Anite: letterata dell’antica Grecia
Quante volte ci siamo domandanti se nell’antichità ci fossero donne letterate e inserite nel panorama intellettuale delle loro epoche? La risposta, in molti casi, potrà essere scarna perché sulle figure femminili, frequentemente, ci rimane ben poca tracce. Sappiamo però che, oltre la nota Saffo, altre donne seppero affermarsi in un panorama prevalentemente di uomini, come Anite.
Anite di Tegea visse a cavallo tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a. C, nata e cresciuta in Arcadia, storica regione dell’antica Grecia, scrisse epigrammi, epitaffi e, secondo alcune fonti, anche opere d’ispirazione omerica. Oggi, purtroppo, abbiamo poche notizie riguardanti la sua biografia, ma per comprendere la sua importanza, basterà sapere che, secondo molti fonti, era tra i membri della scuola di poesia e letteratura del Peloponneso e che nel 290 a. C gli abitanti di Tegea le eressero una statua in suo onore.
Della sua produzione letteraria sono conservati diciannove epigrammi, per lo più scritti in dialetto dorico. Essi sono tramandati da un unico codice manoscritto, l’Antologia Palatina: un manoscritto, compilato a Bisanzio alla metà del X secolo, nel quale copiarono soprattutto poeti greci (due dei diciannove sono oggi in dubbio). Anite, però, è ricordata per la sua spiccata sensibilità negli epigrammi funebri, nei quali, soprattutto quelli iniziali, propone un paragone tra la morte e il paesaggio agreste.
I toni dunque sono quelli della letteratura bucolica, tanto cara agli antichi. Non si tratta solo di messaggi di dolore perché Anite le personalizza attraverso la sua persona e soggettività. Questo fu un’assoluta novità in questo genere letterario poiché la tendenza era quella di restare distaccati nei confronti del trapasso.