Chianca Amara, storia di un massacro

Chianca Amara. In dialetto viestano significa “Roccia Amara”.

Si tratta di una roccia situata a Vieste tra via Cimaglia, via Gregorio XIII e vicolo Chianca Amara, riconosciuta oggi come monumento ai caduti.

Chianca Amara

La roccia infatti, venne usata come basamento nel 1554, per decapitare donne, anziani e bambini, che non potevano essere venduti come schiavi dal pirata ottomano Dragut, che aveva invaso la città.

Il corsaro giunse sulle coste di Vieste nel mese di luglio con 70 galee, sparando contro le mura e il castello quasi mille colpi di cannone, senza però riuscire ad entrare. La popolazione inoltre offrì una fiera resistenza, barricando i cittadini inabili al combattimento nella Cattedrale e rispondendo con i cannoni dal castello.

Busto del pirata Dragut
La battaglia e la caduta

Il Governatore inviò dei messaggeri presso le autorità provinciali, in cerca di aiuto, ma solamente Nicolantonio Dentice signore di Monte Sant’Angelo si mosse a soccorso, perdendo la vita durante le fasi del combattimento.

La resistenza durò 7 giorni, ma poi la città capitolò a causa di un traditore. Si trattava di un tale Nerbis, fratello del camerlengo e custode delle chiavi cittadine. Forse per ingenuità o per cercare di salvare la pelle, si recò da Dragut in cerca di un compromesso. Il viestano chiese al pirata di lasciar fuggire i cittadini con il proprio oro e argento, in cambio avrebbe aperto le porte della città permettendo agli ottomani di occuparla e saccheggiare quanto rimasto.

Chianca Amara la stele

L’accordo però come prevedibile non fu rispettato. Gli ottomani, di fede musulmana vedevano i cristiani solo come infedeli, come carne da macello. Una volta entrati in città si diedero al massacro e allo stupro, uccidendo tutti gli uomini abili al combattimento e catturando donne, anziani e fanciulli.

Coloro che non erano stati giudicati idonei ad essere venduti come schiavi furono portati sulla roccia e decapitati in massa. Morirono settemila persone, il sangue inzuppò il terreno e tinse la Chianca. Nerbis non ebbe un trattamento migliore. Dragut decise di ringraziarlo facendolo impalare vivo prima di ripartire.

Un ricordo ancora vivo nel cuore dei viestani, che comunque a seguito di quanto accaduto dal 1566 costruirono delle torri fortificate per l’avvistamento delle navi nemiche.

 

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