La bestia del Gèvaudan, il patto dei lupi

Chi tra voi ha visto l’avvincente film de Il Patto dei Lupi?

Forse non lo sapevate, ma è ispirato a una vicenda vera. Nel film del 2001, si raccontano le gesta di Grègoire de Fronsac che affronta questa terrificante creatura che stava portando morte e orrore nelle campagne francesi del Gèvaudan.

Come spesso accade, i film si ispirano a fatti realmente accaduti, anche se ovviamente meno romanzati. Tra il 1764 e il 1767 infatti, la regione del Gèvaudan fu davvero interessata da decine di morti e aggressioni ai danni di contadini e viaggiatori. Non è mai stato ben chiarito se si trattasse in un solo animale o un branco. Uno studio compiuto nel 1987, afferma che vi sarebbero state ben 210 aggressioni con 113 vittime. 98 di queste uccise e parzialmente divorate e 49 ferite.

Il re di Francia spese ingenti somme di denaro per dare la caccia a questo mostro, che a  volte veniva decritto con fattezze di leone, altre con quelle di iena o lupo. La morte della bestia venne dichiarata più volte, fin quando gli attacchi non cessarono davvero.

La prime aggressioni

Il primo attacco avvenne nel giungo del 1764 ai danni di una pastorella che conduceva buoi. La donna che viveva a Langogne sfuggì alla morte grazie ai bovini che misero in fuga la bestia. Un secondo attacco, stavolta tragico, accadde il 30 giugno. A farne le spese Jeanne Boulet, una ragazzina di 14 anni sbranata nei pressi del villaggio di Les Hubacs, vicino a Langogne.

Una seconda vittima sempre quattordicenne fu uccisa nei pressi di Masméjean l’8 di agosto. Nei mesi successivi toccò a tre ragazzi di Chayla-l’Evêque, una donna di Arzenc, una bambina di Thorts e un pastore di Chaudeyrac. I corpi erano talmente straziati da escludere la mano dell’uomo. L’amministratore della diocesi di Mende, che a fine agosto si trovava a Marvejols decise di inviare squadre di cacciatori per aiutare quelli già impiegati a Langogne.

Reggimento Clermont-Prince
L’intervento dell’esercito

Le battute di caccia però si rivelarono infruttuose. Messo al corrente l’intendente della Linguadoca e il conte di Montcan, governatore della provincia, fu ordinato al reggimento di truppe leggere Clermont-Prince di unirsi alla caccia. Al comando c’era il capitano Jean Boulanger Duhamel.

Tuttavia, nel mese di settembre la bestia uccise una ragazza di Rocles un uomo di Choisniet e una donna di Apcher. I resti furono trovati nelle campagne e nei boschi.

Ad ottobre due ragazzi sopravissero alle aggressioni rimanendo gravemente feriti, mentre una povera contadina fu ritrovata a brandelli nei pressi di Saint-Alban-sur-Limagnole.

Le truppe militari, seguite da volontari armati, batterono a lungo la foresta del Mercoire avvistando la bestia sporadicamente. L’animale a causa di queste cacce si spostò verso ottobre nell’area di Margeride e Aubrac. In queste zone ci furono nuove stragi tra pastori e contadini. Anche i cacciatori incontrarono la belva, sparandole e colpendola ben due volte, ma in entrambi i casi essa si alzò come niente fosse, dandosi alla fuga.

I provvedimenti di dicembre

I risultati infruttuosi e le continue aggressioni, spinsero l’assemblea generale degli Stati della Linguadoca a mettere in palio il 15 dicembre una taglia di 2000 livres per chiunque avesse ucciso la bestia. Taglia che poi arriverà a 6000.  Tuttavia, altre cinque persone furono uccise in quel mese.

Il 31 dicembre il vescovo di Mende, Gabriel-Florent de Choiseul-Beaupré (conte di Gèuvadan), identificò la venuta della bestia come una punizione divina di origine demoniaca. Citando la Bibbia nel versetto “Il dente delle belve manderò contro di loro” ordinò preghiere e penitenze ai fedeli e ai sacerdoti.

Gennaio 1765

A gennaio le cacce dei militari si rivelarono ancora vane e iniziò a crescere anche il malcontento popolare. Secondo le fonti, i soldati non pagavano vitto e alloggio, razziavano i campi e le loro spese di mantenimento gravavano su una regione in ginocchio. Nessuno infatti per paura della bestia pascolava più gli animali o si dedicava al raccolto e i mercati erano privi di prodotti.

Incisione del 1765 che celebra l’eroismo dei bambini

il 12 gennaio ad essere aggrediti furono 7 bambini a Villaret, uno di essi rimase gravemente ferito, ma si salvò grazie agli altri che colpirono l’animale con coltelli e bastoni. Re Luigi XV venuto a conoscenza del coraggio dimostrato regalò 300 livres a ciascuno di loro e pagò l’istruzione di Jacques Portefaix, colui che animò il gruppetto alla sopravvivenza.

