popolari in versi e in prosa che iniziarono a circolare a partire dall’XI secolo, nell’ambito della Prima Crociata, come ad esempio la Chanson de Roland che metteva in luce la contrapposizione tra l’eroismo dei cavalieri cristiani e la barbarie dei musulmani.

Nel caso di Saracinesco, la fondazione del centro abitato è comunemente ritenuta opera di un gruppo di Saraceni convertitisi in un secondo momento al cristianesimo, In realtà, come ipotizzato da Pierre Toubert, studioso di costruzioni medievali, il toponimo “Saracinesco” deriverebbe piuttosto dal termine “serra” che indica una sommità, un sito d’altura.

Il caso di Vicovaro

Privo di fondamento storico sembra essere anche il riferimento ad una battaglia che si sarebbe svolta nei pressi del convento di San Cosimato attorno al 916, immortalata dal pittore Antonio Rosati in una delle tre lunette del portico della chiesa dei SS. Cosma e Damiano nel convento di San Cosimato.

Archivio Cultura Vi.Va. aps

Marco Antonio Nicodemi nella “Storia di Tivoli” cita infatti come condottiero della battaglia Carlo Magno, che sappiamo in realtà già essere morto nell’814.

Le incursioni saracene, avendo avuto un grande impatto emotivo sulle popolazioni locali, hanno favorito il fiorire di leggende popolari tramandate fino ai giorni nostri ma non comprovate da documenti storici.

 

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