Codex Gigas, il manoscritto più grande al mondo

Il termine “filologia” deriva dal greco philologia ( philologos), ossia amante dei discorsi, interpretato poi come “amore per le lettere” o, più specificamente, in erudizione. Oggi indica una disciplina letteraria che ha lo scopo di studiare i testi in modo scientifico. Tale interessante branca letteraria ha, tra gli altri, come oggetto di studio di studio i manoscritti. Nell’accezione comune, per manoscritto s’intende qualsiasi documento scritto a mano, ma in filologia invece, con tale termine, s’indica un libro cartaceo o, più frequentemente, pergamenaceo poiché scritto su pergamena e in seguito raccolto in fascicoli. L’insieme di questi era chiamato Codex.

Panoramica del Codex. Foto di Michal Maňas. Wikipedia.
Codex Gigas, il manoscritto più grande al mondo

Questo breve preambolo serve comprendere meglio la rilevanza del Codex Gigas, ossia il codice gigante. Questo manoscritto è, per dimensione, tra i più grandi che il mondo letterario abbia conosciuto. Ha una copertina di legno, ricoperta in pelle con alcuni decori in metallo. Misura circa 90 cm in lunghezza e 50 in larghezza con uno spessore di 22 cm, per un totale complessivo di 75 Kg. Date le sue misure, non ci sono dubbi che sia tra i Codices più voluminosi, probabilmente fu realizzato in Boemia ( oggi Repubblica Ceca) nel primi anni del XIII secolo. Nella prima versione (poiché oggi sono mancanti alcune pagine), conteneva quasi 320 pagine di vellum, ossia una pergamena dalla filigrana molto fine e leggera.
Non conosciamo con certezza il nome dell’autore, sebbene si possa immaginare dalle note a margine delle pagine che si tratti di un monaco benedettino, Herman il Recluso che nei primi anni del Duecento era in quel monastero. Inoltre, secondo i registri del convento sappiamo che il Codex fu concluso nel 1229 e questo potrebbe confermare la paternità dell’opere, visto che gli anni sono gli stessi.

L’interno del codice. Wikipedia

Il manoscritto Gigas ebbe però una sorta abbastanza girovaga. Passato per vari conventi benedettini, approda nel 1447 in quello di Bruomv, dove rimane fino al 1593 fino a quando lo trasferirono a Praga per volontà di Rodolfo II d’Asburgo. Durante la Guerra dei Trent’anni, però, l’esercito svedese confiscò e depredò tutta la corte di Rodolfo e così anche il Manoscritto fu trasportato in Svezia, dov’è tutt’ora conservato.

La Bibbia e l’immagine del Diavolo

Il Codex contiene tutta la trascrizione della Bibbia, tratta quasi per intero dalla Vulgata ( la versione latina della Bibbia di Sofronio Eusebio Girolamo). Fanno eccezione però gli Atti degli Apostoli e l’Apocalisse di Giovanni. Questo manoscritto riporta però anche le liste dei santi venerati nel monastero in Boemia e quella dei frati presenti. È scritto interamente in latino, sebbene il monaco abbia trascritto anche l’alfabeto greco, ebraico e cirillico.
I codici però non solo opere letterarie ma sono anche opere artistiche: le loro miniature, in alcuni casi, sono dei reali e sofisticati disegni. Nel caso specifico, quelle del Codex Gigas sono prevalentemente rosse, gialle, oro, verdi e blu e possono occupare l’intera pagina. Proprio per un suo disegno, nel corso degli anni l’ hanno chiamato la Bibbia del Diavolo; infatti nel recto 577 è presente un disegno a tutta pagina che rappresenta il diavolo.

L’illustrazione del Demonio. Wikipedia.

Molte leggende circondano questo strano manoscritto, in particolare per lungo tempo, a causa della scrittura dell’amanuense sempre lineare, molti hanno creduto che l’abbia scritto in pochissimo tempo. In realtà, lo stesso amanuense ci ha lavorato per quasi venti anni.

 

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