Un Paradiso chiamato Altipiani

Esistono località che sanno entrare nel cuore di chi le visita e non per la loro grandezza in metri quadrati, ma perché riescono a unire tanti pregevoli aspetti intellettuali: dalla Storia, all’arte, all’architettura, senza dimenticare la natura. In Italia, per fortuna, ne abbiamo in abbondanza di posti simili e tra questi dobbiamo sicuramente annoverare Altipiani di Arcinazzo.

Altipiani di Arcinazzo si trova tra la provincia di Roma e quella di Frosinone e, negli ultimi anni, si sta imponendo a giusto diritto tra le località turistiche più note e apprezzate italiane. Situato a est dei Monti Affilani, offre panorami mozzafiato che ricordano moltissimo quelli alpini, tanto che da molti è detta “la piccola Svizzera” proprio per la presenza di molti abeti, il verde e la natura  che ogni stagione accoglie gli abitanti e i turisti con i suoi colori diversi. Gli Altipiani però non è solo natura, ma anzi offre molti spunti intellettuali e culturali che mostrano quanto siano antichi i Comuni che compongono questa località. Non mancheranno quindi edifici storici e religiosi, musei, monumenti e tanto altro, come la Villa di Traiano.

La Villa di Traiano

La villa di Traiano si trova alle pendici del Monte Altuino ed era la residenza estiva dell’imperatore romano; egli, infatti, amava trascorrere qui le soffocanti estati romane, godendosi il clima di montagna e cacciando, attività prediletta dall’imperatore. La villa fu edificata, secondo le recenti stime storiche, dal 97 d. C e conclusa intorno al 115 d.C. Ebbe, come si può immaginare, diverse fasi edilizie. Le parti principali sono due vasche, oggetto ancora oggi di scavo. Le plateae, quella inferiore e quella superiore, furono realizzate dall’imperatore, partendo dai terrazzamenti naturali della zona.

La villa di Traiano

Quella inferiore, che ha un’estensione minore rispetto a quella superiore, era il giardino della villa; la presenza di una folta area verde era abbastanza comune dell’architettura dell’epoca, tanto che si ritrovano nelle altre domus dell’epoca. Ai lati della platea inferiore erano presenti altre due vasche semicircolari che con tutta probabilità fungevano da fontane; questo sarebbe confermato dalla posizione di tutte e tre le vasche; esteticamente, infatti, porre le fontane accanto al giardino avrebbe dato un surplus alla villa dell’imperatore. La complessa struttura, poi, era circondata da un porticato a volte e da cui si accedeva all’ala di rappresentanza, ossia quelle stanze dove l’imperatore riceveva i suoi ospiti. Il porticato era sostenuto da una serie di colonne in marmo cipollino, una varietà sfruttata dai Romani in vari edifici. Al suo interno invece erano presenti affreschi e sculture, in parte ancora oggi visibili.

Gli spogli nel Settecento

Dalla morte dell’imperatore, avvenuta nel 117 d. C, inizia una fase di decadimento, tanto da essere quasi abbondonata.  E proprio durante questo lungo periodo che la villa fu spogliata dei marmi e dei vari elementi di arredo. Solo nel Settecento, e grazie al nuovo interesse verso l’archeologia, la Villa riscosse di nuovo un notevole successo, tanto da interessare gli intellettuali dell’epoca. Nonostante questo ritrovato interesse, gli spogli alla villa continuarono, in questo modo si perse la maggior parte degli arredi e delle decorazioni. Tuttavia, ancora oggi suscita un profondo fascino, tanto che rimane tra i siti più visitati degli Altipiani e sono sicura che abbia ancora molto da rilevarci e raccontarci sulle abitudini “casalinghe” dell’imperatore Traiano.

Il Castello di Colle Alto

La presenza romana non è solo identificabile con la Villa di Traiano;  nel territorio di Altipiani, infatti, sono sparse varie tracce archeologiche che dimostrano quanto l’insediamento del popolo romano fosse cospicuo e duraturo. In questo senso, non possiamo non soffermarci sul Castello di Colle Alto: questo castello oggi sarebbe situato nella località omonima e sarebbe, anche secondo recenti studi, di epoca romana. In questa zona, possiamo ancora vedere alcune tracce archeologiche; purtroppo dell’antico castello sono rimasti solo alcuni ruderi del perimetro e del basamento di una torre. La presenza di questi ruderi è però sufficiente per confermare la presenza di altre architetture, oltre la nota villa dell’imperatore.

Inoltre, la località Colle Alto si trova menzionata nel 929 d. C in un accordo di vendita tra i coniugi Urso e Rosa che avrebbero ceduto a una donna di nome Gemmosa, un terreno confinante proprio con Colle Alto. Sebbene si tratti di una citazione traversale, questa dimostra come già prima dell’anno Mille fosse denominata in tal modo e, soprattutto, nota agli abitanti della zona. La conferma comunque arriva da Papa Urbano II e nella sua bolla pontificia, emessa nel 108, nella quale è confermata la soppressione della diocesi trebana. Questa si rifà a una precedente bolla (emessa tra 1059-1061) di Niccolò II, dove Colle Alto è unito al paese di Agnani.

