Medeghino, il condottiero

La famiglia Medici, come sappiamo, è stata protagonista per lunghissimo tempo della Storia italiana; alcuni suoi membri sono poi conosciuti da tutti, come non ricordare, ad esempio, Lorenzo il Magnifico. Ci sono però dei rami della casata che, non essendo strettamente legati a quella fiorentina, sono rimasti un po’ all’ombra della Storia, come nel caso di Gian Giacomo Medici, detto il Medeghino, appartenente al ramo milanese dei Medici.

Ritratto di Medeghino. Wikipedia.
Medeghino, il condottiero

Nato il 25 gennaio del 1495 da Bernardino Medici di Nosigia e Cecilia Serbelloni a Milano; la famiglia, nonostante il cognome, era meno ricca e potente di quella fiorentina. Il padre era un esattore delle tasse che arrotondava le entrare con il prestito di denaro. La famiglia della madre non faceva parte della nobiltà più potente di Italia, era una famiglia benestante borghese. Oltre al Medeghino , la famiglia ebbe altri tre figli: Giovanni Angelo ( futuro Papa Pio IV), Margherita e Clara. La famiglia  quindi era benestante e agiata; questa pace durò fin quando non tornarono i francesi nel Ducato di Milano. Il padre, infatti, era indebitato per grosse somme con il Duca e, una volta tornati i francesi, lo incerarono. Bernardino morì così qualche giorno dopo l’arresto.

Tra i tre figli della coppia, Gian Giacomo era sicuramente il più scalmanato e turbolento; fin da giovane, lo soprannominarono Medeghino  per la sua bassa statura e il suo carattere collerico. A sedici anni infatti subì il bando per aver ucciso un suo coetaneo; il fatto successo durante la dominazione dei francese. Fu costretto a rifugiarsi sul lago di Como dove la famiglia aveva i contatti con gli Sforza, nemici del sovrano francese Luigi XVII. Gian Giacomo si unì alle truppe di ribelli e con loro organizzò atti di sabotaggio a Milano.In quest’occasione riuscì a distinguersi per il suo carisma e attitudine alla politica, tanto da passare nelle fine dell’imperatore Carlo V ed è proprio nell’esercito imperiale che la sua fama crebbe enormemente, pur rimanendo sempre stazionato sul lago di Como dove rincontrò G. Morone, cancelliere sforzesco,  già amico del padre.

L’esperienza sforzesca

Morone quindi lo coinvolse nella presa di Milano e così divenne un soldato di quello che sarebbe stato il nuovo di duca di Milano: Francesco Sforza. Inoltre Morone lo volle come una delle sue guardie del corpo: il cancelliere sforzesco era molto potente alla corte e, sicuramente, questo servì anche al Medeghino  per farsi strada. E fu probabilmente lo stesso Gian Giacomo a uccidere il rivale di Morone, Ettore Visconti.

Interno della castello di Musso. Foto di Phyrexian. Wikipedia.

Già all’epoca girava la voce che Morone, dopo l’omicidio di Visconti, volesse uccidere il condottiero per conosceva troppo e così molti storici attribuirono la congiura a Morone che voleva sbarazzarsi di Gian Giacomo. La trappola però non funzionò perché il Medeghino  intuì subito l’inganno e riuscì a scappare, diventando pure il castellano di Musso, tra le migliori roccaforti del Ducato. Qui, riunì tutti i ribelli agli Sforza, divenne come una sorta di campo base per il generale milanese che fece numerosi attacchi all’esercito sforzesco, tanto che nei libri di storia, questo periodo è chiamato “le guerre di Musso”.  Arruolò per conto del Papato, anche dei mercenari svizzeri per compiere queste azioni.

La veste di soldato imperiale lo ufficializzava come un vero capitano e non come un mercenario. Le rappresaglie continuarono fino al 1 marzo del 1532 quando fu raggiunta la pace e nella quale Gian Giacomo rinunciava ai castelli sul Lago di Como in cambio del marchesato di Marignano. Questo però non  fermò le sue imprese che continuarono a essere molte. L’ultima fu quella di Siena nel 1555, qualche giorno dopo l’8 novembre morì nel suo palazzo a Milano.