La pila ad acqua

Tutti noi conosciamo la pila che fa parte di molti oggetti elettronici nella nostra quotidianità. Tra le infinite varietà di quest’oggetto così essenziale, ne esiste un tipo ad acqua, inventata da Stanley Allen Meyer ( 1940- 1998).

La pila ad acqua

Questa particolare pila sfruttava la separazione nell’acqua dell’idrogeno e ossigeno e dal primo, bruciandolo, si otteneva l’energia necessaria per far funzionare la pila. Secondo l’inventore, questo processo avrebbe richiesto una quantità di energia inferiore a quella standard per mettere in moto l’elettrolisi, ossia quel processo che converte l’energia elettrica in energia chimica. Il procedimento della pila ad acqua, secondo Mayer, avrebbe utilizzato il mix di gas di idrogeno e ossigeno, detto Gas Brown. Le prime reazioni degli scienziati all’epoca furono abbastanza dubbiose perché, se questo procedimento avesse funzionato, avrebbe violato la prima e la seconda legge della termodinamica.

Lo schema della pila ad acqua. Wikipedia.
I dubbi sull’invenzione

Il termine “pila ad acqua” fu creato dallo stesso Meyer, riferendosi alla scissione nell’acqua di idrogeno e ossigeno per mezzo dell’energia elettrica. La voce però causò numerose critiche da parte della comunità scientifica. Il termine “pila a combustibile” è usato per indicare meccanismi che producono energia elettrica attraverso reazioni chimiche e quindi, non essendoci una reazione di questo tipo nella sua invenzione, molti considerarono la voce errata e forviante.

Una dunny bug. Foto di Stephen Foskett, sfoskett. Wikipedia.

Meyer non si arrese e così nel 1990 depositò il brevetto, nel quale descriveva dettagliatamente il procedimento ipotizzato. In un servizio televisioni sulle reti americano, Mayer mostrò come una dunny bug ( macchina sfruttata soprattutto su sabbia) si muoveva, secondo lui, grazie alla pila ad acqua; per percorrere la distanza tra New York e Los Angeles sarebbero serviti circa 22 galloni di acqua, circa 80 litri. La dunny bug si muoveva grazie alla sostituzione delle candele con degli iniettori che spruzzava la miscela di Gas Brown.

La dimostrazione non convinse la comunità scientifica, molti giornalisti etichettarono l’esperimento, e quindi la presunta invenzione, come pseudoscienza. Inoltre, due anni prima di morire, due investitori lo citarono in giudizio. Il tribunale lo condannò a risarcirli perché nella sua invenzione non c’era, in realtà, niente di nuovo, ma solo un meccanismo più che conosciuto dalla scienza.

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