Se da una parte queste menzioni confermano la sua esistenza; dall’altra, fanno sospettare che fosse un borgo attivo e popolato e non una semplice “frazione”, probabilmente nato con la costruzione della Villa di Traiano. Infatti, molti storici sospettano che il Castello di Colle Alto ospitasse la servitù dell’imperatore romano e poi, nel  corso dei secoli, siano rimasti i loro discendenti. Questo avrebbe portato alla nascita del borgo, come, alla fine, riportano le due rispettive bolle papali. Cento anni dopo circa, però, il Castello di Colle Alto fu in parte distrutto e danneggiato; l’evento è da collocare negli scontri che ci furono tra Giovanni V, abate di Subiaco, e Ildemondo de Marano, all’epoca signore di Ponza e Affile.

Il castello al centro degli scontri

Gli scontri tra i due s’inseriscono in quelli più ampi tra potere temporale e quello religioso che proprio in quel periodo attraversavano gran parte della penisola italiana. L’abate e il signore comunque si rappacificano lo stesso anno quando l’abate rinuncia a Colle Alto, restituendolo al feudo di Iledomondo.

Le sorti però di Colle Alto non furono più calme, tanto che continuò a essere motivo di scontro tra i trebano e l’abbazia sublacense, la quale, e per vari accordi, era proprietaria di gran parte dell’architettura. I trebani, però, non lo accettarono e così, approfittando di un momento di debolezza dei monaci, lo occuparono nuovamente.

I ruderi del Castello.

La questione quindi divenne spinosa, tanto che il Pontefice inviò un ambasciatore ( l’abate Simone, figlio del conte di Sangro) per districare la faccenda che si concluse con l’assegnazione di due terzi del castello ai monaci e un terzo ai trebani. Le vicende, con il passare del tempo, si fanno sempre più confuse, soprattutto dal 1300 e dopo la vendita dei trebani alla diocesi di Agnani. Piano piano il Castello fu abbandonato, lasciandolo morire. Oggi è un vero peccato che i pochi resti visibili siano in parte ricoperti dalla vegetazione; sarebbe sicuramente interessante approfondire maggiormente perché potrebbe portare alla luce nuove scoperte.

Nei tempi moderni

Insomma, il territorio degli Altipiani è ricco e variegato; architetture che hanno attraversato i secoli, raccontandoci molto sui secoli passati ed è intellettualmente avvincente immergersi nella Storia. Con i secoli, e com’è ovvio, anche questo territorio cambiò moltissimo. La sua conformazione geografica e paesaggistica non è più la stessa delle origini, soprattutto a causa dell’intensa opera di urbanizzazione durante gli anni Sessanta e Settanta.

Non si trattò solo di un fenomeno locale, anzi fu sicuramente a carattere nazionale. Un fenomeno che causò in primis lo spopolamento delle campagne e un emigrazione massiccia verso le città. In quest’occasione, anche le zone più considerate più rurali dovettero adattarsi ai nuovi flussi. Si avviò

Panoramica degli Altipiani.

un lungo e denso processo di costruzione abitativa e non solo. E questo accade anche ad Altipiani: proprio in questi anni, costruirono moltissime residenze, soprattutto per venire incontro alle esigenze dei turisti che, complice gli aumenti dei salari, veniva a rigenerarsi qui, magari acquistando un’abitazione.

Gli abeti di Becker

L’opera di urbanizzazione però non ha rovinato il paesaggio che rimane oggi fra i più belli d’Italia; il paesaggio degli Altipiani è altamente caratterizzabile dai numerosi abeti che incorniciano le altezze montuose.  Non è caso che ci siano molte di queste piante; esse, infatti, furono piantate da Sir Walter Becker, uomo d’affari inglese che rese unico gli Altipiani. Becker si era trasferito in Italia per espandere i suoi affari. Secondo alcuni fonti, fu armatore a Messina nel 1888 e nel 1925 creò una fondazione (ancora oggi esistente) che, tra i suoi scopi, aveva quello di rinvigorire, e quindi proteggere, le aree boschive italiane.

Grandi personalità in villeggiatura

Non deve dunque stupire che numerose personalità dello spettacolo, della letteratura e del cinema abbiano, nel corso degli anni, visitato questa zona; tra le più famose, c’è sicuramente la diva immortale Audrey Hepburn.  L’attrice di “Colazione da Tiffany” s’innamorò degli Altipiani quando venne in vacanza con il suo compagno d’allora: lo psichiatra Andrea Dotti.

La diva con il marito ad Altipiani

Dotti aveva, infatti, qui una residenza estiva e per tutta la durata del loro matrimonio (da cui nacque anche un figlio) amava portare la sua famiglia qui sugli Altipiani in villeggiatura. L’unione, purtroppo, non durò a lungo. Sappiamo con certezza che la diva del cinema americano ebbe sempre per gli Altipiani un ricordo speciale perché aveva trascorso un tempo sereno in compagnia della sua famiglia. Questa è solo una delle tante visite di personalità note, perché la natura e la Storia degli Altipiani ha catturato i loro cuori, rendendo quindi immancabile le loro visite. D’altronde questo continua a essere così. Il turismo sta finalmente scoprendo questa località e sappiamo con certezza che saprà ancora stupire ogni singola persona che vorrà visitarlo.

 

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