Il complesso conventuale di San Cosimato

Le vicende storiche salienti

Dare un’idea esaustiva in poche righe del complesso conventuale di San Cosimato è un’impresa ardua. Si tratta infatti di un luogo assai suggestivo ed unico nel suo genere, dove natura e paesaggio si fondono con storia, arte, archeologia e spiritualità.

Archivio Ass. Cultura Vi.Va. aps

 

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In questo articolo si parlerà dei punti salienti della storia del sito, mentre l’aspetto storico-artistico verrà approfondito in seguito.

Origini e periodo romano

Le sue origini risalgono all’epoca preistorica, con la presenza di alcune sepolture ipogee a grotticella rinvenute all’inizio del XX secolo durante i lavori per le realizzazione della sottostante diga. Le rive dell’Aniene infatti, all’altezza della rupe di San Cosimato, si presentano molto ravvicinate e questo favorì la presenza di antichissimi insediamenti.

Al periodo romano risalgono le testimonianze più evidenti: oltre ai resti degli acquedotti Marcio, Claudio e Anio Novus, sono attestati i resti di una villa rustica, di due cisterne ipogee e di una cava di cardellino. Inoltre il lato lungo della chiesa dei SS. Cosma e Damiano che si affaccia sul fiume poggia su diversi filari di blocchi in opera quadrata. Si tratterebbe delle le sostruzioni dell’antica via Tiburtina Valeria, presenti anche al di sotto della chiesa di Sant’Antonio Abate all’entrata di Vicovaro.

Il VI secolo

Lungo il lato occidentale della rupe si aprono diverse cavità rupestri pertinenti ad un primo insediamento di carattere eremitico (oggi denominato “Eremi di San Benedetto”). Stando alla testimonianza di Gregorio Magno circa le vicende storiche che portarono San Benedetto da Norcia a San Cosimato, questo sarebbe nato già a partire dal VI secolo.

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Nel 503 infatti il santo divenne abate della comunità anacoretica. I suoi precetti, considerati evidentemente troppo rigidi, porteranno al tentato avvelenamento di San Benedetto e alla sua decisione di abbandonare la carica.

Tra VI e IX secolo

Tra la metà del VI e il IX secolo il complesso subì un periodo di decadenza inaugurato dalle scorrerie ostrogote e longobarde e conclusosi con le devastazioni saracene. La battaglia nella quale i Saraceni sarebbero stati sconfitti tra Saracinesco e San Cosimato, rappresentata da Antonio Rosati attorno al 1670 negli affreschi del portico della chiesa, è in realtà avvolta nella leggenda e non confermata da documenti scritti.

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La più antica notizia riguardante il cenobio è invece contenuta nella bolla di papa Leone VII del 936, con la quale vengono confermati i possessi al monastero di Santa Scolastica di Subiaco. All’epoca il monastero di San Cosimato giocava un ruolo strategico di controllo dei confini dei possedimenti del principe Alberico.

Dal X al XIII secolo

Nel X secolo la sua importanza viene meno, a vantaggio di quello di Santa Scolastica, fino a che nell’XI secolo perde la sua autonomia, iniziando a dipendere da San Paolo fuori le mura. Questa viene riacquistata nel 1213 e di nuovo persa nel 1241, quando inizia a dipendere da San Sebastiano alle catacombe di Roma, a quell’epoca di ordine cistercense. Nella seconda metà del XIII secolo le vicende del monastero si intrecciano con quelle della famiglia Orsini, signori di Vicovaro. Grazie al testamento di Matteo, figlio di Napoleone Orsini, vengono destinati dei lasciti per la ristrutturazione del complesso.

Dal XV al XVII secolo

Dal XV secolo alla metà del XVII il monastero fu affidato ai frati di Sant’Ambrogio di Milano. Nel 1648 il convento fu venduto al Terzo Ordine Regolare di San Francesco che a Vicovaro possedeva dal 1600 il convento di Santa Maria del Sepolcro all’entrata del paese. Nel 1652 l’ordine fu soppresso e il convento cadde di nuovo in uno stato di abbandono. Nel 1668 fu concesso ai Padri francescani del Ritiro di San Bonaventura: sotto la loro gestione la Chiesa dei SS. Cosma e Damiano e gli edifici del convento subirono una grande opera di ammodernamento.

Le ultime fasi

Durante l’occupazione napoleonica, a seguito anche della soppressione dei conventi nell’ 1808, il complesso subisce molti danni a causa della sua posizione di passaggio sulla via consolare.

Un’ulteriore e dolorosa fase è quella di una seconda soppressione, questa volta voluta dal neonato Regno d’Italia, conclusasi con lo spoglio dei religiosi di tutti i beni con decreto del 1873, passando nel 1876 al Fondo per il Culto. Nel 1925 fu affittato per ventinove anni dal Comune di Vicovaro ai Frati. La chiesa fu però considerata inagibile nel 1933 e chiusa al pubblico. Fu riaperta solo due anni dopo, quando i Francescani dell’Aracoeli, di nuovo proprietari del complesso, si impegnarono a restaurare il sito.

 

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