Giacomo Puccini, cento anni dalla morte

Immaginate un bell’ uomo con gli occhi pensosi e disincantati animati
da un leggero vezzo ironico che ottimamente si intoni con il suo aspetto
estroso ed elegante. Immaginate il cappello morbido portato calcato da un
lato e di traverso sulla fronte, i bei baffi folti e la cravatta a nastro
annodata, con cura, attorno all’ alto colletto della camicia inamidata.
Immaginate quanto tutto questo gli conferisca quel tono distinto e
disinvolto tipico di un autentico borghese di fine ottocento e riconoscerete
Giacomo Puccini il musicista lucchese, l’ autore osteggiato e volutamente
sottovalutato che, ad ormai cento anni dalla morte, rinnova una grandezza
tanto stabile e documentata da mostrare ridicole le profezie avanzate, su di
lui, fin dagli inizi.

Figlio d’arte

Discendente d’ arte da una famiglia di musicisti da cinque generazioni e
quinto di sette figli il compositore nacque a Lucca tre giorni prima del
Natale 1858 Scopertosi tale a diciotto anni, musicò dodici opere altamente
drammatiche che contengono tutti gli elementi che occorrono ad un autore
per porre a frutto il suo talento. I personaggi delle opere, prevalentemente
donne, aderiscono al tipo d’ uomo che, attraverso di essi, persegue figure
degradate e colpevoli che tentano di riscattarsi attraverso la dolcezza e la
dedizione.

La vita in Versilia

Puccini abitò a lungo a Torre del Lago in una villa immersa nel paesaggio
fiorente dell’ alta Versilia. Qui le acque palustri si inseriscono
predominanti e si insinuano, pigre, tra i canneti e le pinete maestose.
Silenzioso e remoto un dramma umano vi si consumò. Una fanciulla
scomparve nel lago ed ogni ricerca ne risultò vana. La tragedia fu
provocata dal sospetto di Elvira la gelosissima moglie del compositore. La
ragazza morì per lui nel sussulto estremo di un amore disperato. Così
come accade per Manon, per Mimì, per Tosca, le eroine delle opere
pucciniane. Tuttavia è la vicenda triste di Butterfly che vi si perfeziona, nel
tempo e nel luogo. La piccola giapponese ha ceduto al piacere per amore e,
abbandonata e disprezzata, si uccide tragicamente riflettendo, più di ogni
altra, il sentimento ed il cuore dell’ uomo-autore conteso dalle sue donne-
personaggio protagoniste di altrettante storie non dissimili per le quali la
melodia trascende il dramma e redime.
Il secolo diciannovesimo si era chiuso nel crepuscolo idealistico del
grande melodramma ottocentesco caratterizzato dal tacito compromesso
tra i due geni contemporanei: Verdi e Wagner.

L’eredità musicale

Nel frenetico fiorire di tentativi imitativi toccò a Giacomo Puccini raccogliere questa vacante
eredità. Un’ eredità che il pubblico della critica non esitò a confermargli
anche se, inizialmente, dimostrò ostilità per la sua arte non accettando i
vuoti profondi del racconto di Manon Lescaut che l’ alta musicalità dell’
opera stessa non attenua, rifiutando la passione “superba ed assassina” di
Tosca oppure toccando il vertice dell’ incomprensione “fischiando” la
prima di Madama Butterfly. Con l’ impersonale Fanciulla del West,
invece, si verificò un paradossale successo immediato che, in prima
rappresentazione, non sortì nemmeno per Bohéme, il capolavoro di
Puccini “scapigliato”. Nella fredda soffitta parigina, ritrovo di inquieti
artisti, l’ amore sboccia dolce tra il poeta e la fioraia in una melodia tenera
di funzionante musicalità che la “manina gelida” e la “ luna vicina”
delicatamente armonizzano. Tuttavia anche Mimì è condannata e la stessa
soffitta la accoglierà morente tra le braccia del suo Rodolfo.

La morte

Un male che non perdona, favorito dal fumare incessante uccise
l’ irrequieto compositore cento anni or sono, il 29 novembre, proprio
mentre due altre sue eroine, la sadica e crudele principessa Turandot e la
dolcissima schiava Liù, prendevano forma da una musica eterna fatta per
una storia fantastica splendidamente ambientata in un oriente misterioso e
fiabesco.
Il tentativo di Franco Alfano di mantenere la continuità pucciniana
completando l’ opera non è riuscito. La differenza stride nell’ evidenza di
un paragone insostenibile. Il grande Arturo Toscanini materializzò questa
differenza facendolo, con clamore, allorchè, al Teatro alla Scala, sospese
la “prima” di Turandot esattamente nel punto in cui “l’ autore è morto”.

Pietro Patriarca

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