Jean Charles Marc Antoine Vaumesle d’Enneval

Il 17 febbraio, convocato direttamente dalla corona giunse a Clermont- Ferrand il noto cacciatore Jean Charles Marc Antoine Vaumesle d’Enneval assieme a suo figlio. I due rivendiocarono il diritto esclusivo alla caccia facendo allontanare i militari l’8 di aprile. La prima battuta ebbe luogo soltanto il 21 di quel mese senza ottenere successo. Nel frattempo le aggressioni e le morti aumentavano facendo crescere la fama della bestia in tutta Europa, anche grazie ad alcuni articoli scritti dal Courrier d’Avignon e La Gazette de France.

Jean Charles Marc Antoine Vaumesle d’Enneval

Il primo maggio nel bosco di la Rechauve alcuni uomini dichiararono di aver colpito per ben due volte l’animale che si sarebbe rialzato e fuggito. D’Enneval giunse il giorno seguente con una ventina di cacciatori, ma lo stesso pomeriggio una donna venne sbranata a Venteuges.

Le ricerche infruttuose e le lamentele giunte al re, convinsero Luigi XV a inviare nel Gèvaudan l’8 giugno François Antoine, Gran Portatore di Archibugio del Re. Al seguito il figlio e otto capitani della guardia reale, assieme a sei guardiacaccia reali, un servitore e due segugi.

François Antoine

Il 22 giugno i cacciatori reali si unirono a d’Enneval per le battute di caccia, ma quest’ultimo per ordine del re abbandonò la regione il 28 luglio.

Per esperienza personale, Antoine capì che la bestia altro non era che un grande lupo. Tesi avvalata anche dal racconto di alcune contadine aggredite l’11 agosto mentre attraversavano un fiume. Una di esse, tal Marie-Jeanne Vallet conficcò una lancia nel petto dell’animale, che cadde nel fiume, ma incredibilmente sopravisse fuggendo nella boscaglia.

Gli avvistamenti condussero Antoine nel bosco dell’Abbazia di Chazes il 20 settembre. L’area fu circondata da 40 tiratori scelti. Quando il lupo fu avvistato, François Antoine personalmente sparò alla testa uccidendolo. Il corpo venne portato a Sauges e pesato per 45 chili. Era la fine dell’incubo?

L’animale venne impagliato e condotto a Versailles, dove rimase esposto nei giardini reali. Successivamente fu portato in giro per la Francia e quando l’interesse svanì dimenticato nei magazzini del Jardin des Plantes di Parigi, dove il pelo venne attaccato dalle terme e all’inizio del XX° secolo la carcassa fu distrutta.

Ad Antoine fu riconosciuto il privilegio di raffigurare un lupo morente nel proprio stemma araldico nel 1770.

I nuovi attacchi

Sebbene Antoine rimase fino a novembre per ripulire la regione dalla presenza di altri lupi, altri attacchi seguirono a Sauges e Witches. Si pensò tuttavia all’attacco di altri lupi.

Il 1 gennaio del 1766 de Montluc scrisse all’intendente di Alvernia che la bestia era tornata, il messaggio fu girato al re, che però stavolta non volle saperne, in quanto convinto che il suo cacciatore avesse messo fine alla vita della creatura.

Le aggressioni non si fermarono, perpetrate nel Gèvaudan e nell’Alvernia. Al punto che il 24 marzo vennero convocati gli Stati Particolari del Gévaudan. Étienne Lafont e il marchese Jean-Joseph d’Apcher suggerirono di avvelenare carcasse di cani e spargerle nelle aree di caccia della bestia.

Jean Chastel e la fine della bestia

Durante la primavera le aggressioni si intensificarono, stavolta però in una zona ristretta tra i monti Mouchet, Grand e Chauvet, distanti circa 15 chilometri. Stavolta però gli attacchi erano portati con meno avventatezza, quasi come se l’animale fosse divenuto più intelligente. Evitava con accortezza le trappole e fuggiva non appena avvertiva le battute di caccia.

Jean Chastel lapide

Gli attacchi proseguirono tutto l’anno fino al 1767, con un calo nel periodo invernale. A primavera si intensificarono ancora. Il 18 giugno perì un ragazzo di 19 anni tra Nozeyrolles e Desges. Il marchese d’Apcher si recò il giorno successivo per una battuta sul monte Mouchet e nel bosco di Ténazeyre, accompagnato da dei volontari e il noto cacciatore Jean Chastel.

Chastel, ottimo tiratore, uccise un animale definito “simile a un lupo” nei pressi di Auvers. Il 25 giugno però un tale Jean Terrisse uccise un altro grande lupo a La Bessayre-Sainte Mary. Da quel momento le aggressioni cessarono del tutto.

La bestia di Chastel

Il 20 giugno 1767 nel castello di Besque fu fatta una autopsia alla carcassa del lupo ucciso da Chastel. Secondo la relazione redatta trovata nel 1958, tale essere “sembrava un lupo, ma straordinario e molto diverso nel muso e nelle proporzioni dai lupi che vediamo solitamente in questa regione”.

La lunghezza è stata stimata dalla radice della coda alla sommità della testa in 99 cm, il peso 50 chili. La mascella superiore era composta da 20 denti, cioè 6 incisivi, 2 canini e 12 molari. La mandibola, invece, aveva 22 denti: 6 incisivi, 2 canini e 14 molari.

Nel 2016 venne presentata a Parigi, dal giornalista Jean-Claude Bourret, una scultura della Bestia realizzata a grandezza naturale secondo le misure esatte del verbale dell’autopsia di Marin.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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