Imposta sul Celibato, chi non si sposa tornerà a pagare?

Il Fascismo secondo alcuni ha fatto cose buone, secondo altri è stato il male assoluto. Ma in questo articolo non parleremo di atrocità o azioni commesse in guerra, analizzeremo un aspetto burocratico di quel periodo.

Se per esempio il sistema burocratico fascista aveva ideato le pensioni, le otto ore lavorative e il minimo salariale, aveva anche ideato tasse che oggi ci paghiamo ancora, come le accise sul carburante ad esempio. Oppure tasse che oggi ci sembrerebbero assurde e inique per la libertà individuale.

Una di queste fu l‘Imposta sul Celibato, ovvero una tassa per in single.

Quando fu introdotta e a chi era rivolta

Questa tassa venne introdotta il 19 dicembre 1926 con Regio Decreto n.2132, la sua applicazione disciplinata dal Regio Decreto del 13 febbraio 1927, n. 124. Essa venne prevista per le persone di solo sesso maschile, con l’intento di costringere anche i più restii a convolare a nozze. Il Fascismo fondava infatti la sua forza e la sua politica sulla proliferazione di famiglie numerose, che potessero fornire alla patria soldati e operai.

L’imposta appena varata colpì ben 3 milioni di uomini italiani, che all’epoca risultavano celibi. Soggetti tra i 25 e i 65 anni, fatta esclusione per stranieri residenti in Italia, sacerdoti, i grandi invalidi di guerra. Ma anche militari che erano vincolati a ferme speciali delle forze armate dello Stato, per i quali il matrimonio sia subordinato a condizioni od a limitazioni.

Avviso d’Imposta
Le somme da pagare e il loro impiego

Chi proprio non voleva accasarsi doveva pagare l’Imposta sul Celibato e versare un contributo fisso variabile a seconda della fascia d’età. Tra i 25 e i 35 anni si pagavano 70 lire, fino alle 100 dai 35 ai 50. Il costo si abbassava a 50 lire dai 50 ai 66 anni, età dalla quale si veniva esentati. Gli importi aumentarono nel 1934. Un contributo integrativo a seconda del reddito del contribuente venne introdotto nel 1937.

I soldi raccolti erano destinati a un fondo per l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, un ente assistenziale per madri e bambini in difficoltà economica.

L’imposta venne abolita dal Governo Badoglio I il 27 luglio del 1943, assieme alla gran parte delle leggi fasciste. Ma l’abrogazione vera e propria avvenne durante il Governo Berlusconi IV nel 20120 con DLgs del 13 dicembre 2010, n. 212.

In tempi recenti, tra gli anni ’90 e il 2000, diversi esponenti politici hanno proposto di reintrodurre il balzello per contrastare il drastico calo di natalità in Italia. L’ipotesi sembra tuttavia remota, sebbene attualmente stia governando il Centro-Destra, in quanto si tratta di una misura restrittiva della libertà personale.

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